La recensione di Emanuele Manco

Ritorna Percy Jackson, il figlio di Poseidone. La vicenda inizia con Percy (Logan Lerman) che continua il suo addestramento al Campo Mezzosangue, la scuola di guerra per figli illegittimi degli dei, con gli amici Annabeth (Alexandra Daddario), la figlia di Atena, dèa della saggezza, e Grover, il suo satiro custode (Brandon T. Jackson). A pungolarlo questa volta è Clarisse LaRue (Leven Rambin), figlia di Ares, il dio della guerra, che mette a dura prova l'ego e le ambizioni di Percy fino a fargli dubitare di se stesso. Oltre a questo, come se non bastasse, altri due eventi alterano la “normalità” della vita del Campo. Il primo è l'apparizione di un altro mezzosangue, con un legame molto speciale con Percy; il secondo è che la barriera che protegge il Campo dagli attacchi nemici sta cedendo. Il flashback iniziale spiega l'origine di tale barriera e non voglio dire molto altro. Posso solo dire che per salvare il Campo stavolta Percy intraprenderà un nuovo viaggio, alla ricerca del mitico vello d'oro, manufatto dall'enorme potere di guarigione, fondamentale per ripristinare la salute dell'albero da cui ha origine la barriera, che lo porterà dritto dentro il Mare dei Mostri, noto nel nostro mondo come Il triangolo delle Bermuda. Tanti saranno i pericoli anche questa volta e tanti gli incontri. Ancora una volta si  opporrà ai nostri eroi Luke (Jake Abel), il figlio di Ermes, il messaggero degli dèi. E anche stavolta Luke ha un piano, pertanto la posta diventerà più alta di quanto non sembrasse all'inizio perché la natura del male che Percy & Co. dovranno affrontare è più ampia delle aspettative.

Da un certo punto di vista questo secondo episodio è quasi un nuovo inizio per le vicende di Percy Jackson. Se il primo episodio poteva essere autonomo, già in questo si evidenzia un respiro più ampio. Certamente se lo scopo è completare la saga c'è il rischio che gli attori diventino troppo grandi, visto che sono passati tre anni dall'ultimo episodio. Già ora tutti gli attori sono cambiati molto, assumendo una fisionomia più adulta. Jake Abel è forse quello che è è cambiato maggiormente insieme ad Alexandra Daddario, ma anche Lerman non scherza. Ha già 21 anni, e se i successivi venissero prodotti con lo stesso ritmo rischierebbe di arrivare a ridosso dei 30 nel quinto film. 

Come nella prima pellicola, nel ruolo di guide o minacce per i giovani, sono presenti attori di esperienza. Debutta nel franchise Stanley Tucci nel ruolo di Dioniso, mentre Chirone, che fu Pierce Brosnan ora è Anthony Head (Rupert Giles in Buffy, L’ammazzavampiri).

Il cambio di regia non altera il tono della saga. Thor Freudenthal (in una saga di questo tipo il nome sembra uno pseudonimo ma non lo è), già regista di Diario di una schiappa, non altera il registro che unisce toni epici, scontri spettacolari e momenti ironici alla storia di formazione, come già fece Chris Columbus che rimane tra i produttori della saga. Non è un cinema che punti a narrare con scelte ardite o immagini da interpretare. Si affida allo spettacolo, a campi lunghi che permettono di apprezzare gli scontri titanici e gli effetti di un discreto 3D, a classici piani americani quando i personaggi dialogano e a primissimi piani quando il senso del pericolo incombe. La sceneggiatura di Marc Guggenheim, autore di fumetti di supereroi, sceneggiatore e produttore televisivo di Arrow, vorrebbe scavare dentro le insicurezze di Percy, ma non affonda il coltello fino a trasformarlo in un antieroe. Piuttosto delinea una vicenda piena di ritmo, con qualche momento introspettivo e molti inside joke rivolti al mondo nerd. Il più riconoscibile è quello della gustosa scena con Nathan Fillion (Castle, Firefly) che è un Hermes che forse gigioneggia e ammica un po' troppo. Certo c'è una battuta che lo riguarda come attore che ormai è risaputa e che poteva essere risparmiata. Ma forse ormai è per contratto, come la smorfietta che Johnny Depp deve fare in ogni film. Fillion piace così. Non interpreta più personaggi, sono i personaggi che gli vengono cuciti addosso.

