Oggi, 5 giugno 2013, ricorre il primo anniversario della morte di Ray Bradbury e Mondadori rende omaggio al maestro mandando in libreria la più ampia raccolta della sua produzione finora apparsa in Italia: Cento racconti, Autoantologia 1943-1980 (anche in versione e-book). Il libro si basa su un testo americano, The Stories of Ray Bradbury, curato anni fa dallo stesso autore, il quale aveva scelto cento tra le sue più poetiche e appassionanti short stories e le aveva ordinate con un criterio che non è cronologico ma di assonanze e rimandi. In questo modo era riuscito a comporre, oltre che una autoantologia, un’autobiografia letteraria che rimarrà una sorta di testamento e invito alle nuove generazioni. L’edizione italiana comprende oltre 1300 pagine di testo, un’introduzione dell’autore, un’intervista sconosciuta per il nostro paese e concessa da Bradbury alla “Paris Review”, nonché tutta una serie di racconti classici, molti di quali appositamente ritradotti, rari o dispersi in volumi introvabili e persino alcuni inediti. Come ha detto l’autore: «Questi racconti sono per voi. Ce ne sono cento, quasi quarant’anni della mia vita. Contengono metà delle verità sgradevoli sospettate a mezzanotte e metà di quelle gradevoli riscoperte a mezzodì del giorno successivo. Se c’è una cosa che in questo libro ho inteso fornire, è semplicemente la mappa della vita di un uomo che a un certo punto si è messo in viaggio verso una qualche meta, e poi ha continuato ad andare».

Come si sa Ray Bradbury, il novantunenne “umanista del futuro” (così lo ha definito da un critico spagnolo), è morto il 5 giugno 2012. Al suo vasto pubblico, una platea mondiale di decine di milioni di lettori, ha lasciato in eredità due libri straordinari – Cronache marziane e Fahrenheit 451 –, alcune sceneggiature per il cinema e copioni teatrali ma soprattutto un corpus di storie brevi che hanno fatto epoca, tracciando nuove strade nell’immaginario. Perché Bradbury non ha scritto soltanto meravigliose storie di fantasy e fantascienza, ma racconti autobiografici, bozzetti di famiglia, ritratti di vita americana nel XX secolo e alcuni celebri horror basati sulle incertezze fondamentali dell’animo umano: da “Donna che urla” a “Gioco d’ottobre”, in cui la festa si tramuta in un rituale antico e raccapricciante, fino alla “Giostra nera” in cui il male assume forme stravaganti e grottesche. Ma circhi, giochi di prestigio, maghi e illusionisti, i funamboli dell’esistenza che sono così tipici del mondo provinciale bradburiano si caricano di un tale pathos che non basta un pianeta a contenerli: per questo a un certo punto Ray Bradbury invia i suoi personaggi su Marte, alla ricerca di illusioni perdute. “Caleidoscopio”, “La terza spedizione”, “I terrestri”, “Rocket Man” parlano proprio di questo. Altri racconti, a partire dal famoso “Molto dopo mezzaotte”, non si svolgono su Marte ma qui sulla terra, mostrando le inevitabili conseguenze di una solitudine profonda, di una condizione umana sempre in bilico. Se in alcuni bozzetti non mancano la nostalgia (“Addio all’estate”) e un tanto di crudeltà (“L’acquedotto”), il libro offre però molte belle storie con il sorriso sulle labbra. A cominciare da “Il raduno”, “Zio Einar” e “La ragazza che viaggiava”, tutte tratte dall’album di una famiglia Addams trattata con il gusto di Bradbury; e ancora “La donna illustrata” e “La grande corsa dell’inno”, stupende piccole avventure in un mondo migliore.