Non mi è mai granché interessato scrivere delle serie TV ambientate nell’universo di Star Wars. In generale, né quelle meglio riuscite (soprattutto la prima stagione di The Mandalorian) né tantomeno quelle più deludenti (qualcuno ha detto Kenobi?) aggiungono molto allo stato dell’arte – ovviamente se escludiamo l’aspetto strettamente tecnico della loro realizzazione.

Andor merita certamente un’eccezione.

Come distruggere l’Impero?

Sul pianeta Ferrix, Cassian Andor arrotonda il salario rubando e contrabbandando tecnologia imperiale. È ancora da venire il “capitano Cassian” che in Rogue One disobbedirà agli ordini di Mon Mothma e sacrificherà la propria vita per rubare i piani della Morte Nera. Siamo circa cinque anni prima, nel periodo di espansione e rafforzamento dell’impero galattico.

Il fallimento della cattura di Cassian da parte della milizia locale è proprio il pretesto che provoca la sua sostituzione con le truppe d’assalto imperiali. Spiegava l’Ammiraglio William Adama in Battlestar Galactica che c’è una ragione se l’esercito e la polizia sono separati. L’uno combatte i nemici dello stato, l’altra serve e protegge il popolo. Quando l’esercito diventa polizia, i nemici dello stato tendono a diventare il popolo. Proprio in questo consiste l’essenza della tirannia imperiale.

Diego Luna è Cassian nella serie TV Andor.
Diego Luna è Cassian nella serie TV Andor.

Come già in Rogue One, la ricostruzione dettagliata e assolutamente realistica di questo regime è un aspetto fondamentale della storia. La dittatura non è la risata malvagia di Palpatine, ma la depredazione delle risorse del pianeta Aldhani e il disprezzo per la cultura dei suoi abitanti, la repressione violenta del dissenso, lo sfruttamento senza fine nella prigione-fabbrica di Narkina 5 e l’assassinio di un intero braccio carcerario. I suoi strumenti non sono superuomini dai poteri soprannaturali né armi fine-di-mondo, ma le truppe di occupazione e la polizia politica, gli omicidi e le torture.

L’Impero è senza alcun dubbio una mostruosità da distruggere. Ma come?

In Rogue One avevamo intravisto alcune delle diverse fazioni che componevano l’Alleanza Ribelle. La spaccatura principale era tra i “pragmatici” capeggiati da Mon Mothma e gli “estremisti” di Saw Gerrera.

Nella serie la questione politica, che nel film era solo accennata, diventa centrale, tanto da essere rappresentata da almeno quattro personaggi. Il principale è Luthen, misterioso capo di una rete di cospiratori che operano con metodi “terroristici”.

Saw Gerrera
Saw Gerrera

Compare inoltre nuovamente Saw Gerrera, personaggio evidentemente amato dal pubblico nonostante sia caratterizzato come un leader instabile e paranoico.

Il conflitto fra i due è legato all’importanza assai diversa che attribuiscono alla questione del programma politico. Irrilevante per Luthen, fintanto che non verrà sconfitto l’Impero. Fondamentale per Saw, che nell’ottavo episodio elenca le diverse fazioni della Ribellione con cui non vuole avere nulla a che fare: Kreegyr è un separatista; Maya Pei una neo-repubblicana; il Fronte Ghorman, l’Alleanza Partigiana: settoristi, cultisti umani, partizionisti della galassia.

Mon Mothma
Mon Mothma

Sappiamo all’incirca che i separatisti sono quelli che diedero il via alla Guerra dei Cloni per pagare meno tasse, e che i settoristi (in quanto “cultisti umani”) sono probabilmente fautori della superiorità delle razze umanoidi sulle altre; quanto ai neo-repubblicani, sono forse rappresentati da Mon Mothma: una facoltosa senatrice il cui unico interesse è la restaurazione della vecchia Repubblica, con tutte le sue ineguaglianze (economiche e razziali), a costo di mettersi in affari con i banchieri meno etici della galassia. Ipotizziamo invece che l’ideologia di Saw Gerrera sia più radicale (e da questo deriva forse l’apprezzamento del pubblico), anche se ne ignoriamo il contenuto.

