1

Il guardiano della muta

Nel settimo anello, l'anello “proibito”, il vento era incontrollabile, e non era possibile capire da quale direzione provenisse.

– È uno degli accorgimenti della Coda dello Scorpione per confondere i viandanti, – disse Scintillante a Michele. I due procedevano in fondo al gruppo.

Fin dai primi passi si verificarono dei cambiamenti. I parassiti sembravano intimoriti e rimanevano sopra il loro Mnis in atteggiamento guardingo, di attesa. I bambini, invece, guidavano la spedizione camminando con grande sicurezza, come se procedessero su sentieri conosciuti.

– Eri mai entrato nel settimo anello?

Il Generale scosse il capo quasi impercettibilmente. – Ma non deve saperlo nessuno, altrimenti ci abbandonano.

Muri di nebbia si alzavano tutt'intorno. L'impressione era che celassero gole profonde e pareti invalicabili, e che si stesse procedendo su uno stretto sentiero in mezzo al nulla. L'unico rumore che riusciva a tratti a sovrastare il vento era un gorgogliare impetuoso, proveniente da un punto imprecisato alla loro destra; il fiume si era fatto adolescente, e adesso doveva somigliare a un torrente impetuoso.

Poi c'erano le voci.

Hai visto che è un bugiardo?

Denuncialo ai Mnis Perduti.

Di' loro che ha mentito.

Michele rallentò il passo, lasciando andare avanti l'Uomo Scintillante. Quando fu distante un paio di metri, girò il viso verso destra e urlò. – Lasciatemi stare! Andate via, via!

Per un istante gli parve che le voci si moltiplicassero. S'immaginò di essere sul ciglio della piazza di Vallascosa, davanti alla chiesa, la mattina della festa patronale. Le voci che sentiva erano i bisbigli della folla che usciva dalla messa e si riuniva intorno ai banchetti del rinfresco. Quelle voci non erano lui. Quelle voci appartenevano a estranei. Solo lui poteva decidere chi fermare, chi ascoltare.

Poco dopo tornò da Scintillante, più calmo.

– Senti le voci, soldato?

Michele annuì. Non poteva nasconderglielo.

– È naturale. Siamo vicinissimi alla sorgente, dove esse hanno origine. Ricordati sempre del mio consiglio.

– Qui le voci si ammassano una sull'altra, come una folla.

Segui i Mnis Perduti.

Ti porteranno al varco che risale a Valframés.

Michele strinse i denti.

– Quando ci approssimeremo alla fine del Tunnel, esse scemeranno fino a scomparire. E ci sarà un silenzio che ti farà rimpiangere la confusione di rumori in cui siamo immersi ora.

Come riuscivano a parlare così bene nonostante il fragore del vento?, si chiese Michele. Era come se comunicassero telepaticamente. Ricordò le parole del suo compagno. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare.

– Per quale motivo il settimo anello è detto l'“anello proibito”?

– Prima che finisse la muta era impossibile entrare qua dentro. Il vento impediva qualsiasi tentativo di incursione, e chi provava veniva respinto da un'orribile voce gracchiante, capace di condurre alla pazzia. Ora il vento si è confuso, e la voce gracchiante è scomparsa.

La Madama Gracchiante, ricordò Michele.

– È da questo anello che arrivano i Mnis Solitari, anche se non sanno raccontare che cosa hanno visto,– continuò Scintillante. – Nessuno conosce fino in fondo i segreti che racchiude, anche se si possono fare congetture, soprattutto alla luce degli ultimi eventi. E nessuno sa se è abitato o deserto.

– Tu sapevi queste cose prima che iniziassimo il nostro cammino…

– La mia intenzione era quella di superare il Tunnel a volo insieme alla poiana fantasma, e scendere direttamente nell'ottavo anello, all'uscita del Tunnel, dove inizia la Coda dello Scorpione. Ora in parte comprendo come mai la poiana ci ha lasciati all'ingresso del Tunnel. Se davvero si è aperto un varco verso la Terra–che–sta–oltre–i–cieli…

– L'hai capito leggendo la lettera di mio padre, non è vero?

– In parte sì. Se quello che sembra essere il fantasma dell'antico Re delle Poiane ci ha lasciato all'ingresso del Tunnel, deve esserci qualche altro motivo, più profondo. Egli è il Portatore di Luce, e sa discernere le voci, sa vedere in mezzo e oltre la confusione in cui ci troviamo immersi.

– Quale delle due poiane è destinata a regnare?

Il Generale non rispose, e non disse altro. Nonostante fosse diventato più aperto, Michele intuiva che il suo umore si andava incupendo e la sua energia scemava. Le scintille che un tempo sprizzavano nel raggio di due metri, investendo chi gli stava vicino di una frizzante energia, si erano spente appena entrati nel settimo anello. Rimaneva la sottile patina arancione che ne delineava la sagoma, quella che per Michele era la sua pelle, dando vita a un corpo magro e malfermo sulle gambe. Sembrava un vecchio alla fine dei suoi giorni.

