Harry, come al solito, sta a casa degli zii, ma il suo comportamento sin dall’inizio è stranamente ribelle. L’odiosa sorella di zio Vernon commette l’errore di parlare male dei genitori di Harry, che infuriato non controlla i propri poteri e senza l’aiuto di una bacchetta magica, la gonfia come una zampogna. Più leggera dell’aria, la zia se ne vola via e Harry si ribella apertamente allo zio, fa le valige e si incammina nella notte diretto al Paiolo magico.

Il magico autobus ‘nottetempo’, invisibile per i ‘babbani’ e dalle comode capacità di evitare il traffico, lo salva da uno sgradito incontro con una bestia a metà fra un cane e un lupo, dall’aspetto poco rassicurante, e sfrecciando a folle velocità conduce il giovane mago alla taverna.

Cominciano così le nuove avventure cinematografiche di Harry, che si trova al terzo anno di Hogwart, la scuola per maghi e streghe. Alla taverna magica Harry parla con il ministro della magia, in questo film accomodante e comprensivo come non è possibile trovare nel libro, e rincontra Hermione, Ron e tutta la famiglia Weasley. Il signor Wensley lo mette in guardia riguardo Sirius Black, pericoloso criminale recluso per dodici anni nella prigione di Azkaban, e ora evaso. Sirius è sulle tracce di Harry: anni prima ha tradito i genitori di Harry, consegnandoli a Colui che non deve essere nominato, e ora è tornato per completare l’opera lasciata a metà: è tornato per uccidere Harry.

I guardiani della prigione di Azkaban sono sulle tracce dell’evaso, Harry fa la conoscenza di uno di loro sull’espresso che conduce alla scuola. I dissennatori sono creature malvage che si nutrono di ricordi piacevoli e di emozioni intense, e sembrano trovare particolarmente appetitosi i ricordi di Harry. Così il giovane mago incontra per la prima volta una creatura che gli incute un timore ancora più grande di quello che nutre per Voldemort. Solo l’intervento di Remus Lupin, nuovo professore di difesa contro le arti oscure, salva il giovane mago da una brutta fine.

Il terzo episodio è caratterizzato dal passaggio del testimone da Columbus a Cuaron. La differenza c’è e si vede: le immagini sono grandiose ma al contempo donano al film una senzazione di limitatezza, di claustrofobica riduzione degli spazi. I precedenti episodi erano caratterizzati da ampio respiro, trasmettevano l’illusione di un mondo ricchissimo che si muoveva sullo sfondo delle gesta del nostro piccolo eroe. Non altrettanto si può dire del Prigioniero di Azkaban.

Formalmente e tecnicamente ben confezionato e ben girato, pare essere il più lungo dei tre, anche se in effetti sono stati impiegati meno metri di pellicola (141 minuti per il Prigioniero, contro i 152 della Pietra filosofale e i 160 della Camera dei segreti ). Splendida fotografia di Michael Seresin, convincenti gli effetti speciali (bellissimo il volo dell’ippogrifo, ma terribile la citazione da Titanic, con l’Harry/Di Caprio a braccia spalancate in volo sul pelo dell’acqua), buono il montaggio di Steven Weisberg.

Dipenderà dalla mancanza di un vero antagonista per Harry -il mortale nemico Voldemort non compare mai e viene sostituito dalle terribili guardie della prigione di Azkaban - dal grande lavoro sulla sceneggiatura, ma questo pare essere un episodio di transizione (sappiamo che il quarto è già in lavorazione).

La vicenda è ridotta all’osso, sfrondata di tutto ciò che non è funzionale all’intreccio. Il Quidditch viene mostrato solo perché attinente allo sviluppo; gli interni del castello lasciano il posto agli splendidi esterni che in precedenza non si erano mai visti; le sale di Hogwarts sembrano abitate da fantasmi (in realtà lo sono, ma ai fantasmi veri si aggiungono gli spettri degli studenti).

Il sole fa capolino raramente sui tetti di Hogwart, flagellati dalla pioggia o coperti di neve (memorabile la partita di Quidditch che si svolge nel corso di una tempesta), e il mutare delle condizioni metereologiche è l’unico segnale del trascorrere del tempo (insieme alla repentina germogliazione e sfogliazione del platano picchiatore). Pare che tutta l’avventura del giovane mago si consumi in qualche giorno e non durante l’intero anno scolastico, eppure il tempo gioca un ruolo fondamentale nell’epilogo della vicenda.

Il lavoro sulla sceneggiatura la rende essenziale e, in alcuni passaggi, difficilmenete comprensibile. Le colpevoli omissioni rispetto al romanzo plot possono provocare disorientamento negli spettatori che certamente si chiederanno ragione si alcuni inspiegabili comportamenti. Nulla deve turbare la corsa di Cuaron verso il frenetico epilogo.

Harry ha tredici anni, ma nel film l’opera di scavo psicologico è solo accennata. A parte una vocazione più accentuata alla ribellione, non esistono differenze tra l’Harry del primo film (undici anni) e l’Harry del terzo anno. Diversi invece gli altri personaggi: Draco Malfoy viene trasformato in una sorta di velenosa donnicciola, sempre incline allo scherno, ma curiosamente pavido di fronte alle reazioni di Hermione; Silente ha caratteristiche diverse da quello che abbiamo conosciuto, né potrebbe essere in altro modo, considerato che Gambon ha presso il posto dello scomparso Harris e molto ha messo di suo nell'interpretazione del preside; la professoressa Mc Grannit fa una fugace apparizione; il professor Piton subisce per tutto il film e si trasforma quasi in una vittima.

Oldman, nel ruolo di Sirius Black, fa il suo lavoro; bravo David Thewlis come professor Lupin e divertente Emma Thompson nelle vesti della veggente (ma molto diversa da quella descritta dalla Rowling); praticamente inesistente Julie Christie.

Una buona prova, anche se forse non all’altezza di tutte le aspettative.