Favola è la storia di uno, nessuno, centomila, delle maschere che a volte siamo costretti a portare per non dispiacere qualcuno, per non suscitare pettegolezzi, o perché se ci togliessimo quella maschera rassicurante ci sentiremmo smarriti. C'è anche chi indossa una maschera solo per esprimere meglio se stesso, magari mentre è in cerca della propria identità. E non è detto che la maschera non sia che un pretesto, per raccontare agli altri di sé con maggiore libertà.

Sebastiano Mauri insieme a Filippo Timi racconta attraverso questa dark comedy tra l'onirico e il possibile, il surreale e il realistico la storia di una transessuale che cerca il proprio posto nel mondo.  Non c'è altro consiglio che vederlo per ragionare solo dopo delle tragedie, delle esplosioni di vita interiore che caratterizzano l'esistenza di chi non è considerato giusto, convenzionale, ma non solo: Favola porta a riflettere sulla condizione femminile (partendo dal contesto della ovattata vita domestica dell'America degli anni ’50) del ruolo del presunto maschio alpha, marito-padrone o uomo prevaricatore, libero di fare e disfare, esaltare e umiliare una donna che deve stare al proprio posto, assertiva e concubina all’occorrenza. Favola scorre velocemente, ma insinuerà nel vostro pensiero una serie ulteriore di riflessioni su quali siano i reali presupposti della parità di genere.

Cosa cerca l’essere umano? L'approvazione? La libertà? La realizzazione? La pace con se stesso? Forse tutte risposte giuste, ma quel che è certo, soprattutto, l'amore. Banale? Può darsi, ma sentirsi amati è la forza che pacifica anche l’animo più in tempesta. Non è un tema facile: si rischia di scadere con impressionante rapidità nella retorica, rischio facile anche per chi deve esprimere un commento.

C’è il rischio che film possa essere indirizzato a chi ha la necessaria apertura mentale al tema. Al di là di ogni pregiudizio il film andrebbe visto nei tre giorni di programmazione anche solo per apprezzare il sempiterno talento di Piera degli Esposti, la straordinaria capacità di Lucia Mascino (ricorrente compagna di palco di Timi) di alternare momenti di comicità genuina e struggente malinconia, la bravura di Luca Santagostino che si scinde in ben tre (se non quattro) personaggi estremamente diversi risultando comunque credibile. Chiaramente, tutte le attenzioni sono catalizzate dal sublime Filippo Timi, che si conferma un attore di grande sensibilità e raro talento; con la sua interpretazione porta lo spettatore alla riflessione, alla risata, alla commozione.

Solo Filippo Timi avrebbe potuto dare un volto, un corpo, una mente a Mrs Fairytale, rappresentarne l'umanità e la follia, i vezzi e le manie in un perfetto portamento in tacchi alti, rossetto e unghie laccate. Estremamente esperto di ruoli drammatici, complessi, estremi, dal sapore spesso surreale, Timi vince a mani basse la scommessa di portare al cinema questa pièce teatrale prodotta da Palomar con Rai Cinema e distribuita da Nexo Digital.

Con tutti gli eccessi e la poesia, l'irruenza e la capacità di far sorridere anche in situazioni al limite (?) del drammatico di cui solo Timi è capace.