– Forse troveremo qualche casa, e magari una Camera Rigenerante,– disse Michele.

– Sei diventato pazzo? Lasciami stare! Stammi lontano! – urlò l'altro, scostandolo malamente.

Michele si rese conto che le parole usate dall'anima per allontanarlo erano simili a quelle che aveva urlato lui nel vento, per scacciare le voci. Pochi minuti dopo Scintillante lo raggiunse e si scusò, ma continuò a tenersi a distanza, e il suo passo si fece più incerto.

*

Quando erano entrati nei precedenti anelli, la nebbia, fitta all'ingresso, si era diradata col passare dei minuti. Gli anelli caratterizzati da una bolla presentavano la visuale sgombra fin dall'inizio. Il settimo anello faceva eccezione. Passavano le ore, il cammino era sempre più impervio, eppure la nebbia non cedeva il passo. Una spessa matassa grigia circondava i viandanti, lasciando soltanto intuire un paesaggio roccioso e impervio. Michele aveva chiesto a Scintillante come mai non seguissero il cammino del fiume, per orientarsi meglio. L'altro aveva scosso la testa, dicendo che stare troppo vicino al fiume poteva essere pericoloso. C'era il rischio di inciampare e cadere in acqua, e a giudicare dal rumore che arrivava fin lì, non sarebbe stata un'esperienza consigliabile. Inoltre i Mnis Perduti avevano ormai fiutato la traccia; le voci li guidavano con mano sicura verso la loro meta. Perché disturbare un meccanismo che ora funzionava così bene?

Michele osservava i Mnis Perduti. Nel giro di poche ore, dall'ingresso nel settimo anello, erano cambiati tantissimo. I rapporti di forza si erano invertiti. Bastava osservare Turo ed Tracimante, i due che conosceva meglio. Il parassita di Tracimante aveva preso un colore rosa scuro, malaticcio, e se ne stava acciambellato sulle spalle del suo Mnis, con un'aria di sofferenza. Quello di Turo si era fatto ancor più secco, e i lineamenti esprimevano un'angoscia e un tormento interiore che fino a quel momento aveva sempre tenuto celati. I due Mnis procedevano spediti, guidando il gruppo che si snodava in fila indiana; sorridevano e avevano negli occhi un'espressione trasognata. Quando incontravano un bivio si guardavano tra loro, annuivano, e prendevano sicuri una delle direzioni.

Non avevano bisogno di parlare per capirsi, e la natura scontrosa e solitaria che li aveva sempre caratterizzati era un lontano ricordo.

*

Da ormai dieci ore camminavano senza sosta. I Mnis Perduti continuavano a procedere avanti, senza esitazioni. Non si capiva che ora fosse del giorno; la luce continuava a essere del colore del cemento. La strada accidentata, la nebbia perenne, il vento che spirava da ogni dove. Tutto questo avrebbe dovuto sfiancare Michele. Ma un'energia diversa, che veniva da dentro, lo sosteneva. La stessa energia che aveva usato per combattere le voci.

A un tratto l'Uomo Scintillante si arrestò. Crollò seduto su un lastrone di pietra di fianco al sentiero. Michele lo fissò in faccia, sgomento. La maschera dell'anima non lasciava trapelare nessuna emozione, se non la stanchezza. La colonna dei Mnis Perduti, più avanti, stava quasi per sparire nella nebbia, incurante dell'accaduto.

– Fermatevi! – gridò Michele.

Nonostante il fragore del vento, lo udirono. L'ultimo della fila, il cui parassita assomigliava a un gatto randagio aggrappato con le unghie alla schiena del suo Mnis, si voltò a guardarlo. Il parassita non disse nulla, ma Michele intuì l'espressione interrogativa e anche un po' contrariata sul viso del bambino.

– Dobbiamo fare una sosta, soldato,– disse Scintillante, con un filo di voce che si perse nel vento.

Michele raggiunse i Mnis Perduti e chiese loro di fermarsi qualche ora. Avevano tutti bisogno di mangiare e riposarsi, non si rendevano conto? Non fece cenno alla stanchezza mortale del suo compagno. I Mnis Perduti si consultarono, poi insieme guardarono verso la direzione del cammino, con aria assorta; stavano ascoltando il parere delle voci. Alla fine accettarono la sosta, per timore che in effetti senza cibo e senza riposo le loro forze avrebbero potuto cedere, costringendoli a un ritardo ancora maggiore.

Arretrarono di un centinaio di metri, dove avevano visto una spianata riparata da una gola, e si accamparono. Il fiume ruggiva vicino, in fondo a un crepaccio. In tutte le direzioni si scorgeva solo nebbia.

L'Uomo Scintillante fu fatto distendere sotto una coperta. I suoi occhi verdi rimanevano aperti, ed erano carichi di angoscia e di fatica. Michele più volte provò a rivolgergli la parola, senza ottenere risposta.

Turo del primo anello si avvicinò e si chinò a guardare il Generale più da vicino.

– Cosa gli è successo? – chiese il parassita. La sua voce era fievole e aveva perso tutta la sua astiosità.

