A raccontarci la fiaba (o la leggenda?) di questo matrimonio principesco è Lusik, un bardo.

Il mondo è diviso in cinque zone. Ogni zona è retta da un re, ma il vero, misterioso governo della terra è in mano ai Tutori che comunicano i loro voleri attraverso messaggi affidati a chiunque. Chi siano nessuno lo sa. Rimane abbastanza sconosciuto pure il povero e selvaggio regno numero Cinque. Massima reticenza soprattutto sulla zona Uno e Due. I nostri protagonisti sono la regina della zona Tre, Al-Ith, e il re della zona Quattro, Ben Ata.

La zona Tre è collocata nell’invidiabile posizione di un incantevole altopiano dal clima rarefatto. Qui si è sviluppata una società pastorale, egualitaria e matriarcale, dove domina la volontà della coscienza collettiva, una forte e prospera economia comunistica, e dove ogni individuo sviluppa robuste propensioni magiche, compresa la capacità di parlare con gli animali.

Ben Ata, invece, è il monarca assoluto della zona Quattro, un regno militare. È un re feroce e selvaggio, un guerriero che governa un popolo di soldati che, però, non è impegnato in nessuna guerra.

Questo mondo, nel complesso, gode di un equilibrio precario, che comincia appena a essere incrinato dall’insorgere di un calo demografico degli uomini e degli animali dovuto alla tristezza. Forse è per ristabilire l’armonia in crisi che i Tutori hanno deciso il matrimonio fra il rozzo e violento Ben Ata e la magica e spirituale Al-Ith.

Questa è la storia di un pacifico matrimonio.

 

Un pacifico matrimonio (The Marriages Between Zones Three, Four and Five) è il secondo volume della pentalogia Canopus in Argos: Archives del premio Nobel 2007 Doris Lessing.

Inutile dire che la Lessing è soprattutto famosa presso il grande pubblico come scrittrice impegnata su tematiche femministe ed ecologiste, autrice mainstream raffinata e colta.

Più utile è qui ricordare che la grandezza della Lessing consiste nel coraggio e nella perizia con la quale ha esplorato ogni campo della scrittura, valutando la distinzione fra generi e mezzi obsoleta e fuorviante. Si è dedicata alla scrittura di fumetti e ha ispirato due libretti d’opera al fondatore della musica minimalista Philip Glass. Ha scritto, inoltre, fantastico e fantasy.

La Lessing, anzi, non ha mai fatto mistero di reputare la sua opera migliore proprio Un pacifico matrimonio, di cui è lei stessa a chiedersi cosa sia, a quale genere appartiene: “qualcosa accadde quando scrissi il romanzo. Ho toccato un’altra corda. Si tratta di leggenda o mito, oppure favola o fantasy?”.

Forse, prima di tutto, il romanzo è il racconto di come Lusik ha raccontato un fatto vero (almeno per l’anima) pronto a divenire leggenda, mito, favola, fantasy o varie contaminazioni successive.

Cosa sarebbe allora questo fatto vero per l’anima?

Il matrimonio. L’unione, in una realtà che ragiona dualisticamente (bianco opposto a nero; buono contro cattivo), è una delle metafore salvifiche di più forte presa sulla nostra immaginazione. Quando due opposti si toccano nulla è dato per scontato. Un elemento può sopraffare l’altro, o si possono elidere a vicenda; più semplicemente si respingono. Quella di unire i contrari, come sanno gli alchimisti, è un’arte complicata, in cui occorre adoperare misura e pazienza.

Quando Al-Ith e Ben Ata si incontrano per il loro matrimonio combinato non sono accompagnati da sentimenti sereni. Al-Ith trova il marito rozzo, violento, brutale. Del resto Ben Ata trova l’ elegante consorte completamente priva di fascino, quasi maschile, spocchiosa e arrogante. Lei prova orrore per la passionalità dell’uomo, per la sua gelosia e concretezza. Lui per la magia e la sessualità promiscua della regina. Al-Ith gli rimprovera di essere incapace nell’arte di amare. Lui le rimprovera di essere incapace d’amare. “Va bene, allora, per voi cosa vuol dire amore?” gli chiede Ben Ata. Risponde Al-Ith: “Non le diamo un significato preciso. Per noi significa passare del tempo con un’altra persona.”

Per Ben Ata l’amore è un breve atto carnale, per Al-Ith un impegno sociale. Insieme scopriranno che è molto di più. L’amore, insegna Socrate, serve per produrre cose belle.

È quanto succede grazie all’amore fra i due. Le loro culture si mescolano. Le donne della zona Quattro, da sempre sottomesse, incarnate da Dabeeb, donna della corte di Ben Ata, cominciano a intravedere un altro modo di vivere la propria femminilità; la tradizione guerriera si sgretola e l’esercito viene smontato. La soddisfazione e la sazietà che fanno vivere nel ristagno di un grosso materialismo spirituale la zona Tre viene messa in discussione e i sudditi del regno vengono chiamati alla responsabilità individuale.

E a questo punto che la Lessing, seguendo quegli insegnamenti sufi che recuperano le gerarchie spirituali del neoplatonismo, complica tutto introducendo un terzo matrimonio.

I Tutori combinano un matrimonio fra Ben Ata e la regina, più che selvaggia, della zona Cinque, Vahshi. Il piano dei Tutori è ampio. La realtà, infatti, è costituita dall’evanescenza continua di molti e diversi contrari e, solo da un gran numero di poligamiche fusioni può nascere la risoluzione a tutte le compromettenti conseguenze della separazione in zone. Solo unendo tutti i contrari possibili è possibile creare una realtà sempre più complessa, in cui a ogni individuo viene data la possibilità e la libertà di occupare la zona (psichica) che maggiormente lo rappresenta, camminando sull’ipotetica scala di perfezione che conduce dalla zona Cinque alla zona Uno. Camminando, sia ben inteso, come fa Al-Ith, che entra nella zona Due con  solo un passo al giorno.

 

La Lessing è un’europea nata in Persia e vissuta in Africa. Conosce il nostro tempo frenetico come l’indistinto della cultura ismaelita. Ha osservato, piccolina, le stelle delle Rhodesia del Sud (Zimbabwe) dove ha contemplato la veste millenaria dell’attimo presente.

La Lessing sa che ogni cosa, per essere se stessa, deve conoscere l’altro e superarsi. Per dirci questo ha scritto un libro in cui tanti generi ne fanno uno nuovo: “ I miei romanzi sono proiezioni immaginarie, utopie nel vero senso della parola, collegate più a Thomas Moore e a Platone che a Orwell e Huxley. Sono delle favole intessute di ciò che accade oggi.”

 

La Lessing, nonostante il suo racconto possa inizialmente respingere il lettore a causa di un certo tono prolisso speso per una materia non ricca di avvenimenti, riesce in questa operazione difficilissima e precaria utilizzando le risorse di una lingua ampia, distesa, ipnotica che cattura il lettore in un mondo in cui ogni racconto, accuratamente raccolto negli “Archivi di Canopus”, è passibile di ogni sviluppo immaginabile, in cui all’immaginazione è concesso lo spazio libero per navigare nei vuoti lasciati dalla narratrice (chi sono i Tutori? Perché il cibo compare miracolosamente solo nella stanza regale?), fino ad assumere la visuale del bardo che racconta le storie e, raccontandole, come dice Lusik, diventa quelle cose.