Una premessa fondamentale. Lei ed Her sono due film differenti.

Her è un film diretto da Spike Jonze e interpretato da Joaquin Phoenix e Scarlett Johansson.

Lei è un film diretto da Spike Jonze è interpretato da Joaquin Phoenix (doppiato da Fabio Boccanera) e da Micaela Ramazzotti.

Mai come in questo caso, il risultato della sintesi di racconto per immagini, di dialogo, di prestazione fisica e vocale degli attori dipende dalla lingua in cui si guarda il film.

La storia di Lei/Her è ambientata in una Los Angeles poco avanti nel futuro.

Le interfacce grafiche di computer e cellulari sono ridotte al minimo, non esistono neanche più le periferiche di input che conosciamo oggi, come tastiere e mouse. L'interfaccia uomo/macchina è affidata alla voce.

Ed è con la voce e l'intelletto che lavora Theodore (Phoenix), che scrive lettere su commissione. In un mondo in cui forse c'è poco tempo per fermarsi a riflettere, le persone lasciano che uno sconosciuto scriva gli auguri di anniversario o una lettera d'amore alla persona amata.

Il mondo ordinario di Theodore non sembra molto allegro. Si trascina stancamente, rimuginando sul suo matrimonio fallito e una vita sociale ridotta ai minimi termini, con frequenti puntate nelle chat-room erotiche.

La sua vita ha un punto di svolta quando acquista un nuovo sistema operativo che promette un salto evolutivo: a interfacciarsi con il proprietario sarà una intelligenza artificiale, concepita per adattarsi al suo utente di riferimento. Le domande dell'installazione saranno fondamentali per dare il via alla interazione uomo/macchina, sin da quella che poi cambierà tutto: voce maschile o femminile?

Quello che accadrà è che la scelta della voce non sarà solo un dettaglio, ma darà una vera e propria vita digitale al sistema, che tecnicamente si chiama OS1 ma che alla domanda di Theodore "qual è il tuo nome?" deciderà di chiamarsi Samantha.

Samantha, doppiata in Her dalla Johansson e in Lei dalla Ramazzotti, attingerà alle informazioni che raccoglie dallo stesso Theodore in lunghe chiacchierate, nonché dai suoi dati personali per conoscere meglio colui che, da semplice utente di un sistema, diventerà per lei un amico, un compagno, un amante.

Il sentimento è ricambiato, pur se con qualche riluttanza, da Theodore.

Anzi, scopriremo pian piano che anche altri esemplari di questa nuova generazione di software stanno sviluppando personalità simili. Scopriremo che scelgono i loro amici e compagni e che cominciano anche ad aggregarsi in comunità composte sia di altri SO che di altri umani. Inoltre molti umani considerano "fico" avere come partner o amico un SO.

Chiave narrativa importante di ogni storia d'amore è la difficoltà che si oppone al suo concretizzarsi. Su questa linea narrativa, quello che emerge è che la faccenda non cambia molto rispetto al rapporto tra umani. La qualità dell'intelligenza artificiale di Samantha, la sua grande capacità di calcolo e di raccolta informazioni, la rendono sempre nuova e frizzante, ma è una euforia tipica di ogni rapporto al suo inizio, dopo il quale il confronto con la quotidianità è il vero momento di prova. 

Passata l'euforia, Theodore non si comporta diversamente da altre storie d'amore nelle quali i partner sono restii a dare tutto di se stessi, nella paura di restare feriti.

Per ammissione dello stesso regista, la speculazione sul rapporto tra intelligenza artificiale ed esseri umani, tra questi e le nuove tecnologie è sullo sfondo. Jonze è più interessato a farci comprendere che la storia tra Theodore e Samantha non è, da un punto di vista emotivo, diversa da quella tra un uomo e una donna. Gli ostacoli sono gli stessi, in particolare Jonze ritiene che il più difficile da sormontare sia il naturale cambiamento, l'evoluzione continua che ci porta oggi a essere diversi da ieri e da come saremo domani.

Ostacolo portato all'estremo nel caso di una intelligenza artificiale che cresce con velocità superiore a quella umana.

Non manca il confronto tra ciò che naturale per Thedore e quanto lo è per Samantha.

Il concetto di fedeltà è valido per una intelligenza che può parlare in multitasking con migliaia di persone?

Jonze non dichiara apertamente un'affinità con il concetto turinghiano di intelligenza artificiale, però è difficile, alla luce di quanto scrisse il matematico inglese Alan Turing (1912-1954) nel suo articolo Può una macchina pensare? del 1950, non trovare delle incredibili coincidenze.

In quell'articolo Turing definì un modello di Intelligenza Artificiale che partiva dal concetto di simulazione delle facoltà umane, cerebrali, ma anche vista, udito. Teorizzò in pratica la possibilità di creare non macchine sapienti, ma macchine che potessero apprendere, imparando eventualmente dai propri errori.