– Non lo so,– disse Michele.

Il Mnis fissava l'anima distesa come se non la vedesse realmente, continuando a sorridere.

– Forse è la vicinanza con il varco. Forse anche lui ha cominciato a sentire le voci.

Michele scosse la testa. – Loro non le sentono, le voci. Dev'essere qualcos'altro.

– Gli manca un bagno di colori?

Michele annuì.

Gli occhi di Scintillante si girarono a guardarlo. Poi guardò quel che rimaneva del parassita. – No,– sussurrò semplicemente. – Non è questo,– ripeté.

– Io lo so cosa sente,– disse un altro parassita che si era avvicinato. L'avevano incontrato nel sesto anello, ed era l'ultimo ad essersi aggregato alla comitiva. Il bambino che lo sosteneva era albino e, unico tra tutti, non sorrideva mai.

– Come puoi saperlo?

– Prima di partire ho avuto notizie dalla Città. Le Reiette hanno preso il potere, alleandosi con un'anima del Consiglio. Ora sembra che vogliano far chiudere la Fenice S.r.l. e assalire il Palazzo delle Ombre.

Assalire il Palazzo delle Ombre?

– Avete avuto notizie della Mnis scomparsa? – s'intromise Michele.

Il parassita scosse la testa.

– Far chiudere la Fenice S.r.l. è sacrosanto, ma assalire il Palazzo delle Ombre? A che scopo?

– Sapete tutti che non vogliono assalirlo, ma solo liberare chi ne è prigioniero.

– Sono d'accordo. Ma è per questo che l'arlecchina sta perdendo la sua luce e le sue energie. Grandi cambiamenti stanno avvenendo, e le anime Brillanti, di cui costei è un'esponente, saranno le uniche a pagare.

– È giusto che sia così,– disse un altro. – Loro hanno sempre spadroneggiato, e non hanno fatto nulla per aiutarci.

– Invece non è giusto,– disse Turo. – E poi non saranno solo loro a pagare. Non avete ancora capito a cosa stiamo andando incontro?

Un silenzio di ghiaccio scese tra i parassiti. E come a un segnale, i rispettivi Mnis si allontanarono e raggiunsero il fuoco, dove su una padella sfrigolavano delle frittelle. Michele avvertiva il profumino, eppure non sentiva una gran fame. Stava per raggiungerli quando Scintillante l'afferrò per un polso.

– Sono contento che sia accaduto, soldato,– mormorò. Sorrideva e nei suoi occhi verdi sembrava tornata la serenità.

– Di cosa sei contento?

– Che la Fenice venga chiusa.

Abbassò le palpebre, e si addormentò.

Più tardi anche Michele provò a dormire, senza successo. Non era tanto per il vento che fischiava tra le fessure rocciose, cui ormai aveva fatto l'abitudine, e neppure per le voci. Erano i bisbigli dei parassiti. Parlavano tra loro spaventati, mentre i rispettivi Mnis dormivano.

– Vi fidate ancora, voi?

– C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Sì, di sbagliato.

– Ve lo dico io cosa c'è di sbagliato: le voci sono per loro, non sono per noi.

– Volete dire che ci lasceranno soli?

– Non è questo. Non vi siete accorti del torpore? A me sembra di essere tornato a…

– Basta, per favore! Dobbiamo avere un po' di fiducia.

– È vero. Siamo un'unica cosa. Non ci faranno mai del male.

– Però neppure loro possono opporsi all'ordine naturale delle cose.

– E se cercassimo di tornare indietro?

– Sapete tutti che non è possibile. Noi stessi vogliamo raggiungere le voci, nostro malgrado.

– È così.

– Eppure io non voglio tornare a sognare. Non voglio.

Finalmente la stanchezza sembrò aver ragione di quel misterioso conciliabolo. Prima di cadere addormentato, Michele fu sicuro di vedere su nel cielo, dello stesso grigio perenne di quando erano entrati, una forma in movimento. La poiana fantasma. Volteggiava in tondo sopra il loro accampamento. Quella visione gli infuse coraggio, e lo calmò.

*

Quando si destarono, l'Uomo Scintillante stava meglio. Le scintille non si vedevano ancora, ma una fosforescenza pulsante di un arancio chiaro si diffondeva da tutta la sua sagoma. Anche il viso era disteso.

Ripresero il cammino. I Mnis erano eccitati: mancava poco che si mettessero a correre. I parassiti li cavalcavano in pose rigide e innaturali, i lineamenti segnati da un timore senza nome. Michele e Scintillante faticavano a stargli dietro. Anche se nulla era mutato nel paesaggio circostante, sembrava che la meta fosse ormai vicina.

Michele sentiva il vento soffiargli dentro. In quel vento le voci colloquiavano, e lui le ascoltava come se origliasse una conversazione tra estranei. Si sentiva particolarmente sereno, e avvertiva una sensazione di incredibile leggerezza.

Ogni tanto il Generale lo sbirciava.

– Dovresti andare a specchiarti nel fiume, soldato,– gli disse a un certo punto.

