Il rifugio ha un salone dotato di alcune bocche di lupo, per ricevere qualcosa dall’esterno. La donna con i lunghi capelli fini osserva fuori, in direzione della notte. Dietro di lei si snoda il corridoio con le camere da letto. Tutti dormono, ma il vecchio no.

Entra e si siede a uno dei tavoli, dice, Così hai deciso.

La donna resta alcuni secondi in silenzio, guarda un punto imprecisato nel buio uniforme. Poi si volta. Sì. Sì, ho deciso.

Il vecchio annuisce,

Immagino sia una questione di responsabilità. La donna accenna un sorriso amaro, dice,

No, non credo, invece. La responsabilità non è più un concetto utile. Cosa intendi?, chiede il vecchio.

La donna si stringe nelle spalle,

Forse che la responsabilità serve per costruire, e qua non c’è più nulla.

Il vecchio pensa a cosa la donna ha lasciato dietro di sé.

Vorrebbe ribattere ma teme di sconfinare in un dolore che non gli appartiene, così si limita a dire,

Prendere quel bambino con te è un gesto nobile, girala come vuoi. Suo nonno ti sarebbe grato.

La donna con i lunghi capelli fini ripensa alla morte del vecchio che si prendeva cura del bambino, consumato dalle particelle nocive che infuriano invisibili nel settore due. Guarda a terra, dice,

È una cosa che serve a lui e anche a me. Ecco il nuovo concetto di nobiltà. Il vecchio riflette un attimo,

Non cambia la sostanza del discorso.

La donna lo guarda ma non aggiunge altro.

Restano alcuni lunghi istanti in silenzio nella sala spoglia del rifugio. Poi lui si alza e dice,

Dovresti dormire anche tu.

La donna, rimasta sola, si siede in preda ai suoi pensieri.

Come avrebbe potuto non prendere con sé quel bambino? Come avrebbe potuto decidere di non mettersi in viaggio con lui? Da qualche parte dentro di sé sa che non lo sta portando al correzionale solo per farlo curare. È per dargli un futuro, certo, ma è anche per pacificarsi con il proprio passato.

Perché il pensiero di ciò che ha perduto non la lascia mai e vuole prevenire una seconda separazione.