L’invito di Luthen a superare queste “futili” differenze allora suona esattamente come l’esortazione degli stalinisti in Spagna durante la guerra civile: “prima vinciamo la guerra, poi faremo la rivoluzione”. La storia mostra come questo tipo di posizioni abbiano sempre condotto, di compromesso in compromesso, a rinunciare del tutto a fare la rivoluzione, e prima ancora a perdere la guerra.

Luthen
Luthen

Allo stesso tempo Luthen, che dichiara in sostanza di non avere alcuna preferenza per l’assetto sociale che seguirà alla caduta dell’Impero, rivendica la necessità di perseguire questo obiettivo con metodi terroristici: per lui La repressione genera la ribellione, e dunque è necessario provocare il nemico con azioni dimostrative in modo che, per reazione, l’Impero aumenti il livello della sua oppressione. Questo dovrebbe a sua volta “risvegliare” la coscienza delle masse. È esattamente il programma della lotta armata nell’Italia degli anni Settanta: la storia ha mostrato che la faccenda non funziona esattamente così. Di fatto, quel che succede è che l’azione delle avanguardie “si sostituisce” a quella delle masse, provocando sì un aumento generalizzato della repressione, ma non l’auspicata (ma solo a parole) insurrezione generale.

Il ritorno dello Jedi
Il ritorno dello Jedi

Che poi è quel che accade nell’universo di Star Wars, soprattutto nella trilogia originale. Nelle vicende che conducono alla caduta dell’Impero, gli unici attori sono piccoli gruppi di ribelli che compiono quelle che sono essenzialmente azioni terroristiche. Infatti l’Impero crolla quando l’attentato alla seconda Morte Nera riesce a uccidere l’Imperatore. I soli momenti in cui si intravede un accenno di insurrezione “popolare” sono a Cloud City, dopo che Darth Vader cambia gli accordi una volta di troppo, e sulla luna boscosa popolata dagli Ewok; ma il primo ha un peso davvero marginale, mentre il secondo è un esercizio di stile. E sarebbe oltretutto del tutto inutile, se non fosse per l’azione individuale dello stesso Vader che, imprevedibilmente, uccide il suo mentore.

Dunque Luthen in qualche modo rappresenta il “canone” di Guerre Stellari. Lo stesso vale per Mon Mothma, che non a caso è l’unico membro della Ribellione presente in Andor che ritroveremo nelle vicende narrate dalla trilogia originaria.

Saw Gerrera introduce il tema “nuovo” della necessità di un programma politico, ma condivide in realtà con Luthen lo stesso approccio terroristico e individualista. Nella sua bocca, l’elenco delle diverse fazioni dell’embrionale Alleanza Ribelle suona un po’ come la famosa scena di Brian di Nazareth dei Monty Python.

Entrano in scena le masse

La grande novità di Andor è il protagonismo delle masse come attore dell’insurrezione. La rivolta di popolo non solo viene rappresentata in modo potentissimo, come mai prima nell’universo di Star Wars, ma viene esplicitamente teorizzata in particolare attraverso il personaggio di Nemik.

Il personaggio compare una prima volta, in carne ed ossa, negli episodi in cui si svolge la rapina su Aldhani. Giovane e mingherlino, al punto da apparire fuori posto in una missione del genere, anche la sua fissazione per la teoria rivoluzionaria pare inizialmente contribuire a caratterizzarlo in modo buffo.