Al ricordo dell'esperienza occorsagli qualche giorno prima, Michele rabbrividì. – Per quale motivo?

– Una trasformazione può dirsi completa solo quando se ne prende pienamente coscienza.

Michele meditò su quelle parole. – Ci andrò presto. Ora però non c'è tempo.

– Hai ragione. Senza contare che qui il fiume è troppo impetuoso per potercisi specchiare.

A un certo punto del cammino si resero conto che in direzione nordovest il cielo cominciava a schiarire. Dapprima fu solo una sensazione, man mano divenne una certezza. Una sfumatura tenue, rosata, saliva da quella direzione, smorzando il grigio perpetuo del paesaggio. Fu come vedere l'aurora dopo una notte durata troppo a lungo. Perfino i parassiti abbozzarono un sorriso, nonostante quello fosse il segno che stavano arrivando a destinazione.

E d'improvviso davanti a loro si aprì uno spiazzo. La luce rosata ne svelava anche gli angoli più lontani, distanti un centinaio di metri. In mezzo era radunata una moltitudine di Mnis Perduti, che a malapena si erano accorti della loro comparsa. All'angolo opposto sorgeva una costruzione. Una piccola capanna dal tetto spiovente. Sulla parete visibile, di fianco a una finestra, c’era appeso qualcosa, una stampa o un grande quadro.

I Mnis Perduti sopraggiunti con Michele non guardavano tutto questo. I loro occhi, almeno quelli dei bambini, fissavano il cielo. Immobili e completamente rilassati, parevano in estasi. I parassiti sopra di loro si erano contratti in un grumo di terrore. Alcuni si tenevano le mani sulle orecchie, come a non voler udire chissà quali parole.

L'Uomo Scintillante strinse la mano di Michele. – Guarda, soldato,– mormorò.

Michele alzò gli occhi verso il cielo. La nebbia sopra lo spiazzo si diradava. La sfumatura rosata, appesa ai suoi barbagli, s'intensificava man mano lo sguardo saliva verso l'alto. Diveniva prima arancio, poi rossa, poi porpora. Prendeva toni più scuri, confinando con il blu e col violetto. E in cima, a perpendicolo sulle loro teste, il centro del cielo era una porta. Come fosse stata un gigantesco astro di forma rettangolare, appeso lassù in alto. Una porta nera. Chiusa.

Quando vide quella porta Michele fu investito dalle voci. Le voci lo chiamavano. Appartenevano al passato, a Valframés, a Vallascosa.

Torna indietro, Michele.

Puoi passare da quassù.

Abbandona l'arlecchina.

Monta la poiana, cavalcala.

Risalirai a Valframés

Potrai riabbracciare i tuoi amici Mnis.

Tornerai a Vallascosa.

Potrai essere presente al primo giorno di scuola.

Non farti fregare da quell'anima bugiarda.

Lasciala andare.

Torna al tuo mondo.

Insieme alle voci, una nostalgia insopportabile di Vallascosa lo assalì. Le serate a giocare a pallone nel prato davanti a casa di Giangi. Le scorribande in bici lungo il Tarso. La mamma che gli preparava pane e Nutella il pomeriggio, mentre lui guardava i cartoni alla tv. L'attesa del primo giorno di scuola. I libri, il diario e il portapenne, tutti con il loro odore inconfondibile di nuovo. L'eccitazione mista alla nostalgia di un'altra estate che è passata. E poi… papà. Il suo nuovo papà. Insieme a Cardìn.

Sì, papà ti aspetta.

Torna all'ingresso del settimo anello.

Troverai la poiana.

Lascia andare quell'illuso alla sua Coda dello Scorpione.

Tu, torna a casa.

Michele stava per fare dietrofront, ma la presa ferrea del Generale glielo impedì.

– Le sento anch'io, Michele.

– Cosa?

– Le voci. Le sento anch'io.

– Ma tu sei un'arlecchina, non puoi sentirle le voci.

L'uomo Scintillante si girò a guardarlo negli occhi. – Siamo tutti uguali, Michele. Anime Brillanti, Sognanti, Reiette, Mnis Perduti, voi bambini. Siamo tutti uguali. – C'era una risposta in fondo a quelle fessure verdi, si rese conto Michele. Una consapevolezza che lui, forse, non aveva ancora raggiunto, e che gli fece dimenticare le voci.

Gli tornò alla mente la frase misteriosa che la signora Lena gli aveva detto prima di fare la capriola su a Vallascosa. Non c’è nulla da vedere nei miei occhi, tranne che gli occhi in sé stessi. Voleva forse dire che gli occhi di tutti, di qualsiasi creatura, erano uguali, erano gli stessi occhi?

– Dobbiamo raggiungerli! – urlò d'un tratto la voce di un bambino. Michele si girò a guardare. Era stato il Mnis di Turo a parlare. Per la prima volta un Mnis apriva bocca.

– Sono tutti lassù! Dietro quella porta! – esclamò un altro Mnis.

– Come possiamo fare per andare da loro? Aiutateci! – gridarono altri.

