Per quanto mi sforzi non riesco a vedere Saga 2003 con gli occhi dell'appassionato di fantasy. E' più forte di me. Ci ho provato, come no; ma resta sempre un buco, un piccolo tarlo che toglie consistenza agli eventi. Insomma, siamo sinceri: cos'è rimasto degli incontri di S. Marino? La lista è lunga, per fortuna, però spazia dalle polemiche dei partecipanti all'Italcon - quelle dei fondamentalisti della fantascienza - alla rievocazione medieovale, dall'atmosfera scozzese dell'Associazione William Wallace agli incontri con l'ospite d'onore Ugo Malaguti. E in mezzo, un altro ospite d'onore, Carlo Lucarelli; poi i cinquant'anni di fantascienza raccontati da Gianfranco De Turris, il convegno Dal fantastico alla scienza, le presentazioni di libri e collane horror, i giochi di ruolo sui vampiri.

E la fantasy dov'è finita?

A essere onesti non è che si possa tagliare via di brutto tutta l'attività della Società Tolkeniana Italiana, però...

Perdonatemi, sto cercando disperatamente di mettere un po' di ordine alle mie idee, di ricomporre gli eventi in modo che il mosaico mostri il suo disegno. Il primo ostacolo nasce da due aspetti contrastanti che rivendicano ciascuno il proprio ruolo, nel tentativo di porsi come questione dominante nel discorso. Si tratta, in due parole, di fantasy e contaminazione.

Senza scendere nel dettaglio di una definizione di fantasy – tutti sappiamo quanto la cosa sia ardua, se non impossibile – mi guardo attorno per dare un significato a ciò che le librerie mi propongono. Ammetto che la mia frequentazione in quei luoghi è calata in modo inversamente proprozionale rispetto alla mia presenza a cene e incontri di fandom vari e affini; però proprio questo contatto diretto con gli appassionati e gli autori, più che non i commenti dei librai, mi ha dato un assaggio dello stato delle cose. Le scelte degli editori, soprattutto quelli specializzati e a grande distribuzione, tendono a concentrarsi su testi che ricostruiscono, in modo più o meno evidente, lo stereotipo della fantasy classica, quella derivata da Tolkien e già largamente imitata. Mi sembra che ciò sia apprezzato dal pubblico, si pensi al proliferare di romanzi che coinvolgono il lettore fino a indurlo all'acquisto di storie la cui fine è ancora nella penna dell'autore. Di questa parte di letteratura a Saga 2003 non si è parlato; sorvolo sul fatto che mi sarebbe piacuto incontrare qualche scrittore straniero, perché capisco che non fosse un progetto facilmente realizzabile. Ma qualcuno che parlasse di attualità ci voleva. Sebbene la partecipazione di alcuni autori italiani, tra cui Andrea D'Angelo e Mariangela Cerrino, mi abbia fatto sperare che il discorso decollasse, non è stato così: i loro brevi interventi, incentrati sul tema Dal fantastico alla scienza e non sulla realtà della fantasy italiana, sono avvenuti in un momento in cui anche i più volonterosi erano assenti: l'ora di pranzo. Dunque non mi è rimasto che rimpiangere la contestatissima tavola rotonda in cui la Nord, all'Italcon dell'anno scorso, presentò tra gli altri anche Andrea D'Angelo, Fabiana Redivo, Rossella Romano. Sono le voci della fantasy moderna italiana; se non si dà spazio a loro, che ci resta? A S. Marino non c'erano né l'editrice Nord (ora Longanesi), né Fanucci; uno dei due di certo avrebbe dato un impulso più attuale alla manifestazione. Sottolineo che la fantasy classica non è mancata, ma si è limitata a quella che riguarda Tolkien, con l'incontro con Andrea Red Mutti e Angelo Bussachini e la mostra delle illustrazioni del libro Gli eroi del Signore degli Anelli da loro realizzato: invero una delle cose più belle che si siano viste, però è stato troppo poco.

Secondo aspetto: la contaminazione. Ho detto dell'assenza di Viviani e Fanucci; ciò non implica che non ci fossero altri editori, più o meno piccoli, più o meno conosciuti. Manga, horror, giallo e mistero hanno animato conferenze e presentazioni. Se da un lato la fantasy più classica reclama l'attenzione degli appassionati, c'è un'altra fetta di lettori che ricerca l'innovazione, la mescolanza di generi, lo sviluppo oltre gli stilemi già impostisi. Viste le premesse, era l'occasione giusta per parlarne: non solo per la mancanza di una voce che rappresentasse la realtà della fantasy, bensì per il programma, con la sua varietà di temi trattati e, soprattutto, con l'incontro con Lucarelli, intitolato Il giallo, il fantastico, il mistero. Lucarelli, infatti, ha evidenziato la necessità di imitare, per quanto possibile, la strada già percorsa dal giallo, quella dell'integrazione tra i vari campi del fantastico, della commistione dei generi, della ricerca di un prodotto nuovo dai confini più ampi. Invece, a parte queste considerazioni, scarsi sono stati i collegamenti tra horror, giallo, fantascienza e fantasy. Credo che sia il momento, per la fantasy classica, di espandersi sia per quanto riguarda le tematiche sia per ciò che concerne le ambientazioni. Oltre tutto, abbiamo un patrimonio artistico e culturale che non fa invidia a nessuno; vengono pubblicati con successo romanzi di scrittori americani che si basano sulla nostra storia. Purtroppo è una scelta che in Italia pare non avere molto seguito, forse non abbiamo ancora il coraggio di osare, o ci manca la convinzione. Perché gli autori italiani preferiscono la fantasy classica, invece di prendere spunto dall'esempio del giallo, o di addentrarsi maggiormente nella ricchezza delle proprie origini? Qual è la strada che la nostra fantasy vuole percorrere? Sono domande cui non è facile dare risposta, ma un minimo di discussione a S. Marino sarebbe stato ben gradito, e per nulla fuori luogo.

Un altro pensiero che non riesco a mettere a tacere riguarda strettamente il fandom, inteso in senso lato. Ho due esperienze diverse alle spalle, mi auguravo di riviverle nel contesto di S. Marino. Alludo alla capacità degli appassionati di amalgamarsi tra loro, di fare gruppo, di scambiare le proprie opinioni e arricchirsi culturalmente. Qualcuno potrebbe obiettare che sto parlando di utopia; è noto quanto sia semplice far sbocciare polemiche nell'ambiente del fantastico. Ma vi assicuro che non è così. Si pensi all'Italcon di Fiuggi: va bene, l'ambito era strettamente fantascientifico, però l'integrazione, lo scambio tra fan di note serie televisive e fan interessati solo alla letteratura c'e' stato, e ha avuto il suo culmine con la sfilata dei costumi. A S. Marino i gruppi erano diversi, e nessuno – se si escludono forse i ragazzi di Dark Entries, che hanno curato le serate con i giochi di ruolo sui vampiri – ha cercato di coinvolgere nella propria sfera gli altri. Non è vero che nel mondo della fantasy questo non sia possibile: ricordo Hobbiton in cui la voglia di prendere in mano una spada e provare e duellare, il desiderio di cantare e danzare al ritmo della musica celtica si riuscivano a stento a trattenere. E questo – le Hobbiton, le Deepcon – non può essere altro che il frutto della passione, una passione viva, spesso travolgente.

Ecco perchè, secondo me, c'è un tarlo che ci sta rovinando: a Saga 2003 è mancata la passione, un po' di “cuore”.