Nel 2007 gli sviluppatori di CD Projekt Red si sono interessati a una serie dark fantasy che era all’epoca nota e amata solamente dal popolo polacco: The Witcher. Il passaggio da pagina stampata a mondo videoludico fu accolto con un crescente entusiasmo, raggiungendo nel 2015 l’apice della fama e del riconoscimento pubblico. Un'ulteriore evoluzione arricchisce ora storia di The Witcher, dal videogioco è stato infatti tratto un gioco di ruolo cartaceo affidato a R.Talsorian Games, editore meglio noto per il celebre Cyberpunk 2020.

Un dark fantasy dove si muore – Trama

Il mondo di The Witcher è a dir poco inospitale. Secoli addietro i popoli del Continente dovettero fronteggiare la comparsa improvvisa e inattesa di mostri e magie. Alcuni riuscirono a capire come incanalare le energie del caos per divenire potenti stregoni, ma i più finirono per essere decimati dalle fauci e dagli artigli delle indomabili creature. Disperati, una minoranza di combattenti si sottopose a feroci allenamenti e a disumane mutazioni, dando vita a una classe di amazzamostri specializzati noti come Witcher.

I Witcher riuscirono col tempo a contenere la minaccia, ma l’umanità, piuttosto che sbocciare in un periodo di rigogliosità, cedette all’avidità e i diversi regni sopravvissuti presero a massacrarsi vicendevolmente per contendersi risorse e territori rimasti privi di padrone. Gli ammazzamostri, un tempo celebrati dai bardi, vennero coinvolti in battaglie e intrighi politici, i civili presero a temerli e a disprezzarli, li accusarono di essere assassini privi di morale, il loro ordine si disperse e delle loro roccaforti rimasero vuote macerie. 

Siamo ora al tramonto del XIIIº secolo, periodo nel quale crudeltà e sventura convergono col massimo dell’intensità: proseguono gli scontri fratricidi e i campi agricoli sono lordi di sangue, i mostri hanno costruito nuovi nidi e stanno estendendo i loro terreni di caccia, ferventi religiosi impongono i propri dogmi mettendo al rogo tutti coloro che vengono giudicati nemici o diversi. Si tratta di un mondo in cui i predoni sono pronti a sgozzare mercanti di passaggio, i nobili opprimono i contadini per concedersi banchetti lussuosi, i soldati sono soliti ad abusi e corruzioni, le creature pasteggiano con le interiora delle proprie vittime. Si tratta di un mondo in cui la morte è perenne compagna e ogni attimo di vita viene festeggiato con alcol e prostituzione. 

Danno ridotto – Sistema di gioco

Sin dalla prima lettura è chiaro che The Witcher non sia tanto pensato per neofiti, quanto per veterani sfegatati con una forma di nostalgia verso il passato. La sola creazione del personaggio può portare via delle ore ed è strutturata su più di 149 pagine di clausole e tabelle. La cosa è talmente esacerbata che lo stesso manuale si sente in obbligo di affrontare timidamente la questione scusandosi con quei giocatori che “potrebbero” sentirsi frustrati.

La cosa non giunge inattesa: i creatori del gioco sono Cody e Lisa Pondsmith, rispettivamente figlio e moglie del più noto Mike Pondsmith, autore di diversi GdR tra cui proprio il fortunatissimo Cyberpunk. Le similitudini tra il sistema di gioco di Cyberpunk 2020 e quello di The Witcher sono numerose ed evidenti, i due mondi potrebbero quasi sovrapporsi (situazione che si sarebbe già concretizzata, stando al canone narrativo videoludico di The Witcher 3 – Wild Hunt). 

Per ogni evenienza, per ogni danno, per ogni variabile ci sono grafici da consultare. Le ferite guariscono a fatica e lasciando atroci malus, le abilità si acquisiscono faticosamente e con lentezza, i sistemi di creazione degli oggetti sono complessi e minuziosi. Ci vuole una buona dose di volontà per entrare in confidenza con questa forma ludis, una volta superato lo scoglio iniziale si cede però a una bizzarra forma di appagamento feticistico, a un senso di realizzazione che porta i giocatori ad affrontare le avventure con un atteggiamento ben più cauto e lungimirante di quello che applicherebbero a molti degli attuali giochi di ruolo.

Lettera d’amore in giacenza – Conclusioni

The Witcher è un’ode d’amore a un’era passata, la nostalgia insita in esso è invero il suo punto di forza ma anche il più fragile dei talloni d’Achille. Con il giusto gruppo di appassionati – cioè con giocatori veterani appassionati di The Witcher o di Cyberpunk – il titolo risulta di estremo interesse e garantisce la possibilità di ricreare alla perfezione letali avventure degne di qualsiasi dark fantasy, ma resta difficile che un individuo a digiuno di GdR si possa affezionare a un sistema tanto complesso. 

In un'era in cui i giochi tendono ad alleggerirsi e a rinunciare a ferrei regolamenti (Numenera, 7th Sea, Anime e Sangue), i Pondsmith si muovono in controtendenza e offrono un’esperienza che conseguentemente “sa di vecchio”. The Witcher è in sostanza come un buon vino: se non siete già formati da un complesso addestramento sarà certamente troppo impegnativo per il vostro palato, ma se vantate i talenti tipici dei sommelier saprete indubbiamente apprezzarne le note mature.