Cassian e Nemik
Cassian e Nemik

Nemik sta scrivendo un Manifesto, sembra prenderlo in giro uno degli altri rapinatori, nel quinto episodio. Il ragazzo insiste per leggerne un brano a Cassian: Il passo della repressione supera la nostra capacità di comprenderla ed è questo il vero trucco della macchina del pensiero imperiale. Andor non si mostra particolarmente colpito dalla citazione e la faccenda sembra finire lì.

Ma al termine dell’episodio successivo è proprio la consegna del Manifesto a Cassian, per espressa volontà di Nemik che perde la vita durante la fuga da Aldhani, a chiudere la prima metà della stagione e annunciare il tema della seconda.

Il viaggio di Andor ricomincia dalla prigione-fabbrica di Narkina-5 (proprio per effetto della maggiore repressione auspicata da Luthen), dove per la prima volta sperimenta la necessità di un’azione collettiva.

Una volta presa coscienza che il ciclo dello sfruttamento è realmente infinito, tutti i prigionieri realizzano che non ci si può accontentare di aspettare la fine della pena, ma che c’è “una sola via di uscita”: combattere tutti insieme soverchiando le guardie con la forza del numero e nuotare in mare aperto.

Kino Loy
Kino Loy

È un’immagine potentissima della condizione degli oppressi e della lotta per l’emancipazione dallo sfruttamento, resa ancora più intensa grazie a scelte di regia strepitose e ancora più ricca di significati grazie alla complessità della metafora. Un dettaglio su tutti: il caporeparto Kino Loy che, prigioniero egli stesso ma in una condizione di apparente privilegio, inizialmente è schierato “istituzionalmente” dalla parte dei carcerieri assicurando che il tasso di sfruttamento si mantenga sempre elevato; una volta scoperto il “tradimento” dei capi è il più acceso dei rivoltosi; ma una volta giunto il momento di lanciarsi in mare aperto per portare a termine l’insurrezione, ammette di non saper nuotare e si ferma: non sappiamo se alla fine si tufferà o meno, ma è una straordinaria rappresentazione della difficoltà che comporta la via della ribellione e, in generale, di umanità.

Andor
Andor

Qualunque cosa accada ora, ce l’abbiamo fatta dice Cassian sul ciglio dello stesso strapiombo. E queste parole riecheggiano nella lunga citazione dal Manifesto di Nemik che apre l’episodio conclusivo della stagione, collegandone idealmente le due metà.

L’ho riascoltata più volte per trascriverla e ogni volta mi ha commosso.

Il tema della speranza è un filo rosso che attraversa tutta la saga di Guerre Stellari. Ma speranza in che cosa? La “nuova speranza” del film capostipite della serie è Luke Skywalker, un uomo dai poteri straordinari che da solo distruggerà la prima Morte Nera.

In Rogue One, Jyn Erso cerca di convincere i dirigenti dell’Alleanza Ribelle ad appoggiare la missione su Scarif con l’argomento che Le ribellioni si fondano sulla speranza – una frase di Saw Gerrera, non a caso. Ma non riesce a scalfire i timori dei suoi interlocutori – l’ala moderata dell’Alleanza – e dovrà partire di nascosto, salvo poi rivelarsi lei stessa la speranza di cui parlava.

Jyn Erso
Jyn Erso

Nel discorso di Nemik, per la prima volta, ci viene chiesto di riporre la nostra speranza non in singoli eroi, ma nella necessità storica dell’insurrezione popolare: Ricordate questo. La libertà è un’idea pura. Compare spontaneamente, e senza istruzioni. Atti isolati di insurrezione si verificano costantemente in tutta la galassia. Ci sono intere armate, battaglioni che non hanno idea di essere stati già arruolati per la causa.

È per questa fiducia incrollabile, e non per un qualche astratto senso di onore e giustizia, che vale la pena lottare anche quando la battaglia è impari e probabilmente perduta. “Ricordate questo. Provate”, recitano le ultime parole del Manifesto, in apertura del grande finale di stagione.

