Un libro, anzi tanti libri.

Una grande esplosione. Un fuoco indimenticabile. Polvere, calcinacci.

In un mondo che sembra il nostro ma non lo è, una ucronia che verrà rivelata pian piano dalla narrazione, l'investigatore Joe riceve una cliente che inizialmente sembra come tante. Ha un incarico, una persona da trovare, di nome Mike Longshott. Sotto questo improbabile nome si nasconde lo scrittore, forse un ghost writer, della serie di thriller Osama Bin-Laden: Vigilante, che narrano di attentati suicidi, di guerre preventive, di aerei che abbattono grattacieli e di un mondo oppresso dal terrore, e di  tanto altro, con un realismo e un dettaglio che incantano i suoi lettori.

La ricerca di Joe diventerà non solo la risoluzione di un mistero, ma una indagine sul dietro le quinte del suo mondo, sulla sua storie e i suoi equilibri, alla quale si unirà la caccia ai suoi demoni personali, a risposte a domande inespresse che improvvisamente diventano palesi.

È fin troppo chiaro che lo scrittore Lavie Tidhar abbia letto, studiato e metabolizzato l'opera omnia di Philip K. Dick, La Svastica sul Sole (The Man in the High Castle) in particolare, il romanzo madre di tante ucronie.

Non solo per il tema dello squarcio su un universo alternativo, ma anche per il tema delle droghe e del loro rapporto con il sistema economico.

Il mondo di Joe è meno ipocrita del nostro, se sia migliore o peggiore non è compito dello scrittore giudicarlo. Non c'è terrorismo globale. Gli oppiacei sono un affare da multinazionali del farmaco.

L'autore infatti si limita a narrare, mostrare eventi, fare procedere la storia, risolvendo quasi sempre con abilità l'annosa questione dell'equilibrio tra raccontato e mostrato. Sono i fatti che ci raccontano i personaggi e il mondo, uniti a dialoghi precisi e dettagliati, che rendono riconoscibile ogni individuo a primo sguardo.

L'immersione nel mondo di Osama (questo il titolo originale) diventa totale. Si rimane avvolti dalle sue atmosfere, dalle sensazioni forti e dalle riflessioni che provoca.

D'altra parte la storia ha un retroscena.

Lavie Tidhar si trovava a Dar-es-Salaam proprio nei giorni dell'attentato all'Ambasciata Statunitense del 1998, e casualmente, si trovava nello stesso hotel in cui gli uomini di Al-Qaeda facevano base a Nairobi.

Per altre fortuite coincidenze, per poco Thidar e la moglie hanno evitato gli attentati di Al-Qaeda del 2004 nel Sinai e l'attentato a Londra del 2005.

Da questa esperienza nacque un racconto, I miei viaggi con Al-Qaeda e poi questo romanzo, che rappresenta fortemente l'idea di come un fantastico che parli di mondi secondari possa e debba, se ben scritto, illuminare i bui anfratti del mondo primario, dandocene una visione esterna utile quando, finita la lettura, torniamo alla "realtà".

Ma cos'è d'altra parte la realtà, sembra dire Lavie Tidhar. Può essere il sogno o il parto della fantasia di un mondo parallelo? Potremmo essere noi personaggi di un dramma nella testa di qualcuno?

D'altra parte anche la stessa collocazione del romanzo ha posto molte domande, specialmente nei librai.

Fantascienza? Fantasy (il romanzo ha vinto il World of Fantasy Award 2012)? Thriller? 

Un'opera che attraversa diversi generi, senza timori reverenziali e senza dare troppe indicazioni a chi non solo vuole, deve compiere queste scelte. Da parte mia posso solo dire che si tratta di un buon romanzo, da posizionare in libreria alla lettera T come Tidhar.

Un romanzo che forse pone più domande che risposte, ma riesce anche ad assolvere allo scopo di intrattenere con il piacere di una buona lettura.