La mia bisnonna sarebbe avanzata apertamente nel centro della strada e avrebbe chiesto a quella persona cosa stava facendo, senza temere minimamente per la propria sicurezza.

Ma io ero più saggia.

Quella persona stava spingendo qualcosa, che era dotato di ruote.

Scrutando intensamente nel buio, cercai di ricordare se avevo mai visto qualcuno in giro sulla mia strada in passato, durante i miei vagabondaggi notturni. Avevo visto passare alcune macchine, di residenti o di persone venute a trovare qualcuno che abitava nel condominio, ma non riuscivo a rammentare di aver mai incontrato qualche passante durante gli ultimi quattro anni… almeno, non in quella parte della città.

Nelle notti veramente brutte, quando mi aggiro come uno spettro fino in centro, a volte le cose sono diverse.

Ma in quel preciso momento e in quel posto, avevo qualcosa di cui preoccuparmi, perché c’era un che di furtivo in quello strano incidente. Quella persona, quell’altro abitante della notte, spingeva quello che adesso potevo vedere essere un carretto a due ruote; esso aveva un manico nel centro del lato più lungo e anche un paio di “gambe” che gli permettevano di rimanere diritto se si abbandonava la presa sul manico. Ed era esattamente delle giuste dimensioni per trasportare un bidone dei rifiuti da cento litri.

Le mani mi si serrarono a pugno. Anche al buio, non avevo difficoltà a identificare la sagoma familiare del carretto: era il mio! Lo avevo comprato a una vendita di oggetti usati organizzata da una famiglia che si stava trasferendo, e il marito lo aveva fatto con le sue mani.

Su di esso era caricato qualcosa avvolto in plastica scura, come quei teli che si comprano per metterli sulle aiuole e impedire la crescita delle erbacce. Potevo distinguere il vago rilucere della superficie lucida della plastica.

Provai una rabbia che non avevo più sperimentato da molto tempo. Stava succedendo qualcosa di illegale, e il ladro del carretto era intenzionato a cercare di coinvolgermi. La pace che mi ero creata a prezzo di tanto duro lavoro stava per essermi strappata, senza che ne avessi alcuna colpa. Non potevo affrontare direttamente il ladro, non avrebbe avuto senso, perché poteva essere armato ed era chiaramente impegnato… uomo o donna che fosse… a fare qualcosa che voleva tenere nascosto.

Quindi serrai i denti e rimasi a guardare, aspettando.

Lo sconosciuto continuò a spingere il carretto con il suo pesante fardello lungo la superficie disconnessa della trascurata Track Street; potevo intuire che il carico fosse pesante a causa della tensione che traspariva dal corpo del ladro.

Era assolutamente inquietante, tanto che mi sorpresi a tremare e dovetti chiudere la giacca a vento, nonostante il lieve sibilo emesso dalla cerniera nel salire. Con movimenti precisi, tirai fuori dalla tasca una sciarpa scura e me la legai intorno ai capelli chiari, senza mai smettere di seguire con lo sguardo i faticosi progressi del ladro del carretto, che pareva diretto verso il parco. Sentii le labbra che mi si contraevano in un sorriso nell’osservarlo mentre cercava d’issare il carretto sul marciapiede: gli accessi per i disabili non erano stati una priorità quando quei marciapiedi erano stati pavimentati, molti anni prima.

Finalmente, il carretto salì sobbalzando sul marciapiede e scivolò in avanti su di esso, con il ladro che si affrettava a raggiungerlo per poi spingerlo nell’oscurità dell’arboreto, seguendo uno degli stretti sentieri lastricati. Cominciai a contare i secondi.

Tre minuti più tardi, il ladro tornò indietro, sempre spingendo il carretto.

Vuoto. A quel punto la curiosità stava avendo il sopravvento sulla rabbia, anche se si sarebbe trattato di una cosa solo temporanea.

Guardai il ladro spingere il carretto lungo il mio vialetto, riuscendo a stento a insinuarlo nello spazio angusto fra la mia macchina e il muro del posto auto. Poco dopo, la figura riapparve dietro casa, procedendo con passo spedito fino al marciapiede, per poi aggirare la recinzione e raggiungere il vialetto meridionale del condominio, dove continuò verso il retro dell’edificio, con la chiara intenzione di entrare dalla più silenziosa porta posteriore, dato che quella anteriore scricchiolava. Tengo sempre a mente cose di questo genere; entro ed esco molto spesso da quel condominio.

Il ladro non riapparve dal lato opposto dell’edificio, segno che era qualcuno che vi abitava, oppure un ospite che si era fermato a pernottare presso qualche residente. Con cinque single, una donna e quattro uomini, che abitavano nel complesso, capitava di frequente che ci fossero ospiti che si fermavano per la notte.

Rimasi addossata al tronco della quercia per qualche altro secondo, aspettando di vedere se si accendeva qualche luce. Da dove mi trovavo, potevo scorgere le finestre laterali del lato meridionale della costruzione, e anche le finestre anteriori, ma nessuna di esse s’illuminò. Il ladro si muoveva con estrema cautela.