- Merci! Bonsoir, messer, je suis un grand poète.

Qualcosa ne cripta il parlato, come se fosse d’altra lingua coronato. Morte, scoraggiato, prende un joystick e lo muove di lato; opzioni lingua una volta cliccato ne influisce subito sul dettato.

- Buonasera, messere, io sono un grande poeta. Mormoravano a Parigi della mia arte, della mia grandezza, del mio genio! Le rime ch’ogn’ora tesso filano come un panno delle terre orientali, come un fiume che sfocia nei mari, come il sol medesmo e i suoi strali! Eterna vita avranno coloro di cui cantai ed ogni corte ed ogni coorte, al morir del mio fiore, continuerà a riecheggiare la poesia che immortal mi rese pur nella morte. Schiere di giovani amanti han stretto lo primo bacio leggendo le pagine adagio, suggendo l’amor nell’amor persi; eserciti di valorosi han preso l’armatura ad immagine dei grandi paladini e della lor bravura, dalla penna emersi del poeta che colorò Parigi di versi.

Gli zombi restano tonti e il poeta parla, parla e li addita.

- Oh uomini spenti nell’anima ancor prima della carne! Avete labbra per urlare come starne, ma non per baciare, non per ridere e parlare, avete guardi plumbei e grevi, ghiacciati assai lontano negli evi d’un tempo che fu e sarà nuovamente, secondo la beata illusione di colui che mente. Concedetemi la Gloria, è tutto ciò che chiedo, è tutto ciò che bramo! Io non amo se non lei, io non muoio se non per lei; Gloria è il motivo di riso a questa sorte, Gloria è l’unica ragione della morte.

Morte è perplesso.

- Racconti d’esser stato un grand’uomo, Ddici che la tua memoria non morrà mai…Provamelo, giovane poeta- è curioso, vuol vedere sin dove si spinge questo particolare personaggio.

Di grazia, vogliate concedermi la telefonata a casa.

Morte acconsente e lo spirito dell’ormai defunto poeta scivola nella notte insonne di una popolana. Ad ella appare uno spettro in sogno e subito i capelli le divengono ispidi e bianchi.

- Uuuuuu! Ascolta chi ti chiama e rispondi chi sono, piccola popolana grama!

- Oh Bon Dieu!- esclama - Sarete mica l’angelo Gabriele? Avete sbagliato allora, perché con mio marito ho già consumato.

Spiaciuto per l’amara delusione, il poeta torna a sedere nella specie di trasmissione.

- Non siete così famoso, ergum, non meritate la Gloria - perpetua Morte ad eternum.

La giovane intanto trema nelle vesti succinte, ha paura di colui che gli capiterà in sorte, la spaventano parole come “nell’infinito” o “per sempre”. Non è pronta a ricevere marito, non in maniera così brusca, non grazie a un quiz televisivo, ma lo show deve proseguire.

- Entri l’ultimo concorrente di oggi.

- Si fa avanti un ometto paffutello, con una giubba da lavoro ancora sporca di calcestruzzo.

- Buonasera - dice, intimorito, mentre spalanca la bocca di fronte alle brutte facce che gli stanno intorno.

Morte ricambia lo sguardo pieno di stupore.

- Chi siete?- vocifera.

So…so…Mario- mormora, stringendo tra le mani il berretto di lana grezza.

- Dimmi, Mario, tu sei un eroe?

- Bo, qua mi trovo.

- Ebbene, raccontami la tua storia.

Lo dice sospirando. L’incappucciato è incuriosito dalla scelta del Fato. Prova addirittura a chiamarlo al cellulare, ma quest’ultimo non fa altro che confermare - Non c’è nessun errore, è tutto ok! Quel che è fatto è Fato.

Così sta ad ascoltare l’improbabile storia di Mario…l’eroe.

- Sono un precario; vivo arrangiandomi con i lavori che mi ha insegnato mio padre: manovale, meccanico, elettricista e altro… Ho una figlia troppo intelligente! Dovete vedere come sa a memoria tutte le tabelline! E una moglie…che dire bella è poco! Bo, forse il naso storto e le forme un po’ cicciottelle non le permetteranno mai di finire sui calendari, ma quando cucina per me sembra una dea - gesticola con mani e occhi felici di fronte a Gloria, che ascolta invidiosa - Vuole la mia storia: beh, deve sapere signor o signora Morte che percorrevo le strade ogni mattina per centinaia di volte,perché in cerca di un lavoro. Dall’ufficio di collocamento a negozi, cantieri e di nuovo all’ufficio di collocamento. Perciò, un giorno, passando davanti a quell’incrocio…quello…come si chiama la piazza di fronte… Piazza Delle Bicocche! L’incrocio di fronte a piazza delle Bicocche, insomma, e mi sono reso conto del piccolo errore commesso dagli operai del comune. I due semafori per pochi secondi avevano entrambi il verde, perciò ogni giorno na testa rotta! Ci credo! Le macchine partivano sicure da tutt’e due i lati e bada boom! E poi se gli andava bene finivano denunciati in tribunale, a quelli a cui è andata male sono finiti nel campo santo, pace all’anima loro. Naturalmente il comune non aveva nessun interesse a pagare un operaio per aggiustare il guasto e ogni giorno accatastavano le pratiche degli incidenti mortali. Ecco perché, senza che nessuno me lo chiedeva, sono andato sul posto con i miei attrezzi. Ci sono voluti 5 minuti, nessuno li sprecava, solo io l’ho fatto: bella roba! Alla fine, nonostante la bontà, sono morto lo stesso di fame. Comunque sono felice di avere sprecato 5 minuti della mia vita per aggiustare a gratis quel semaforo. Da quel giorno in poi non ci sono stati mai più incidenti.