Si girarono tutti verso Michele e l'Uomo Scintillante. I parassiti continuavano a tenersi rigidi, e sembravano estraniati dalla scena. Come se avessero temuto quanto stava per succedere, ma fossero stati coscienti di non poter fare nulla per evitarlo.

– Fate silenzio! – urlò Scintillante.

Tacquero tutti. Il vento era forte, e spirava sia da nord, oltre il settimo anello, sia dall'alto, dall'imbuto rovesciato che culminava in quella porta lontana. E quest'ultima corrente portava con sé le voci che udivano i Mnis.

Voci che gridavano le stesse parole pronunciate dai Mnis Perduti.

Siamo qui!

Raggiungeteci, presto!

Aprite la porta!

– Aspettateci qui! – ordinò il Generale.

Si mosse d'improvviso, tirandosi dietro Michele. Prese la direzione verso il capanno. Avvicinandosi si accorsero che la finestra era illuminata. Un lume fioco doveva ardere al suo interno, il che voleva dire che forse era abitato. I Mnis Perduti non li seguirono. La malia che li legava a quelle voci, meta ultima del loro pellegrinaggio, era troppo forte.

Michele e il suo compagno non guardarono subito dentro la finestra. L'immagine di fianco, una grande stampa, li attirò come fosse dotata di un potere magnetico. Doveva trattarsi dell'equilibrante del settimo anello.

Osservarono l'immagine e lessero la scritta.

Nel settimo anello lo scorpione

si contorce per far perno al suo finale

qui dei mondi che s'incrocian v'è ragione

al viandante non far prendere le scale

Il disegno sotto la scritta, tracciato a vividi colori, aveva toni quasi apocalittici. In mezzo a nuvole nere che tutto circondavano, e dall'alto delle quali cadevano fulmini e pioggia, spuntavano due figure. La prima, un'anima Brillante avvolta da una vivida luce arancione, cercava a tutti i costi di avviarsi su per una lunga scalinata, che s'inerpicava salendo su una china rocciosa. La seconda, un bambino, con una mano lo tratteneva impedendogli di proseguire, mentre con l'altra indicava un punto verso il cielo. Era questo l'unico tratto non invaso dalle nuvole, nell'angolo in alto a sinistra dell'immagine, e raffigurava una porta socchiusa. Dove la scala scompariva, in alto a destra, pareva invece di vedere spuntare, in lontananza, i picchi della Coda dello Scorpione. O meglio, di un solo picco si trattava. E la forma della vetta ricordava quella di una guglia bizantina.

Michele e Scintillante si guardarono negli occhi. Attraverso la finestra aperta venne un rumore, che ruppe il costante sibilare del vento. Un lungo gemito, straziante.

Girarono l'angolo e trovarono una porta, anch'essa spalancata: entrarono.

Il lume che balenava fuori era causato dal riverbero di una candela sulle pareti. Lungo il lato a monte c'era una branda, e su di essa era distesa una figura. Stava girata verso il muro, tutta contratta, e continuava a lamentarsi. Si trattava di un adulto, ma non aveva luce. Tutto in quella figura ricordava a Michele le sembianze di un Giassà, che fosse di Valframés o Vallascosa non aveva importanza. Ma cosa ci faceva un Giassà nel settimo anello, l'anello proibito?

Si avvicinarono; Scintillante si chinò e delicatamente portò le mani sulla testa stempiata dell'uomo, per girarla e poterlo vedere così in viso. Appena avvertì il contatto l'uomo ebbe un fremito, e si voltò a guardarli. Michele non avrebbe mai dimenticato quella faccia. I muscoli tirati, il sudore che colava dappertutto, gli occhi dilatati a dismisura. Appariva roso da una febbre inestinguibile, che a minuti l'avrebbe portato di certo alla morte, la morte della carne. Nel suo sguardo si leggeva il terrore.

L'unica cosa che pareva non subire l'effetto della malattia, di qualunque si trattasse, era il paio di baffi fini e arricciati che gli ornava il viso; erano ancora neri nonostante i radi capelli fossero bianchi.

Parlò con un filo di voce. – La Madama Gracchiante ha smesso di gracchiare. I bambini hanno cessato di scendere e di scindersi. Di annotare sui registri non v'è più bisogno alcuno. Ma questa situazione non è colpa mia. Vi giuro che non è colpa mia!

Chiuse gli occhi e strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche, emettendo un altro lungo lamento.

– Nessuno vuole addebitarti alcuna colpa, uomo. Chi sei? – domandò Scintillante.

Riaprì gli occhi di una fessura, da cui fuoriuscì del liquido biancastro.

– Non mi riconoscete? Sono venuto attraverso il Grande Sogno, e qui svolgevo il mio compito. Ma ora tutto è finito.

– Cos’è il Grande Sogno? – non poté trattenersi dal chiedere Michele.

L'altro lo guardò, e parve metterlo a fuoco solo in quel momento. – Che ci fai tu qui? Sei uno degli sfortunati? Stai attento a non perderti fuori, è pericoloso. Devi tornare di sopra, al più presto. Vai fuori e attendi… – Urlò di nuovo, e cominciò a sfregarsi il petto con le mani rattrappite, come fosse invaso da un prurito insopportabile.

