L’allegra compagnia del sogno di James Ballard è uscito per la prima volta in Inghilterra nel 1979. In Italia viene pubblicato solo ora. Il romanzo narra la delirante avventura del giovane Blake. Ballard impiega il breve elenco di alcune ampie nefandezze per dirci subito che il protagonista del racconto è un disadattato e uno psicotico. Ecco il giovane Blake abbandonare la propria vocazione ecclesiastica per mettersi a scrivere libri pornografici. Visto il segreto legame fra il sesso e il volo, nessun freudiano si stupirà di sapere che il suo sogno segreto è di divenire un pilota d’aerei.

Così un bel giorno si fa assumere in un aeroporto, ruba un aereo e, mentre sorvola l’amabile sobborgo di Shepperton, precipita. Rimane dieci minti sott’acqua, ma ne riemerge vivo. Estremamente vivo: è diventato un dio. Comincia a sognare. Nei suoi sogni diventa un enorme uccello e trasforma tutti gli abitanti di Shepperton in volatili. Sogna il secondo elemento: tutti pesci. Poi tocca agli animali della terra. Blake si identifica con il cuore pulsante della natura.

È un dio pagano e famelico d’amore, che vuole unirsi carnalmente e misticamente con tutti gli abitanti del paesino. E quanto farà, senza fare distinzioni di sesso ed età, contemplando nei propri appetiti minerali, animali e vegetali, malati e gagliardi. Farà di più: in un finale, libidico sacrificio di sé, donerà ai suoi adoratori la propria vita eterna. Questo assurdo apologo religioso in chiave grottesca è opera di uno dei più grandi scrittori di fantascienza e di fantastico del mondo.

Un lavoro stravagante e eccentrico, sebbene pienamente ascrivibile alla sfera più genuina delle tematiche ballardiane. Ballard, infatti, si inserisce nella storia del genere fantascientifico, rompendo le consuetudini del genere stesso: non gli interessano spazi esterni e oggettivi, reali o fantasiosi che siano; il mondo che Ballard esplora è quello interno, dell’anima. I suoi strumenti sono sì scientifici, ma la scienza è quella nata dal gabinetto della psicanalisi, ed esperita nei laboratori letterari del surrealismo. È Ballard stesso a rendere noti questi debiti. In particolare, è per lui fondamentale l’esperienza e l’ammaestramento di William Burroughs.

Ballard ha alle spalle la distorta epica psichedelica, l’armamentario di lapsus, cut up, giochi di parole, provocazioni psichiche congegnate dal maestro beatnik al fine di rivelare e mettere a nudo le profondità più torbide e spaventose dell’inconscio. Quando Burroughs scrive il Pasto nudo (nudo, appunto), la rottura è totalmente consumata: Kerouac, che ha scelto per il romanzo del compagno di lavoro questo titolo, sa che il mestiere dello scrittore è mettere in rilievo la parte più cruda delle cose; lo scrittore è per lui uno che guarda in faccia quello che mangia, buono o cattivo, profumato o disgustoso che sia questo nutrimento.

In effetti nessuno ha mai detto che l’anima sia una farfallina gentile. Sant’Antonio aveva più a che fare con demoni ributtanti e cattivi odori, che con angeli; perfino le bellissime e volatili visioni di Paolo di Tarso lasciavano sconvolto più che edificato il loro attore. Ballard non è un mistico, ma fa il suo serio lavoro e va fino in fondo. Esplora se stesso, si scarnifica e rivolta. Quello che trova è il nudo e il crudo della propria natura e dei propri desideri: un mostro, insomma. Scopre, con Freud, la propria sessualità e il mostruoso, concretistico, modo di concepirla.

Ballard inventa un dio che non ce la fa più a essere tale. Un dio che, in luogo di godere e far godere, deve cristianamente convertire, sanare, crescere e moltiplicarsi. È la differenza fra il libidinoso e sterile Dioniso, e l’algida, ma socialmente produttiva agape dei cristiani. Ballard osserva se stesso in tutta la propria nudità e scopre l’impossibilità di una innocenza divina per sempre perduta, divenuta perversione sessuale e cattivi odori, sporcizia e crimine maniacale. È la fine di quello stato eterno di libertà e felicità umana che la cultura e la civiltà hanno trasformato in un eterno sogno impossibile, in generale, e che, nello specifico della nostra storia recente, coincide con il grande sogno, suicidatosi negli anni Ottanta, dell’era hippy e contestataria, del sesso libero e della liberazione dell’uomo.

L’allegra compagnia del sogno è insieme un libro importante e un affare integralmente disgustoso. Trascinati dalla corrosiva ironia, dal fascino enorme del suo linguaggio, dalle ridanciane e ossessive provocazioni seguiamo Ballard fino a provare orrore di noi stessi. Leggere L’allegra compagnia del sogno potrebbe significare mettere alla prova la capacità di guardare le proprie disgustose e frustate interiorità. Perché in Italia il romanzo di Ballard è uscito con quasi trenta anni di ritardo?

Forse, ai tempi, qualcuno dubitava che la nostra cultura fosse capace di tanto coraggio introspettivo. Ora, nella società del quotidiano e spettacolare orrore globale, questa aberrazione, rimossa, ritorna incontrollata e normale al punto tale da lasciarci indifferenti e complici. E, certo, questo libro, troppo preoccupato a provocare, ideato attorno a un personaggio che non riesce a creare identificazione, nel suo sfoggio brillante di effetti psicotici speciali, non è più in grado di impressionare la nostra assuefazione al delirio.