I veri protagonisti dell’ultima puntata sono due personaggi deceduti: Nemik appunto, e Maarva, la madre putativa di Cassian. I suoi funerali su Ferrix sono il punto di approdo di quasi tutte le trame della vicenda, di quasi tutti i personaggi incontrati finora. C’è il villain principale della storia, la funzionaria della polizia politica Dedra Meero, assistita suo malgrado dallo zelante Syril; ci sono Luthen e le sue due aiutanti Vel e Cinta; c’è Cassian, braccato sia dagli imperiali che lo vogliono catturare, sia dai ribelli che vogliono farlo fuori prima che sia catturato.

Maarva
Maarva

Ma al centro della scena ci sono i cittadini di Ferrix, che guidati dalle parole dell’ologramma della defunta Maarva trasformano la cerimonia funebre in uno degli “atti di insurrezione” preconizzati da Nemik. I personaggi principali ne vengono travolti, nel caso degli imperiali, ne restano ai margini nel caso dei ribelli; lo stesso Andor non partecipa alla sommossa, ma ne approfitta per liberare la sua amica dalla prigione imperiale.

La scena di Luthen che si allontana dalla battaglia senza prendervi parte, deluso per il fallimento della sua missione, è emblematica proprio della sua incapacità di connettersi con le masse, frutto essenzialmente della sua sfiducia nella loro azione spontanea. Esattamente il contrario di quanto teorizzato da Nemik e Maarva.

Vale anche la pena notare che non solo nella prigione di Narkina-5, ma anche su Ferrix, i protagonisti dell’insurrezione non sono generici “cittadini” ma perlopiù operai. La regia si sofferma ripetutamente sul muro ricoperto dai guantoni da lavoro (e in uno di quei muri è destinata a essere conservata la memoria di Maarva); il tempo stesso è letteralmente scandito dal battere degli strumenti sull’incudine, nella torre che domina la città.

Andor
Andor

Il personaggio di Cassian rimane infine a metà strada. Nella scena conclusiva della stagione è a Luthen che si rivolge per diventare a sua volta un rivoluzionario di professione, ma tutto mostra che a motivarlo è il lascito di Nemik prima e di Maarva poi, così come le esperienze di lotta collettiva che ha vissuto su Narkina 5 e su Ferrix. Sono questi i semi che, innaffiati dalle parole di Jyn, fioriranno in Rogue One spingendolo a rifiutare i compromessi dei Ribelli “pragmatici”, a disobbedire ai loro ordini e a combattere una battaglia perduta nella speranza che quella sconfitta serva a ottenere la vittoria più avanti.

Oltre il postmoderno

Il salto di qualità compiuto in Andor rispetto a tutto il resto dei prodotti audiovisivi della saga di Star Wars è palese. Non si tratta di un giudizio di valore, ma della constatazione di un approccio estetico e filosofico alla narrativa radicalmente diverso da quello che per oltre quarant’anni ha dominato incontrastato in questo universo.

Il manifesto italiano di Guerre Stellari
Il manifesto italiano di Guerre Stellari

L’ideologia di fondo alla base di Guerre Stellari è sempre stata quella del postmodernismo. Al suo esordio, fu il segreto del suo successo: il ripescaggio di strutture narrative antiche e fisse – il viaggio dell’eroe nella sua forma più essenziale, la principessa, il cavaliere nero – mescolate con l’immaginario della fantascienza – astronavi, armi laser, pianeti esotici e stazioni spaziali – raccontate con il linguaggio delle fiabe e fuori dal tempo storico (“Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…”) attraverso un continuo gioco di citazioni disparate e puramente estetiche, era una ricetta innovativa e geniale a cavallo tra la fine degli Anni Settanta e l’inizio degli Ottanta.