D'un tratto si fermò e li guardò, ma lo sguardo li trapassava da parte a parte. – È tutto finito. La muta, la Madama Gracchiante, la scissione… tutto finito. Per questo la Coda dello Scorpione s'è incurvata. Del resto di recente aveva dato dei colpi, e questo non era certo un buon segnale… Inoltre è ritornato il Sorvegliante. Sì, il Sorvegliante: l'ho visto ben due volte percorrere a volo questi cieli. E per questo… per questo sto morendo.

Michele e Scintillante rimasero in silenzio. Non si poteva ribattere nulla a quelle parole. Per lunghi istanti l'uomo non si mosse, poi ebbe uno scatto che gli fece ballare le estremità dei baffi, e li fissò di nuovo, e stavolta sembrava lucido.

– Povera Lucetta. Povera nipote mia. È l'unico rimorso che mi porto nella tomba. Avrei dovuto salvarla, povera stella. Avrei dovuto evitarle quello strazio.

– Ma Lucetta è ancora viva, io l'ho incontrata! – esclamò Michele.

L'altro scosse la testa. – No, Lucetta è morta,– disse. – Lucetta è morta come tutti gli altri.

Guardò meglio Michele, strabuzzando gli occhi. – Un momento… io ti ho già visto… Ma certo! Tu sei proprio quel bambino! Quello di cui parla il Libro delle Anime!

– Dove mi hai già visto?

– Qualche giorno fa. La grande poiana è uscita dalla porta su nel cielo. Era cavalcata da due bambini, e l'unico che ho potuto vedere in faccia eri tu. In quel momento c’è stato un colpo della Coda dello Scorpione, e voi siete scomparsi. È da allora che è iniziata la mia malattia.

Michele ricordò improvvisamente il paesaggio che lui e Lucetta avevano scorto appena usciti dalla porta della Stansia Veuida, in groppa a Poiana. Il Giassà aveva ragione: era proprio quello il posto: la spianata in cima al settimo anello. E l'uomo vicino al capanno con i grandi baffi era lui. Ma allora…

– Come mai non siamo atterrati qui? Come mai siamo finiti alla Città delle Anime? – Anche il ricordo della precipitosa e inspiegabile discesa nel vuoto era ancora ben vivo dentro di lui.

– Vi ho detto del colpo della Coda dello Scorpione, che altri chiamano frustata siderale. Misteriose sono le vie che s'incrociano in questi luoghi, crocevia dei mondi. Ma ora basta con le chiacchiere…

Fu preso da una specie di foga. Con movimenti faticosi eppure rapidi, si rivoltò su sé stesso e allungò una mano verso il primo cassetto di uno stipo che stava vicino al letto. Lo aprì e ne estrasse un oggetto, poi si abbandonò sul letto, sfinito.

Dopo qualche istante il Giassà riaprì gli occhi, e fissò Michele. – Questa l'ho trovata l'altro ieri, quando ancora ero in grado di camminare. Giaceva sul terreno fuori dal capanno, poco oltre l'ingresso. Quel giorno i Mnis Perduti erano particolarmente agitati, perché vedevano strani movimenti nella porta che sta su nel cielo.

Alzò la mano e porse l'oggetto a Michele – Non so da dove venga, anche se ho un sospetto. Tienila, è tua. Forse un giorno potrà esserti utile. – Michele afferrò l'oggetto e lo osservò. Si trattava di una chiave. A un'estremità aveva una singola mappa, costituita da tanti intagli e da un dentino, in mezzo uno stelo lungo e diritto, e all'estremità opposta c'era l'impugnatura, grande e dalla forma elaborata. Proprio quest'ultima aveva fatto trasalire sia Michele sia l'Uomo Scintillante.

Rappresentava uno scorpione con la coda pencolante sulla testa.

Il Giassà ricadde sulla brandina e fu scosso da una tremenda convulsione. Michele abbassò gli occhi. La morte di un essere in carne e ossa era molto più terribile a vedersi della morte di un'anima Reietta. Gli veniva da piangere, e insieme provava un grande spavento. E ripensava alle sue parole su Lucetta.

Un urlo tremendo scosse i muri della casetta. Michele alzò gli occhi. Il Giassà era spirato.

Passò qualche secondo prima che uno dei due avesse il coraggio di parlare.

– E adesso cosa facciamo? – chiese Michele.

– I morti in carne e ossa vanno sempre seppelliti,– disse Scintillante. La sua sagoma appariva asciutta, quasi del tutto priva di luce.

Si avvicinò alla parete opposta, dove c'era un grande scaffale contenente dei libri, e ne sfilò uno per sfogliarlo.

Michele lo raggiunse e guardò anche lui. Si trattava di una specie di registro. Ogni pagina conteneva una data, un nome, un cognome…

17 aprile 1961 secondo il calendario di Vallascosa.

