I vicini sulle scale, i nonni nell’ingresso, i cugini sul tappeto... la povera Lucilla non ce la faceva più. Era stufa della folla, animale e umana. Aveva proprio bisogno di restare sola. Ma tutti volevano farle domande e capì che non avrebbe potuto dare nessuna risposta senza prima raccontare la storia da cima a fondo.

Tutto si fece più sereno quando incontrò nella mischia gli occhi preoccupati della mamma. Vide la rabbia, la paura e la gioia nel suo sguardo, e si lasciò sgridare e coccolare mentre tutti continuavano ad attorniarla e a farle domande.

Poi la folla cominciò a scemare. I carabinieri, i curiosi, i vicini, i parenti... e il babbo, dopo la prevedibile sfuriata, incrociò le mani dietro la schiena e si mise  a fissare al di là della finestra.

– Avevi ragione, mamma – le confessò quando rimasero finalmente sole. – Avrei davvero fatto meglio a non entrare nella pancia del drago. Ci sono un sacco di pericoli. Se fossi rimasta con la testa nel buco, per esempio, sarei soffocata. Ti prometto che non farò più una cosa del genere.

– Brava Lucilla. Adesso sì che sei tornata la mia brava bambina.

– Però devi sapere una cosa. – La mamma la guardò di traverso e lasciò che proseguisse. – Il drago che ho incontrato non era poi così cattivo e la pancia in cui sono caduta non era tanto brutta. Grazie ai miei nuovi amici ho capito che certi animali è meglio lasciarli nei posti in cui nascono e non costringerli a stare con noi per un capriccio che poi passerà e ce li farà abbandonare chissà dove.

– Bene Lucilla – ribatté la mamma. – Vedo che quest’esperienza ti è stata di lezione per due motivi.

– Per tre mamma.

– E quale sarebbe il terzo?

– Le oasi sarebbe meglio farle subito nella testa, così si fatica meno. – La mamma parve smarrita. – Però i maghi che spazzano via quelle che già ci sono, sono proprio cattivi.

– Hai proprio ragione – rispose la mamma, senz’aver compreso bene l’ultimo discorso. – Ma ora, la testa, vedi di metterla un po’ sul cuscino, visto che hai durato tanta fatica.

– Magari... – concluse Lucilla. – Non sai quanti recinti devo tirar su stanotte...