La trilogia dei prequel di George Lucas fu il tentativo di superare questo approccio attraverso la “storicizzazione” della nascita dell’Impero galattico. Un tentativo fallito goffamente soprattutto per l’inconcludenza dei film, di cui le uniche scene memorabili sono quelle più vicine alla sensibilità estetica della trilogia originale (il duello tra Obi-Wan Kenobi e Darth Maul in Episodio I, la “nascita” di Darth Vader in Episodio III). Ma anche per la resistenza di un fandom cresciuto negli Anni Ottanta immerso in quel tipo di sensibilità estetica e culturale, e poco propenso ad allontanarsene.

Quella stessa resistenza che abbiamo visto all’opera dopo l’uscita di Episodio VIII, Gli ultimi Jedi. In quel film – per la prima volta nel filone principale della saga – erano stati introdotti, coraggiosamente, temi estranei alla “tradizione” di Star Wars: il fallimento dei maestri, il rifiuto della virilità “tossica”, la rappresentazione realistica della guerra, l’abbandono brutale del modello dell’eroe guerriero (e maschile), soprattutto l’idea della dimensione collettiva della Resistenza, attraverso il messaggio più volte ribadito che “chiunque può essere un Jedi”.

La scena finale de Gli Ultimi Jedi
La scena finale de Gli Ultimi Jedi

Idee innovative e al passo con i tempi, ma rifiutate dalla parte più rumorosa del fandom (composta per lo più ormai da quaranta-cinquantenni) al punto da spingere la produzione ad azzerarle completamente nel film successivo.

Gli Ultimi (Jedi) saranno i primi

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Articolo di Alessandro Villari Lunedì, 15 gennaio 2018

Alcune riflessioni sui temi dell'ottavo film della saga di Star Wars.

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Andor è un tentativo intelligente e ben riuscito di superare il postmodernismo, ormai vuoto e stantio, pur senza mancare di rispetto alla trilogia originale. È curioso notare a questo proposito che uno dei riferimenti estetici più famosi della saga, Metropolis, da cui era stata ripresa la forma di C-3PO, è nuovamente presente nella serie: anche la rappresentazione dei prigionieri-operai di Narkina-5 che marciano incolonnati al cambio di turno, “danzano” intorno alle macchine e letteralmente vi muoiono sopra di fatica, è una citazione esplicita del capolavoro di Fritz Lang; ma è una citazione dal valore non solo estetico, bensì sostanziale e carico di significato.

Metropolis di Fritz Lang
Metropolis di Fritz Lang

Non è un caso che questo nuovo tentativo di abbandonare il postmodernismo in favore di un approccio “storicizzato” alla narrativa, sia stato affidato a un prodotto destinato alla serialità televisiva – e dunque forse a un pubblico più variegato e ampio, in cui la componente dei “fanatici” pesa di meno – e, come Rogue One, abbia un’ambientazione dichiaratamente esterna al filone principale della saga.

La “nuova speranza” è che in futuro, anche grazie a serie come Andor, idee e approcci narrativi più interessanti e al passo con i tempi possano diventare patrimonio di tutto l’universo di Guerre Stellari.

Sinossi

Andor esplorerà una nuova prospettiva della galassia di Star Wars, concentrandosi sul viaggio di Cassian Andor che lo porterà a scoprire come può fare la differenza. La serie racconterà la storia della nascente ribellione contro l’Impero e di come persone e pianeti siano stati coinvolti. È un’epoca piena di pericoli, inganni e intrighi in cui Cassian intraprenderà il cammino destinato a trasformarlo in un eroe ribelle.

Andor

Andor

US / 2022 / Sci-Fi & Fantasy, Dramma

Creata da Tony Gilroy

Con Diego Luna, Stellan Skarsgård, Adria Arjona, Fiona Shaw, Denise Gough, Kyle Soller, Genevieve O'Reilly

Creata da Tony Gilroy

Reti: Disney+

Sito ufficiale: disneyplus.com

1 stagione - 12 episodi

Dati da The Movie DB
Andor

Andor

Articolo di Emanuele Manco Martedì, 20 settembre 2022

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