Sirene vive! Bruno capì, finalmente, il vero motivo di quella spedizione. Fino a quel momento Giulio era stato particolarmente avaro di dettagli. Non era una novità, del resto. Molte volte avevano ‘lavorato’ insieme: al recupero di relitti di navi onerarie sui fondali di Gerba, sfidando le autorità tunisine, o a caccia di urne ellenistiche - una in particolare non poteva dimenticarla, l’avevano tirata su tra mille insidie e venduta di frodo a quel facoltoso collezionista inglese. E tutte le volte Giulio si appellava all’esperienza subacquea di Bruno, lo lusingava, lo irretiva con promesse di guadagni facili e spropositati, eludendo, almeno fin a quando gli era possibile, ogni tipo di chiarimento sul vero oggetto delle sue ricerche: “Non posso dirti tutto,ora. Prendere o lasciare. Sappi che l’occasione è molto redditizia. Neanche pericolosa, forse”. Sirene vive. Questa volta Giulio aveva superato se stesso.

- Io non sarò pagato - ringhiò infine Stavros, senza più traccia di ironia nella voce. - Voglio essere socio in questo affare. Tutto sarà diviso in tre.

- Vuoi scherzare? - ribatté Giulio, che apparve però già più sollevato. - Con le spese che ho avuto? Attrezzature, noleggio del caicco, spostamenti...

- E io ti consegno una sirena viva. Prendere o lasciare.

Poco dopo, la torcia del greco si allontanò oscillando nel buio, oltre l’imboccatura della caverna.

Il giorno dopo i due amici si alzarono prima dell’alba. L’attrezzatura doveva essere stivata nei borsoni e depositata sul molo. Non sarebbero partiti col caicco che avevano noleggiato, ma con la barca di Stavros.

- Gli ‘altri’ penseranno che vi accompagni a una battuta di pesca e non ci saranno problemi - aveva tagliato corto il greco, col tono di chi non ammette repliche.

Quattro coppie di bibombole furono trasportate sul porticciolo. Nelle borse furono nascosti i fucili, le reti, le torce subacquee, centinaia di metri di corda e svariate scatole dei misteriosi puntali di frecce che solo in quell’occasione Giulio si decise, con riluttanza, a mostrare all’amico. Si trattava di un forte sedativo, usato, di solito, per catturare animali selvaggi.

Il sole era appena sorto, quando l’imbarcazione con i tre uomini a bordo filava spedita oltre i faraglioni di roccia scura che proteggevano il piccolo porto. Costeggiarono la parte scoscesa dell’isola fino alla punta estrema, dove la montagna scalata la notte precedente precipitava quasi verticalmente nel blu profondo. A quel punto la barca di Stavros virò decisamente a angolo retto inoltrandosi verso il mare aperto. Navigarono così per più di due ore. Ogni tanto Stavros, immobile e silenzioso al timone, si voltava verso il profilo della montagna sempre meno nitido all’orizzonte, come per controllare l’allineamento della sua rotta. Era solo la sicurezza di quel gesto che tratteneva i due amici dal chiedere al greco se davvero sapesse dove stessero andando.

La risposta, comunque, arrivò. Improvvisamente. La barca stava rollando sul culmine di un’onda più alta delle altre, quando videro profilarsi davanti a loro una lunga groppa scura.

Rocce. Tondeggianti, levigate, di un grigio plumbeo lucente per l’acqua che le bagnava fin quasi alla sommità , erano serrate in un blocco monolitico che emergeva una dozzina di metri dal livello del mare ma si estendeva per più di mezzo chilometro.

- Kunopetra, - mormorò Stavros, quasi in reverente contemplazione, - dove il mare corre intorno senza mai fermarsi...

Bruno si sdraiò a prua, commosso e turbato insieme da quella solitaria scogliera, dalla sua inquietante commistione di suggestioni monumentali e animali. Le rocce monolitiche si ergevano funeree da un mare che sembrava profondissimo ma, allo stesso tempo, il vorticare continuo di acqua lungo i fianchi creava l’illusione di un movimento pulsante e serpeggiante. Kunopetra: la pietra che si muove.

Si voltò indietro: lontano, sul filo dell’orizzonte, vide la sagoma scura della montagna. Per un attimo ebbe la certezza che l’imboccatura della caverna dove giacevano i tre sarcofagi si allineasse perfettamente con la groppa di quell’isolotto sperduto.

- Scarichiamo là! - ordinò Stavros, indicando l’unico punto in cui un grosso masso scendeva con una inclinazione piuttosto dolce nelle acque buie. Ancorata la barca, con un veloce passamano tutte le attrezzature furono trasportate sulla sommità di quel piano inclinato.