Da lunedì siamo tutti un po’ più poveri. Ursula K. Le Guin, scrittrice ma soprattutto donna dall’intelligenza acuta e dalla straordinaria abilità nell’uso delle parole, ci ha lasciati. La morte, giunta il 22 gennaio 2018, quando la scrittrice aveva 88 anni, è stata annunciata dal figlio Theo Downes-Le Guin, che non ha fornito alcun particolare salvo il commento che da diversi mesi la madre non godeva di buona salute.

Autrice di classici della fantascienza come La mano sinistra delle tenebre (1970) e I reietti dell’altro pianeta (1974) e di un’opera fondamentale per il fantasy quale La saga di Earthsea (cinque romanzi e diversi racconti pubblicati fra il 1968 e il 2001), la Le Guin ha scritto anche libri per bambini e numerose raccolte di poesie.

Le sue opere, pubblicate in oltre 40 lingue e capaci di vendere diversi milioni di copie in tutto il mondo, le hanno consentito di vincere più volte tutti i più importanti premi della narrativa fantastica, ma anche premi non di genere come quelli assegnati dall’American Library Association o dalla National Book Foundation. L’ultimo premio Hugo risale al 2017 con il saggio Words Are My Matter, attenta riflessione sull’importanza della letteratura, e della letteratura di genere, per la società, sottolineando l’importanza della diversità e i rischi del conformismo. Fra i temi da lei trattati vi sono il femminismo, il taosimo, l’anarchia, il conflitto fra culture diverse, l’empatia, i rischi del potere.

Una perdita non solo per la sua capacità d’inventare mondi straordinari ma anche per la sua capacità di analizzare la realtà contemporanea e di indicare i problemi che vedeva spingendo i suo interlocutori a interrogarsi in cerca di soluzioni. Come ha scritto più volte, il compito della fantascienza non è fornire risposte ma porre domande, e nei suoi cinquant’anni di attività lei non ha smesso d’interrogarsi, e di interrogarci, sul significato dell’appartenere alla razza umana e sul cammino che stiamo percorrendo.