Verso mezzogiorno, Feda Mowlish, figlia dodicenne di Miro e Ledana, era arrivata davanti all’ingresso Ovest di Solian con il volto sfigurato e con indosso solo una camicia da notte bianca, inzuppata di sangue. Il suo sangue. E quello di suo padre, di sua madre, di suo fratello Sewan.

Era giunta davanti alla porta, con il via vai dei mercanti che si era paralizzato al suo arrivo, aveva sollevato lo sguardo verso la torre di guardia per raccogliere quello incredulo dei soldati che la presidiavano e poi era crollata al suolo.

Non fu riconosciuta subito.

I soldati la portarono nella casa del cerusico dove, con l’aiuto di alcune comari, venne spogliata, lavata e adagiata su un letto. Aveva sangue rappreso ovunque. Due ferite da taglio si aprivano sull’addome e sul braccio destro, e un colpo d’ascia le aveva spaccato parte della mascella, accecandole l’occhio sinistro e portandole via quattro denti. Come avesse resistito a quel colpo senza perdere i sensi e come fosse poi fuggita all’aggressione, nessuno lo seppe mai.

Fu il piccolo Wanni, il figlio del fornaio, ad avvertire Ian dell’accaduto, spedito di gran lena dal sindaco Clavert. E Ian era accorso alla casa del cerusico, arrivando insieme al sindaco.

Fuori dalla casa si era radunata una folla di curiosi. Alla vista della piccola, Ian era stato preso da una stretta allo stomaco e il sindaco era rabbrividito. Feda tremava per la febbre. Non riusciva a tenere ferme le gambe e artigliava le lenzuola come per aggrapparsi a una corda sospesa su chissà quale baratro, dentro la sua mente.

Ian si era seduto accanto a lei e le aveva accarezzato dolcemente i capelli appena lavati. Poi, su invito del sindaco, aveva provato a parlarle e lei aveva detto che erano in quattro. Che li avevano implorati di andarsene perché in casa non c’era nulla di valore. E poi, con un filo di voce aveva iniziato a ripetere: “No, vi prego, no, nooo!”. E la voce era divenuta presto un rantolo, riempiendo di compassione il cuore di Ian.

La stanza principale della fattoria dei Mowlish era stata il teatro della mattanza. Ian e Clavert erano entrati per primi, lasciando all’esterno il drappello di soldati che li aveva accompagnati sul posto.

Miro Mowlish giaceva al centro della stanza con il cranio spaccato di netto, da un orecchio all’altro. Nella mano stringeva ancora il bastone con cui aveva tentato di difendersi. Sua moglie e suo figlio erano stati sgozzati e gettati in un angolo, di lato al grande caminetto di pietra, come due ciocchi di legna pronti per essere arsi. Tutta la casa era sottosopra.

Ian e Clavert non potevano sapere cosa mancasse, ma di certo mancava Luna, la figlia sedicenne dei Mowlish. Avevano cercato il suo corpo per una buona mezz’ora, dentro e fuori la fattoria, con il respiro mozzato in gola, ma invano. Ian, Clavert e i soldati lo avevano capito tutti nel medesimo istante: Luna era stata rapita.

Non era la prima volta che degli sbandati facevano razzie in qualche fattoria. Di rado c’erano stati feriti e ancor più di rado qualcuno era stato ucciso, ma stavolta era diverso. La città di Solian aveva non solo un massacro da piangere e da punire, ma anche un rapimento a cui porre rimedio. E senza perdere tempo, perché le speranze di rintracciare i quattro assassini e riportare Luna a casa si affievolivano ogni ora che passava.

Ian aveva allora raggiunto la propria dimora di corsa e ancora prima di entrare si era messo a chiamare Gmor a gran voce.

Nello stesso istante in cui il suo amico Orco era comparso sull’uscio, Sera, la piccola Elfa Silvana, era scesa dalla sua casa di legno abbarbicata al grande noce di fronte all’abitazione, allarmata dalle grida.

C’era solo il tempo di buttarsi le armi in spalla e partire per la caccia. Il sindaco avrebbe organizzato altre squadre di ricerca. Ian e Gmor sarebbero andati da soli. Dopotutto erano due scout imperiali, e nessuno meglio di loro avrebbe potuto portare a termine la missione. Sera aveva insistito per unirsi ai due amici, ma Ian glielo aveva impedito.

«Vai alla casa del cerusico e vedi cosa puoi preparare con le tue erbe per placare gli incubi della piccola Feda» le aveva detto.

Poi lui e Gmor erano partiti.

Con la mente che rimbalzava tra gli schizzi di sangue sui muri di casa Mowlish e le urla di Feda, Ian riprese a scendere il sentiero della scogliera.