Nome da bambino a Vallascosa: Giuseppe Maira

Muta precisa, senza intoppi. Nessuna resistenza. Mnis dalla Madama Gracchiante, bambino spurgato risalito a Vallascosa.

Nota: conoscevo un suo antenato, brava persona.

Un'altra pagina:

25 maggio 1967 secondo il calendario di Vallascosa.

Nome da bambino a Vallascosa: Diego Cajroli

Muta riuscita, ma il Mnis si è perduto ed è fuggito verso il confine con il sesto anello.

La Madama Gracchiante s'è ripreso il bambino spurgato.

Nota: questo potevo riacchiapparlo! Ma alla Madama Gracchiante non interessa che qualcuno si perda. Anzi, sembra che lo desideri.

Poi quell'altra pagina, sempre aperta a caso:

24 dicembre 1959 secondo il calendario di Vallascosa.

Nome da bambino a Vallascosa: Riccardo Valloni

Muta alquanto difficoltosa: il bambino non si lasciava andare. Mnis debole, emaciato, preso su dalla Madama Gracchiante quasi controvoglia. Il bambino spurgato stava peggio, pure se, come gli altri, non ho potuto vederlo da vicino; non so cosa farà a Vallascosa.

Nota: queste mute difficili mi rendono di umore depresso, e mi fanno ripensare alla mia povera Lucetta.  

– Papà! – gridò Michele, e alzò gli occhi verso l'anima. – Qui si parla di mio papà!

– Qui si parla di molti di noi, soldato, non solo di tuo padre. Per questo è meglio non toccare questi libri. – Lo rimise a posto. – Usciamo di qui. Dobbiamo proseguire il nostro viaggio. Abbiamo una missione da compiere, ricordi? – Uno strano sorriso gli deformò la bocca.

– Se ritroveremo il Re delle Poiane e lo libereremo, riuscirò a tornare da mio papà?

– Soltanto quello ti interessa? Ritornare da tuo papà?

Un alito di vento si aprì la strada in quel piccolo ambiente, andando a intrufolarsi nella coscienza di Michele. Invece di portare con sé quelle voci, parve spazzar via ogni dubbio e liberarlo dai pensieri che l'avevano preso. Capì, e scosse la testa.

– Seppelliamo il Giassà? – chiese.

– Perché dobbiamo farlo noi? Ci penseranno i Mnis Perduti.

– Non si staccheranno mai da quelle voci che li chiamano.

– Sì che si staccheranno. Dovranno attendere il ritorno del Re delle Poiane per poter finalmente raggiungere le loro metà. Tu sai a chi appartengono quelle voci, non è vero?

Michele annuì.

– Allora usciamo, e spiegaglielo. E dì loro che finché non porteremo a termine la nostra missione, quella porta là in cima non si aprirà mai. Dovranno lasciarci proseguire ma potranno rimanere qui ad attendere, e nel frattempo daranno degna sepoltura a questo loro conoscente.

Conoscente?

– Certo. Sono tutti passati dalla muta, mica come te.

– Tu ci sei passato dalla muta?

L'anima Brillante, la cui stanchezza estrema traspariva dalla mancanza di scintille, ma che pareva animata da un'energia nervosa, scostò lo sguardo e disse. – Certo che no. Io non sono una strisciante. – Sul viso una smorfia di disgusto si mischiava a una profonda pena. – Ma non ho neppure mai visitato il Grande Sogno, se è per quello,– aggiunse enigmaticamente, e alzò gli occhi al soffitto, rianimato da un moto di orgoglio.

– Cos’è il Grande Sogno? – chiese ancora Michele.

– Questa è una domanda che dovresti fare al Ministro. – Fu tutto quanto Michele riuscì a cavagli di bocca.

Uscirono all'aperto. Alcuni Mnis Perduti, tra cui Turo, gli corsero incontro. Le voci si facevano sempre più chiare, spiegò Turo. Ognuno aveva riconosciuto la sua voce, quella del suo fratello che stava al di là. La felicità era giunta all'estremo, ma insieme a essa c'era anche la paura. Tutti quei corpi lassù in cima, dietro la porta, erano disperati. Più disperati degli stessi Mnis Perduti. Il mondo che abitavano si stava distruggendo, e loro non erano in grado di aprire quella porta. Neppure due bambini che erano di là, in tutta evidenza due Mnis, ci erano riusciti.

Tutto questo era stato spiegato a Turo dai Mnis Perduti delle altre carovane che erano giunte lì prima di loro. Pochi giorni prima c'erano stati degli strani movimenti sulla porta lassù in alto, e attraverso una piccola apertura avevano visto affacciarsi qualcosa. Grazie a quei movimenti e a ciò che avevano osservato, era stato possibile dedurre queste e altre cose.

Per esempio, che dovevano essere loro Mnis Perduti a salire lassù e ad aprire il varco, in modo da permettere il ricongiungimento. In modo da salvare quei fratelli disperati. Ma come potevano fare? Forse Scintillante sapeva qualcosa. Forse dentro la capanna avevano scoperto un indizio, o magari lo si poteva decifrare interpretando l'equilibrante dipinto su quella stampa. Insomma, dovevano tirar fuori qualche idea.

