Adriano Barone è sceneggiatore di fumetti, autore di cortometraggi, scrittore di romanzi e racconti:  cosa accomuna e cosa differenzia  queste espressioni artistiche?

Molto banalmente, le accomuna il semplice fatto di essere narrative. Esistono espressioni artistiche che – almeno nella mia percezione- sono meno narrative (come la musica). La differenza tra i corti e il cinema in generale e tutto il resto è il budget: ogni cosa che inserisci in una sceneggiatura cinematografica ha un costo. E se lavori – come ho sempre fatto io finora – in contesti a bassissimo budget, questo ti costringe a trovare soluzioni narrative che siano valide ma economiche. Fumetti e prosa non hanno limitazioni in questo senso. Ovviamente il cinema permette un rapporto empatico con il fruitore che è probabilmente irraggiungibile da prosa e racconti (ma con il racconto Tipologie di un amore fantasma: Lydia Schneemann, contenuto in Erotico Nero, ho provato ad aggirare questo problema, comunque intrinseco alla natura del medium).

La differenza tra prosa e fumetti è legata solo alla possibilità di lavorare da solo in “in team” con un disegnatore. Il fumetto, rispetto ad altre forme narrative, ha il vantaggio di essere uno strumento non ancora esplorato in tutte le sue potenzialità: l’alternanza e la combinazione di parole e immagini permette possibilità espressive pazzesche, e secondo me si è lavorato ancora troppo poco nell’esplorarle. Infatti tra i prossimi fumetti che ho intenzione di fare alternerò il mainstream più puro a prodotti sperimentali radicalissimi (ma dall’aspetto comunque molto pop, perché il mio lato tamarro vincerà sempre sul mio lato fighetto).

Quando e come è nata l’idea di Bugs?

L’idea di Bugs nacque diversi anni fa, ancora nel millennio scorso, quando lessi per la prima volta Circe, un racconto della raccolta Bestiario di Julio Cortázar. Semplificando molto, il racconto parla di una splendida ragazza circondata di spasimanti, che però dopo un primo incontro con la famiglia, spariscono dalla circolazione. Il perché ci viene spiegato dal protagonista, che scopre cosa la ragazza inserisce come farcitura dei pasticcini offerti ai suoi possibili futuri sposi. La conclusione del protagonista è che la ragazza è pazza. La mia conclusione all’epoca fu invece che quella ragazza AVEVA UN PIANO. E ci ho messo 112 pagine per spiegarlo.

Bugs è un fumetto particolare: se lo confrontiamo per esempio con l’Era dei Titani, più “classico”, cosa è cambiato nella tua creatività?

Nella mia creatività non è cambiato nulla… semplicemente non voglio ripetermi, non voglio fare sempre lo stesso fumetto o lo stesso libro, over and over and over. L’Era dei Titani era il mio primo fumetto, avevo in mente una storia lineare e il modello di riferimento, il cartone animato di robot giganti, si prestava a una narrazione classica. La voglia di fare qualcosa di nuovo però c’era già: ho preso molti stereotipi delle serie di robot giganti e le ho ribaltate: per dirne una, il pilota non è un adolescente che senza addestramento pilota un’arma potentissima, ma una militare addestrata. Insomma è stato il primo fumetto italiano di robot giganti che non fosse un omaggio o una parodia del genere. La storia di Bugs è altrettanto lineare (per dirne una: non c’è neanche un flashback), ma nel raccontare questa storia d’amore mi sono divertito a mescolare ogni tipo di genere (horror, action, commedia) e nel forzare o sincopare i ritmi narrativi.

Come avviene la collaborazione fra lo scrittore della storia e il disegnatore che dà volto e vita ai personaggi, in questo caso Fabio Babich?

È un rapporto nazista. Io scrivo, lui esegue senza mettere becco. Grazie a me ha esordito con un volume a 26 anni, ci mancherebbe anche che si mettesse ad esprimere pareri. Ok, scherzi a parte: la verità è che Fabio è disgustosamente bravo, puntuale, e quando propone di modificare le mie indicazioni di regia, la tavola ci guadagna immancabilmente. Insomma, è un fenomeno, e il fatto che il bastardo abbia solo 26 anni mi porta ad odiarlo profondamente. Ma dato che potrei ancora avere bisogno di lui nel prossimo futuro, per il momento non lo ucciderò. Per il momento.

Circe e Ulisse richiamano figure antiche che riaffiorano in scrittori più moderni come Joyce e Cortàzar, citati nel fumetto. Perché hai scelto proprio loro come protagonisti?

Come ho detto, il racconto da cui è nato “Bugs-Gli insetti dentro di me” è proprio “Circe” di Cortàzar.  In maniera MOLTO ORIGINALE ho deciso quindi di chiamare Ulisse il protagonista maschile, e dall’Ulisse omerico a quello Joyciano il passo è stato breve. Dell’Ulysses in “Bugs” ci sono tracce tramite citazioni onomastiche e un brano. Anche il monologo finale di Circe è ispirato a quello di Molly Bloom che chiude il romanzo di Joyce.

