Dario Fo, scrittore, pittore, drammaturgo, regista e premio Nobel è venuto a mancare alle 8 di mattina di giovedì 13 ottobre 2016. Da giorni era ricoverato per problemi polmonari nell'ospedale meneghino Sacco, e si è spento serenamente.

La notizia, rimbalzata nell'etere a una velocità fulminea, ha dato il via a una danza macabra i cui partecipanti faticano a razionalizzare l'informazione. Stiamo parlando di Dario Fo, un personaggio pubblico la cui influenza artistica e politica toccano all’unisono le corde del nostro mondo! Il suo fare straniante e bizzarro lo avvicinava più a un universo jacovittiano che ai comuni mali di cui potrebbe essere vittima un normale novantenne.

Tre anni fa aveva reagito vigorosamente alla recente morte di Franca Rame, sua compagna e musa, lanciandosi in mille impegni e altrettanti progetti. Pochi giorni fa aveva ospitato a casa sua un plotone di giornalisti per promuovere il suo nuovo libro (Darwin) e il mese scorso affrontava con leggera quanto sofferente ironia la disastrosa questione del golpe avvenuto in Turchia, paese che ha reagito all'insurrezione militare infierendo colpi micidiali anche alla cultura. In quell'occasione il maestro ha scherzato sul fatto di esser stato considerato alla stregua delle pietre miliari shakespeariane, ma la cosa non gli ha impedito di manifestare la sua amarezza per l’accaduto.

Caratterizzato da un'acuta sensibilità, Fo è sempre stato in grado di percepire il mondo e le sue dinamiche sociali, ma patendone i tratti bestiali e opprimenti. Nonostante il velo di cupezza non si è mai arreso alla “realtà”, punzecchiandola costantemente con uno stocco forgiato da irriverenza e anticonformismo. Per questo suo cipiglio gli è spesso stato affibbiato il titolo di “rivoluzionario di sinistra”, ma le uniformi gli sono state strette sin dai tempi del fascismo. Una definizione forse più calzante sarebbe incubatrice di rivoluzionari, visto che era sua abitudine mettere in luce difetti e ipocrisie di regimi e poteri forti  a prescindere dal colore.

Come prevedibile, il suo modo di fare – e la sua potenziale pericolosità – gli hanno garantito problemi e inimicizie diffuse in tutto il panorama politico e culturale, facendolo marchiare con l'ingombrante etichetta di “artista scomodo”. Già nel '62 lui e Franca Rame furono censurati dalla RAI per una battuta di troppo sui cantieri edili, costringendo il futuro premio nobel a un “esilio” di quindici anni dal piccolo schermo. Nel '77 viene reintegrato su Raidue rispolverando il suo celebre capolavoro teatrale Mistero Buffo, satira in Grammelot dalla parvenza biblica, ma dai vivaci contenuti sociali che, seppur partorita nel '69, risultava ancora tremendamente attuale.

Tutte le cose che io dicevo allora e sembravano fantasie sono state confermate dalla realtà di oggi.

Con la trasmissione nazionale di Mistero Buffo si è guadagnato lo stigma del mondo ecclesiastico, esplicitato dal cardinale Ugo Poletti, mentre la versione teatrale ha infastidito buona parte dei colti di destra, anche solo perché a fine serata veniva proposta loro una questua per finanziare Soccorso Rosso Militante, ente che operava in un’inquietante zona grigia della lotta al potere.

Dario Fo aveva delle evidenti simpatie per le prospettive di sinistra, ma non ha mai subito il fascino del “gioco del trono”, fin troppo consapevole che organizzazioni e partiti sono mossi da interessi personali e da dogmi istituzionalizzati. Fino all'ultimo ha compiuto le proprie scelte in base a quello che sentiva affine alla propria sensibilità, a costo di essere etichettato come voltagabbana opportunista, o addirittura conformista.

Dario Fo ha compiuto le proprie scelte, che le si reputino giuste o sbagliate, ma lo ha fatto mettendo in gioco una forma di rivoluzione più raffinata e difficile di quanto non si sia soliti parlare. Il suo retaggio non ci spinge tanto a scegliere una fazione di cui essere schiavi, quanto allo smettere di delegare le nostre responsabilità a dei poteri che, in ogni caso, risultano essere fallaci.

L'artista ha passato decadi a vedere il mondo orbitargli attorno, le Repubbliche si sono succedute e i nomi sono cambiati, ma l'atteggiamento è restato il medesimo mentre l'antagonismo è andato gradualmente a sedarsi lasciando spazio a un'ignava rassegnazione. Il suo lascito: ribaltate tutto per favore.