CAPITOLO I

 

«C’è qualcuno al secondo piano».

«Il custode ha appena inserito l’allarme, non può esserci nessuno nel palazzo».

«Eppure ho visto una donna dietro ai vetri, mi scrutava dalla finestra».

«Stai tranquilla Giorgia, non c’è anima viva, né al primo né al secondo piano».

«Ma io l’ho vista» mormora sottovoce la guida turistica.

Il giorno seguente, sempre alle 18, una donna di età indefinita, con una camicetta bianca di pizzo e un vistoso cammeo rosa legato a una massiccia catena d’oro, guarda dalla finestra che affaccia sul cortile interno, come in attesa di qualcuno. Giorgia le sorride, ma lei sparisce immediatamente dietro le tende.

«Giulia, salgo al secondo piano».

Non ci sono corridoi, le ventidue stanze immettono una nell’altra con una fila di porte in legno, in una prospettiva infinita e scenografica. Solo le tende leggermente smosse, ma non c’è traccia di persone, animali o altro.

“Boh, sarà stato il riverbero, un’illusione ottica”. Ma ogni giorno, verso la stessa ora, la donna del mistero torna a scrutare l’ingresso, con l’impazienza di chi attende notizie vitali.

“Domani a quest’ora mi piazzo in quella stanza e vediamo cosa succede”.

Alle 17.45 del giorno dopo, Giorgia sale le scale e si nasconde in un angolo strategico, da cui può osservare i movimenti nell’ampia ala del caseggiato. Avverte qualche fruscio, nota che i faretti cambiano intensità di luce, paiono friggere per alcuni secondi, ma nulla di più.

Stessa suspense l’indomani. Una folata d’aria fredda, luci tremolanti, tende smosse, ma nessuno in giro.

Questi piccoli segni si ripetono per giorni ma nessuno, oltre Giorgia, sale o scende quelle scale. La ragazza si arrende: “Sarà stata un’impressione, una sensazione, in effetti qui non c’è nessuno”.

Due giorni dopo, ferma nella sua postazione abituale al piano terra, vede chiaramente la solita signora che cammina su e giù dietro la finestra. Pare preoccupata, in ansia. Giorgia sale di corsa le scale, arriva su senza fiato, ma della donna neanche l’ombra.

“Sto impazzendo, ho le allucinazioni”.

«Giulia, sto diventando matta, vedo sempre la signora al secondo piano, ma non riesco a incrociarla e parlarle. L’hai vista anche tu l’altro giorno?».

«Sì. È tutto un po’ strano, non pensarci, stai serena e prima o poi qualcosa capiremo».

La settimana seguente è proprio tranquilla, nulla di diverso dal solito. Finalmente le guide possono tornare alla noiosa routine quotidiana. Se non fosse che stavolta la ragazza dell’impresa di pulizie trova macchie di inchiostro di china sul parquet. Non ci sono state visite guidate né altri ingressi, com’è possibile? Le macchioline sono piuttosto fresche, al massimo formatesi la sera prima. Non ci sono penne in giro e tantomeno calamai, da dove provengono?

«È inutile sprecare tempo cercando spiegazioni plausibili, è evidente che accadono fatti curiosi, ma non è un mio problema» conclude Giorgia piuttosto contrariata.

«Sì, infatti. Pensiamo al lavoro, il resto non ci riguarda».

All’imbrunire, nel solito orario, inizia a suonare l’allarme. La finestra degli avvistamenti è spalancata.

«Chi è stato?».

«Nessuno del personale, stiamo chiudendo, tutti i dipendenti sanno che non devono accedere ai piani superiori».

«Sì, ma quella finestra non può essersi aperta da sola».

«Qui accadono fatti sempre più strani».

«Vabbè chiudiamo tutto, e domani è un altro giorno».

Nessuno degli addetti riesce a spiegarsi come un infisso nuovo, chiuso perfettamente, possa essersi aperto senza che sulla città sia passato l’uragano Katrina. Eppure è così.

«Stasera passo in rassegna porte e finestre, così chiudiamo tranquilli» rassicura il custode. Ma mentre sono riuniti nell’atrio d’ingresso, la solita signora apre i vetri e sventola un fazzoletto bianco scrutando in lontananza. La vedono tutti, è inequivocabile, l’allarme diventa isterico, le ragazze ancora di più. Gridano: «Una ladra! Una ladra!». Luciano non sa più dove correre.

«Adesso la prendiamo, accerchiamola!».

Ma nei centoventi secondi necessari a salire, bloccare le uscite, rimanere di guardia, tutto torna come prima, e della donna del mistero neanche l’ombra.

«Anche stasera, nulla. Ma prima o poi l’acchiappo» giura il guardiano.

Nello storico caseggiato appartenuto alla famiglia Mayo esiste, oltre al museo d’arte contemporanea, anche una ricca biblioteca. Le guide e i custodi del palazzo conoscono la storia della dinastia e del periodo in cui i Mayo hanno animato una delle più prestigiose residenze dell’Abruzzo ottocentesco. Nella collezione al pianoterra diversi tomi illustrano la storia del palazzo e del casato.

Sfogliando uno dei polverosi volumi, Giorgia si imbatte in una rara foto della famiglia quasi al completo. Le è già capitata tra le mani altre volte, ma ora qualcosa attrae la sua attenzione. Sono tutti molto eleganti, all’epoca una foto era un evento, gli uomini in abiti sartoriali di taglio inglese, con l’immancabile orologio da taschino in oro, ben in mostra sul panciotto; le donne nei loro velluti verde smeraldo o rosso rubino, in vesti dal taglio impeccabile, lunghe e preziose. Le dame sfoggiano al collo dei magnifici cammei, la cui collezione era rinomata ed è nota anche alle guide turistiche del palazzo.