La Circe classica rappresenta un archetipo di distruzione: chi è invece  la “tua” Circe?

Trovi? Secondo me rappresenta una burlona. Non è detto che passare da uomo a maiale sia necessariamente un male. Per esempio se fossi un maiale maschio mi incuriosirebbe avere un pene con la parte terminale a forma di cavatappo… Circe trasforma le cose attorno a sé. Ricerca il cambiamento, e non è detto che il cambiamento sia sempre per il peggio. La mia Circe è come la Circe dell’Odissea: una generatrice di caos creativo.

Nel fumetto ci sono scene di sesso esplicito, come anche in altri tuoi lavori: qual è il loro significato nell’ambito della narrazione? 

Sinceramente perché penso al sesso tutto il tempo e mi piace farlo, e il sesso condiziona la vita di ogni essere vivente. In ogni caso, dato che la storia parla di una generatrice di caos creativo, di una portatrice di cambiamento, che il sesso fosse centrale era abbastanza inevitabile.

In Bugs vengono sovvertiti diversi clichés, colpisce in particolare la scelta di presentare una classe in genere vista con disgusto (gli insetti) come vittime e fonte di riscatto. Perché?

Gli insetti fondamentalmente ci fanno schifo, li consideriamo una seccatura. Ma sono molto più numerosi di noi, per esempio. Non sarebbe sbagliato considerare loro i veri dominatori del pianeta, considerata la loro capacità adattativa e riproduttiva. E invece nella nostra visione antropocentrica del mondo, li consideriamo semplici seccature. Come no. Personalmente mi hanno sempre fatto orrore, ma mi ero convinto che facendo una ricerca che mi permettesse di scoprire anche le doti e le curiosità che li riguardavano, avrei cambiato idea. Una sorta di auto-terapia. Che chiaramente non ha funzionato per niente. Anzi, il risultato è che dopo Bugs ho scoperto tantissime cose raccapriccianti sugli insetti e mi fanno più paura di prima. Allo stesso tempo, deliziosa contraddizione, non mi fa più schifo l’idea di mangiarli, anzi credo che tra vent’anni circa, se non prima, saranno la nostra principale fonte proteica.

Che funzione hanno gli intermezzi del “grillo parlante”?

Quando fai ricerca su un progetto, ti ritrovi inevitabilmente con una marea di informazioni in eccesso rispetto alla storia. Credo che ogni autore voglia condividere tutto quello che ha imparato sull’argomento. Ma dato che questo fumetto aveva come scopo, tra gli altri, quello di mostrare gli insetti da un punto di vista insolito, in realtà gli intermezzi sono funzionali a comunicare informazioni forse poco note sull’estrema utilità degli insetti per gli esseri umani, e forse quindi superare lo scontato “Mi fanno schifo.”

Da un altro punto di vista, come accenavo prima, in “Bugs” ho voluto usare tantissimi espedienti per rendere sincopata la narrazione, dilatando all’inverosimile alcuni momenti e interrompendo alcune sequenze all’apice della tensione: gli intermezzi spesso svolgono anche questa funzione, frenate improvvise mentre si sta accelerando a manetta.

E’ uscito da pochissimo il tuo nuovo romanzo Zentropia. Ci sono delle tematiche comuni a Bugs oppure hai affrontato qualcosa di nuovo?

Zentropia lo definisco un romanzo distopico zen. Immagino l’Italia dopo la guerra civile, ma il momento è situato pochi minuti dopo il presente del lettore. Si potrebbe definire realtà parallela, se non fosse che alcune delle cose che ho immaginato si sono purtroppo già verificate con una certa esattezza (i riots di Londra sono praticamente descritti nel romanzo, anche se ambientati a Milano. Ma ho consegnato il romanzo molto prima).

Cosa c’è in comune con Bugs?

Prima di tutto il concetto di entomofagia: l’Italia descritta in Zentropia è un’Italia dopo il default, che non fa più parte dell’Unione Europea, totalmente in ginocchio: la popolazione non può più permettersi di assumere proteine mangiando carne di animali da allevamento, quindi l’entomofagia è diventata la norma. Con gli amici si va al Bug Donald, che invece delle patatine serve cavallette fritte…

L’altro collegamento è un personaggio che si chiama Ulisse ed è appassionato di insetti, e sostiene che se con le opportune modifiche genetiche gli esseri umani adottassero il sistema riproduttivo di api e formiche, si supererebbero tensioni sociali e disuguaglianze economiche. Si tratta dello stesso Ulisse di Bugs – Gli insetti dentro di me? Di un prequel? Di una realtà (o per chi ha letto “Il Ghigno di Arlecchino”, un Tracciato) parallela? A questa domanda non rispondo…