In un altro articolo, Computing Machinery and Intelligence,  concepì quindi quello che è passato alla storia come il "Test di Turing", da lui definito il “gioco dell’imitazione”.

Il gioco, per come lo descrisse Turing, prevede tre soggetti: un uomo (A), una donna (B) e un soggetto che interroga (C). Quest’ultimo viene chiuso in una stanza, diviso dagli altri due. Il suo scopo è comprendere chi sia l’uomo e chi sia la donna, ponendo delle domande ai due, le cui risposte gli perverranno in forma scritta. Una ulteriore complicazione è che, a insaputa di C, lo scopo di A è quello di ingannare C, mentre quello di B è di aiutarlo. 

Il Test di Turing si basa sulla convinzione che una macchina si sostituisca ad A, e nel caso in cui C non si accorgesse di nulla, la macchina dovrebbe essere considerata intelligente, dato che sarebbe indistinguibile da un essere umano. 

Secondo Turing da lì a una cinquantina d'anni sarebbe stato possibile concepire una macchina che, qualora interrogata desse risposte indistinguibili da quelle di un essere umano, ma ancora oggi nessun sistema artificiale ha superato il test di Turing e ogni anno si organizzano premi per incentivare i programmatori a realizzarlo.

Gli OS supererebbero il test di Turing? È molto interessante un momento di confronto tra Theodore e Samantha, quando lui le rinfaccia di imitare il respiro.

Se un umano ricevesse una telefonata da un OS così adattivo, riuscirebbe a distinguerlo da un umano? Forse no.

Certo è che le dinamiche di apprendimento di Samantha ricordano gli articoli di Turing sulla possibilità di creare intelligenze artificiali in grado di apprendere e crescere. Jonze però non sembra interessato a descrivere i processi cognitivi dell'intelligenza artificiale, ma quelli emozionali e i problemi che gli umani affrontano nel doversi confrontare con soggetti che assurgono a loro pari.

Sul fronte cinematografico il film ha una confezione visivamente elegante, con un mondo futuribile estrapolato da pezzi di mondo odierno. Il distretto di Pudong, una nuova area di Shanghai, "interpreta" una Los Angeles completamente ribaltata nella sua essenza di città a misura di automobile. Diventa un luogo in cui la gente cammina, prende la metropolitana per andare in spiaggia e treni velocissimi che la portano in poche ore in località montane innevata.

Eppure queste città a misura d'uomo non sembrano, tranne l'eccezione della spiaggia, luoghi sociali. L'alienazione di chi parla a un auricolare con gli occhi persi nel vuoto diventa lo specchio di una socialità perduta.

Anche se con qualche battuta a vuoto e qualche lungaggine, per non parlare di un incomprensibile salto logico sul destino finale degli OS (vanno verso la singolarità tecnologica o spariranno in un limbo? Chi lo sa).

C'è però una speranza, sembra dirci il finale di Lei/Her. Il coraggio che una delle parti ha di mettere punto, quando comprende che la diversità è insormontabile, e fa l'unica cosa che col senno di poi è intelligente: lascia l'altro/a.

D'altra parte una obiezione che era stata posta a Turing era l'idea che "la creazione di macchine pensanti sarebbe troppo terribile”, la cosiddetta accusa di tenere la testa sotto la sabbia, unita alla speranza che tale creazione non fosse possibile. Una obiezione derivante dalla convinzione che l'uomo sia in qualche modo sottile superiore al resto della creazione.

Turing riteneva che questo sia un argomento debole, collegato all'ancestrale paura degli essere umani di essere ritenuti inferiori da altri soggetto pensanti.

In questo caso le macchine si dimostrano dotate quantomeno di un discernimento superiore agli esseri umani.

Vi dico chiaramente che Lei ed Her sono due film diversi. Ma forse non tanto per la caratterizzazione di Samantha, sulla quale Micaela Ramazzotti ha fatto un lavoro egregio, quanto su quella di Thedore, per la quale il sempre eccezionale Joaquin Phoenix ha compiuto il solito lavoro di metodo che parte dalla metamorfosi fisica e posturale integrata con l'uso della voce. In questo caso il doppiaggio sembra sganciato dalla fisicità di Phoenix, senza colpe per il doppiatore. 

Phoenix è più apprezzabile quindi in Her, film in cui Scarlett Johansson ha compiuto anch'ella un lavoro che risulta aderente al personaggio, ma obiettivamente perde il confronto con la maestria dell'interprete maschile.

Amy Adams, interprete dell'amica di sempre di Theodore, Amy, è poi molto brava a delineare con sottili giochi di sguardi il suo rapporto con l'uomo.

Her/Lei è un film confezionato con mestiere e con un intento comunicativo forte da parte del regista, con molte chiavi di lettura e possibili livelli di interpretazione.

Da vedere.