Osservando meglio, Giorgia riconosce un monile rosa del tutto simile a quello che indossa la misteriosa signora dietro la finestra. Non sarà mica un fantasma? In effetti, abbigliamento e acconciatura hanno un che di antico, inoltre scompare senza lasciare traccia…

La ragazza sfoglia altri libri, in cerca di qualche riscontro alla sua folle idea. Ci sono diversi cammei immortalati tra le illustrazioni, ma è impossibile riconoscere un gioiello intravisto a diversi metri di distanza. I volti delle antiche signore non le suggeriscono nulla, mentre i nomi sono suggestivi: Eutropia, Firmina, Zira, Edilburga. Anche gli uomini non scherzano: Prailo, Uranio, Equizio, Acindino, Levino e Filoteo.

Giorgia ripone con cura i libroni, sorridendo della sua stupida conclusione. Però è affascinata al pensiero di un’antica dama che, quasi due secoli dopo, vaga nelle stanze un tempo teatro della sua vita. Il film è iniziato nella sua testa. Ora Giorgia non può fermarsi, deve scoprire chi era la donna del mistero e cosa è accaduto tra quelle mura negli anni d’oro del casato.

I diversi rami dei Mayo vivevano tutti nel palazzo dopo che Levino iniziò l’acquisto verso il 1825 e concluse l’acquisizione dei cinquemila metri quadri di spazi e locali annessi soltanto nel 1840. La ristrutturazione fu opera di Acindino, come insegna la lapide posta all’ingresso per carrozze e cavalli, quello laterale.

Ogni giorno la giovane dottoressa arriva al lavoro con un nuovo entusiasmo, come se avvertisse l’inizio di un’elettrizzante avventura. Fase uno: visionare i filmati delle telecamere interne ed esterne. Ore e ore di immagini di quelle stanze semideserte che conosce ormai meglio di casa sua. Nulla di insolito, confermato dal fatto che gli allarmi non suonano. Solo qualche puntino bianco che, di tanto in tanto, sembra apparire dal nulla per poi dissolversi l’attimo dopo.

Giorgia è delusa, già immaginava scene di dame e cavalieri che, col favore delle tenebre, si riappropriavano degli ambienti riportando ai vecchi fasti l’edificio, con balli di gala nei saloni di rappresentanza dalle splendide volte affrescate. Eppure non si arrende, prova a zumare su quegli strani cerchietti bianchi e, osservandoli meglio, scopre che sono ombre. Ombre evanescenti che si muovono a loro agio tra quelle mura familiari. Inquadra, sgrana, mette a fuoco, varia contrasto e luminosità ma, oltre a percepire eteree sagome soffuse di bianco, non ricava altre informazioni da quelle immagini registrate. Però è evidente che ci sono presenze nello stabile. Qualcosa si aggira senza essere notato o rilevato dalle apparecchiature moderne.

“Stasera voglio lasciare il tablet in modalità rec, chissà se riesco almeno a registrare qualche rumore”.

Va nella “solita” camera e posiziona al meglio il suo device per catturare ogni suono prodotto nei paraggi. Naturalmente il mattino seguente non trova nulla, né una voce, né un rumore, né un peto.

“Ritenta, sarai più fortunata” si incoraggia la ragazza.

Dopo un’intera settimana di ascolto di registrazioni inutili, l’ottavo giorno ode distintamente lo scalpiccio degli zoccoli di un cavallo che entra nel portone e appena dopo una voce di donna chiedere: «Finalmente! È andato tutto bene? Sei riuscito a recapitare la missiva?». Un sospiro di sollievo conclude la breve conversazione.

“Allora non sono impazzita, presenze tangibili si aggirano nel palazzo! Che avventura, voglio scoprire tutto ciò che è possibile sulla dama e su cosa accadeva tra queste mura”.

Giorgia corre a mostrare le prove dei suoi sospetti ai colleghi. C’è chi si incuriosisce divertito e chi smorza l’entusiasmo: «Non crederai a certe sciocchezze! I morti sono morti e non parlano!».

«E gli zoccoli di cavallo? Non mi pare che su corso Marrucino si sia svolta una parata equestre o sia passato un cavaliere solitario, neanche più le auto possono transitare».

«Sarà un ballerino di tip tap».

«Dai Luciano, non fare il guastafeste, il dubbio è lecito, rimaniamo razionali. Io personalmente credo solo a ciò che vedo, ma perché escludere categoricamente ogni possibilità di sovrannaturale? Teniamo gli occhi aperti, cogliamo le stranezze che finora non abbiamo considerato e alla fine faremo due più due».

«Grazie Giulia» esclama Giorgia, felice di avere una complice.

“Voglio leggere tutto ciò che trovo sui contatti con l’aldilà, e su come comunicare con gli spiriti” si ripropone la ragazza bionda e minuta. “Niente sedute spiritiche, quelle sono stupidaggini da scherzi tra amici, non c’è nulla di vero o quasi… Mi documenterò in modo scientifico, studierò come si approcciano a questa dimensione in America, lì sono molto più aperti e avanti di noi, i medium collaborano con la polizia per risolvere i casi più assurdi, alcune volte il loro apporto è determinante.