L'adattamento di Guggenheim non sembra avere buchi logici, rischio di molti adattamenti da libri, quando si è costretti a sfrondare, anche se un personaggio sparisce con una spiegazione un po' frettolosa, e in buona sostanza il film scorre senza annoiare. 

Anche il fronte tecnico è buono, ma non oltre lo stato dell'arte, così come le musiche e il sonoro. Non si tratta di un film che abbia richiesto nuove tecnologie, sperimentazioni visive o in cui ci siano virtuosismi, però in definitiva merita ampiamente 3 stelle perché mantiene la promessa onesta di divertire il pubblico con uno spettacolo messo in scena con professionalità.

La recensione di Pia Ferrara

Tre lunghi anni – lunghissimi se pensiamo ai tempi cinematografici e alla volubilità del pubblico – sono trascorsi da quando Il ladro dei fulmini approdava nei cinema di tutto il mondo con una fastidiosa etichetta appiccicata addosso: complice la direzione affidata a Chris Columbus, tutti parlavano di Percy Jackson come dell’erede di Harry Potter, un’eredità pesante che ha caricato Il ladro di fulmini di tutta una serie di aspettative. Essere l’erede di Harry Potter sarebbe una responsabilità “importante” per chiunque. I risultati al botteghino non furono quelli sperati, la produzione del sequel subì molti ritardi. Finalmente, tre anni dopo, Il mare dei mostri debutta nei cinema, con un Logan Lerman tanto cresciuto da convincere i produttori a cambiare alcuni dettagli della storia relativi all’età dei personaggi. Anche alcuni nomi del cast sono cambiati: Anthony Stewart Head (il mitico signor Giles di Buffy l’Ammazzavampiri) rimpiazza Pierce Brosnan nei panni di Chirone, e c’è un nuovo dio Hermes, l’istrionico Nathan Fillion a cui non è risparmiata una battuta su Firefly che solo gli spettatori più adulti coglieranno. Invariati – fortunatamente – i tre giovani protagonisti, Lerman (Percy), Brandon T. Jackson (il satiro Grover) e Alexandra Daddario (Annabeth), stavolta persino più somigliante che nel primo film alla sua controparte cartacea grazie a un nuovo colore di capelli.

L’albero che protegge il Campo Mezzosangue dai mostri a caccia di semidei sta morendo. Per salvarlo, salvando così il Campo, è necessario trovare il mitico Vello d’Oro perduto nel Mare dei Mostri (conosciuto da noi umani come Triangolo delle Bermuda). L’impresa sembra adatta a Percy, ma il direttore del Campo, il signor D(ioniso) (Stanley Tucci), decide di mandarci Clarisse (Leven Rambin), figlia di Ares. La cosa non scoraggia Percy, che deciderà di partire insieme a Grover, Annabeth e al fratellastro ciclope Tyson (Douglas Smith) per dare manforte a Clarisse. Aggiungiamo che il ladro di fulmini del primo film, il semidio figlio di Hermes Luke (Jake Abel) non è morto, anzi, è più che intenzionato a risvegliare Crono e c’è una profezia che pende sulla testa di Percy che potrebbe però riferirsi anche a un’altra persona. 

La direzione dell’esordiente Thor Freudenthal non porta grandi cesure rispetto a Il ladro di fulmini. La regia si mantiene “alla Columbus” (lo stesso Columbus figura tra i produttori): alcune scene – pensiamo al viaggio di Percy e compagnia nel cocchio della dannazione, diffuso come prima clip tratta dal film – ricordano da vicino cose già viste in altri prodotti cinematografici similari. Se questa è senza dubbio una pecca del film, non mancano gli aspetti positivi: Il mare dei mostri riesce a farsi seguire anche dello spettatore a digiuno dei libri. La storia fila, i personaggi risultano simpatici e divertono. Buoni anche gli effetti speciali e il 3D, che riescono a ricreare poteri divini e creature mitologiche credibili. Consigliamo la visione del film soprattutto a chi ha amato i libri di Riordan e a chi ama un certo tipo di cinema per ragazzi.