Scampato al massacro del suo villaggio, Artiglio del Falco D’Argento, ultimo degli orosini, è stato addestrato da un misterioso ordine di maghi e spie, il Conclave delle Ombre, diventando, con gli anni, uno degli agenti più abili di quella società segreta, benché la sua unica ragione di vita rimanga la determinazione a vendicare la morte della sua famiglia e della sua gente. Così, dopo aver sconfitto il malvagio Raven e i suoi mercenari, Artiglio è ormai pronto per la missione più importante: raggiungere Roldem – dov’è conosciuto come Tal Hawkins, vincitore del prestigioso Torneo della Corte dei Maestri, che gli è valso il titolo di miglior spadaccino del mondo – infiltrarsi nella corte di Opardum, capitale del ducato di Olasko, e conquistare la fiducia del conte Kaspar, il feroce despota responsabile del genocidio degli orosini, per poi ucciderlo. Ma Kaspar ha alleati molto influenti – come Quentin Havrevulen, l’astuto capitano delle guardie e il negromante Leso Varen, i cui oscuri poteri hanno attirato persino l’attenzione del Conclave – che costringeranno ben presto Artiglio a imboccare sentieri tortuosi e pericolosissimi, cambiando i suoi piani in modo del tutto inatteso...

“Maneggiare con grande cautela”. Solo con queste precauzioni si può affrontare il secondo volume della nuova trilogia di Raymond Feist.

Prima di gettarci nella recensione del nuovo libro dello scrittore americano, è indispensabile che un lettore risponda a questa domanda: “Temo gli spoilers?”. Dove spoiler sono le tantissime informazioni contenute in questo libro relative a tutti i volumi precedenti.

Come già scritto nella recensione de L’Artiglio del Falco d’Argento, ci troviamo di fronte a una trilogia ambientata parecchi anni dopo “La Guerra della Fenditura”. Come sicuramente sanno i molti fan di Feist, dalla prima trilogia è passata moltissima acqua sotto i proverbiali ponti, un intero oceano di avvenimenti, personaggi e colpi di scena. Sono ben quattro le trilogie ancora inedite in Italia e precedenti a questi volumi. Nell’ordine: Serpentwar-Series: Prince of the Blood (1989), The King's Buccaneer (1992);The Empire-Sequence: scritta con Janny Wurts, Daughter of the Empire (1987) Servant of the Empire (1990) Mistress of the Empire (1992); The Serpentwar-Saga: Shadow of a Dark Queen (1994), Rise of a Merchant Prince (1995), Rage of a Demon King (1997), Shards of a Broken Crown (1998); The Riftwar Legacy: Krondor the Betrayal (1998), Krondor: the Assassins (September 1999), Krondor: Tear of the Gods (2000).

Purtroppo Feist lega molto strettamente le saghe tra loro e, in un’ottica di questo tipo, non possono mancare insidiose trappole per i lettori più distratti.

 

Per chi non teme le anticipazioni, o in questo caso i flashback, veniamo al Re delle Volpi.

La narrazione è scorrevole e piacevole, equilibrata nelle sue componenti di azione e riflessione. I pregi di questo libro però terminano qui. Un deciso passo indietro rispetto al primo volume "Artiglio del Falco d'Argento". Rispetto alla prima trilogia, che tanto aveva appassionato i lettori italiani, questo libro possiede solo uno spento riflesso dei fasti di un tempo. I personaggi interessanti si contano sulla punta delle dita di una mano. Artiglio, Kaspar e le comparsate di Pug & Co. non sono sufficienti a rendere avvincente un libro che sembra mancare di profondità. Tutta la trama si regge sulla vendetta del protagonista nei confronti dei massacratori del suo popolo, con in sottofondo una misteriosa minaccia che perde di ogni significato, visto che non siamo a conoscenza degli avvenimenti dei dodici libri precedenti.

La sensazione generale emersa alla fine della lettura è di delusione. Dov’è finita la complessità e l’intrigo de Il Signore della Magia? Dove sono i personaggi avvincenti e le invenzioni brillanti dei libri scritti venti anni fa? Sicuramente non in queste pagine. Non è sempre giusto valutare un nuovo romanzo in base ai precedenti, ma le aspettative si creano... Se il primo volume poteva intrigare gli amanti dei romanzi di formazione, “Il re delle Volpi” dovrà cercare amanti di altro genere. Non so però quali.

Alcune ambientazioni tipiche del cappa e spada risvegliano la trama di tanto in tanto. La fuga da una prigione infernale che sa tanto di Alexandre Dumas, oppure la (lenta) pianificazione della vendetta, ecc... concedono al lettore qualche isolato brivido.

Tutto questo però non basta a fare un buon libro. Alcuni episodi cruciali sembrano accadere per caso e in poche pagine si risolvono problemi insormontabili, semplicemente abbozzando le soluzioni.

Le pagine scorrono pigramente in attesa di una scossa che non arriva mai. Tutto ciò che accade è terribilmente prevedibile e l’ultima parte del libro è una stilettata. Sorvolando sulla ridicola guarigione di uno dei protagonisti (di più non dico), ci sono alcune pagine dove uno dei personaggi riassume sostanzialmente tutto ciò che d’importante avviene in tutte le saghe precedenti. Ovviamente Feist non ne ha colpa, ma per noi poveri lettori è uno shock.

Tornando alla sostanza di questo volume, in poche pagine l’autore ci apparecchia il “gran finale”, i pezzi vanno a posto alla meno peggio, i tradimenti si fanno e si disfano e c’è spazio per tutto il resto: buonismo, vendetta, mistero e apertura verso il prossimo volume mescolati senza troppa convinzione e banalmente scontati.

Onestamente, vista anche la conclusione di questo secondo volume, temo il prossimo libro. Non ho la più pallida idea di come Feist riuscirà a creare altre pagine da una storia che sembra non avere più nulla da dire.

Sono stato molto tentato di dare una sola stella al “Re delle Volpi”, ma la prosa di Feist rimane molto scorrevole e piacevole, sebbene i contenuti non siano assolutamente all’altezza della sua fama.

Due stelle con grande riserva.