Quanto alla nostra storia, ha spiegato (5) di non amare il fatto che un autore possa impossessarsi delle vite reali di altre persone per costruire le sue ipotesi – o anche le sue deliberate distorsioni – sulla loro vita. Non gli piace la giustificazione che in fondo “è solo un romanzo”, o un’apologia nella postfazione. Già parecchi anni fa in una conferenza tenuta prima a Toronto e poi a Zagabria (6) lo scrittore si era posto un problema morale piuttosto forte: ci sono – o ci dovrebbero essere – dei limiti a ciò che si può narrare quando si parla di persone reali? Lo scrittore è davvero libero di scrivere tutto ciò che vuole per ottenere una storia migliore?

Esemplare in questo caso è la vicenda che alcuni anni fa ha visto protagonista Michael Ondaatje con Il paziente inglese. Elizabeth Pathy Salett, figlia di un diplomatico che ha conosciuto il vero conte di Almasy, ha criticato sul Washington Post il film tratto dal romanzo affermando che, “visto che si tratta di un’opera che influenza milioni di persone, chi lo ha realizzato non avrebbe dovuto limitarsi a dire che si tratta di una finzione, ma avrebbe dovuto essere più rispettoso nei confronti di quanto realmente accaduto” (7). Se regista Anthony Minghella ha ribattuto che, anche se il personaggio realmente esistito era stato diverso da quello da lui raffigurato, la cosa non era importante visto che quel che lui aveva diretto era “una fiction basata su un’altra fiction”, quella narrativa. La ricostruzione del luogo, del periodo e degli avvenimenti principali è corretta, ha ribadito uno dei produttori, Saul Zaentz, ma a suo giudizio “nessuno può conoscere la verità nel campo delle emozioni umane”.

Quanto a Ondaatje, dopo aver spiegato nella postfazione che “anche se alcuni personaggi che compaiono nel libro sono basati su personaggi storici… è importante notare che questa storia è una finzione” (8), ha anche sottolineato che questo tipo di operazioni è sempre stato fatto. Senza i Tudor e la loro influenza su Shakespeare, noi non avremmo avuto il Riccardo III così come lo conosciamo (9).

Kay non ha facili soluzioni al dilemma su Shakespeare e Riccardo III, in compenso ha altri dubbi. Possiamo dire tutto quel che vogliamo su Elisabetta I perché tutti sanno che si tratta di una finzione? Possiamo farlo ora con Elisabetta II? È giusto cercare di conquistarsi lettori usando nelle proprie opere il nome di personaggi famosi nascondendosi dietro al fatto che è solo un romanzo? E che significato hanno privacy e rispetto per le vite degli altri per un romanziere?

La sua scelta è stata quella di scrivere un romanzo in cui compare un personaggio ispirato a El Cid, come ha fatto in The Lions of Al-Rassan, o uno ispirato allo straordinario poeta di epoca Tang Li Bai, come ha fatto in La rinascita di Shen Tai. Inventando personaggi basati su persone realmente esistite può allontanarsene e affermare, senza possibilità di dubbio, che non sa cosa pensavano o provavano uomini realmente vissuti tanto tempo fa, come si relazionavano con i loro familiari o come affrontavano i loro nemici. Quello che Kay fa, quindi, è mostrare come la fantasy possa toccare snodi importanti del nostro passato senza avere la pretesa di mostrare la verità. Non solo, la verità delle sue storie può addirittura essere più ampia di quella del nostro passato perché è più universale.

Togliere una storia dallo specifico tempo e luogo in cui si è verificata significa universalizzarla. Lo scrittore – e con lui il lettore – possono considerare più facilmente i temi e gli elementi di una storia e applicarli a un gran numero di tempi e luoghi diversi.

In diverse occasioni (10) i lettori del Quebec hanno chiesto a Kay se Il paese delle due lune, incentrato su una cultura deliberatamente distrutta da un invasore al punto da far perdere al Paese la propria identità, in realtà parlava di loro. La stessa domanda gli è stata rivolta in Polonia e in Croazia. Ma Il paese delle due lune più che l’esplorazione di una singola cultura è un tentativo di adoperare la fantasy per focalizzarsi su un tema importante: il rischio corso da diverse culture nell’arco dei secoli di essere dimenticate e smarrire la loro individualità. Guardare alla nostra storia attraverso lo specchio della fantasy permette di riflettere sul problema senza legarlo a uno specifico tempo o a una ben precisa cultura un po’ come fanno le fiabe che, definendo in modo generico i loro protagonisti, consentono a ogni lettore (o ascoltatore) d’immedesimarsi facilmente con il protagonista.