A parlare con foga, a scuotere Michele per un braccio, perché di Scintillante avevano ancora paura, erano soltanto i bambini. I parassiti si erano ritirati in un cantuccio, contratti e immobili, e dormivano un sonno ghiacciato. Gli occhi di Turo erano dilatati, la larga fronte di Tracimante era cosparsa di sudore.

– Diglielo, soldato, chi sono quei corpi al di là della porta.

Tutti i Mnis Perduti si radunarono intorno a Michele, e attesero che iniziasse a parlare. A Michele tornò in mente quella sera a Valframés, quando aveva raccontato la sua storia, e Fònso aveva rievocato il suo incontro con Poiana alla spianà del Contrari. In mezzo a quelle facce c'era stata anche Lucetta. All'epoca non la conosceva ancora, ma adesso nel ricordo la scorgeva. Lucetta… possibile che sia morta, come ha detto quel Giassà?

Iniziò a parlare. Disse loro di Vallascosa, che alla Città delle Anime era nota come la Terra–che–sta–oltre–i–cieli. Raccontò della capriola e di com'era passato a Valframés, spiegò chi erano i Mnis, i Giassà e la Madama Gracchiante. Evocò nel dettaglio il colloquio che aveva avuto con i due Giassà che avevano catturato. Durante la muta alcuni Mnis si perdono, e non tornano più indietro, aveva detto uno di loro. Noi siamo l'altra parte di quei Mnis. E invece di tornare a Vallascosa, rimaniamo qui a Valframés, e ci mettiamo al servizio della Madama Gracchiante. Il silenzio scese tra i bambini. Non si udiva più neanche il vento sibilare. Solo qualche voce cadeva dal varco aperto nel cielo, scivolando lungo i bordi delle nuvole rosate.

– Chi di voi sente la voce di uno di quei due Giassà, che su a Valframés mi dissero queste cose? – chiese Michele.

I Mnis si guardarono, corsero bisbigli. Alla fine una mano si alzò. Era quella di Ansaldo Tracimante. Michele sorrise della coincidenza.

– Come possiamo fare per aprire quella porta, per raggiungerli? – gli chiese Tracimante.

– C'è un solo modo,– disse Michele. Gli sembrava di non essere lui a parlare. Le voci, quelle che aveva fermato e ascoltato, si erano organizzate dentro di lui. Lo usavano per esprimersi, per raccontare la loro verità. – Dobbiamo ritrovare il Portatore di Luce. Egli ci indicherà la via da seguire per avere ragione di tutti i conflitti. Così il Palazzo delle Ombre aprirà il suo cuore, e tutte le porte si dischiuderanno.

– La fusione finale,– mormorò il Generale. – Quel vecchio barbogio di Biancospino aveva ragione.

I Mnis Perduti lo guardarono e annuirono. – Sarete voi ad andare, però. Noi non possiamo allontanarci da qui,– puntualizzò Turo.

Michele annuì. – Andremo io e Scintillante, come sta scritto. Durante l'attesa darete sepoltura al Giassà che si trova qui dentro,– indicò la costruzione alle sue spalle. – Era il custode della muta, e con la fine della muta anche lui è morto. – Come previsto dall'Uomo Scintillante, i Mnis Perduti non si mostrarono sorpresi.

Le ombre si allungavano in quel varco aperto tra le rocce e le nebbie, segno che il tramonto era vicino. Al contrario la brillantezza della luce che filtrava dalla porta lassù in alto aumentava, e le creste di nebbia più vicine al passaggio prendevano tinte arancioni e porpora. Nonostante il vento, le voci, la paura del futuro, Michele non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo. Solo Scintillante era immune al suo fascino.

Michele mangiò qualcosa insieme agli altri Mnis e poi si coricarono per cercare di dormire. Ma dormire era impossibile. I Mnis restavano incantati dalle voci e dal miraggio di quel varco, Michele si sentiva nervoso e pieno di energia, Scintillante rimaneva seduto e con sguardo vigile contemplava tutto e tutti, come se solo lui conoscesse il significato di quegli eventi. Unici a dormire erano i parassiti.

Prima di ripartire i Mnis Perduti prepararono uno zaino pieno di provviste e lo consegnarono a Michele. Poi Turo frugò tra le sue cose, e ne tirò fuori l'equilibrante del primo anello, quello che diceva:

Nel primo anello lo scorpione

tiene fermo il suo equilibrio.

Qualunque sia la direzione,

al viandante dai l'abbrivio.

Vedendo il profilo della Città delle Anime riprodotto in lontananza sull'immagine, Michele realizzò quanto avevano camminato in quei giorni. Quanto lontani si erano spinti. Eppure il loro cammino non era terminato. Anzi, la parte più difficile doveva ancora venire.

– Tienilo,– disse Turo, porgendo il quadro a Michele. – Mi pare di buon auspicio per la vostra partenza. E forse vi aiuterà ad avere fortuna.

– Ma… ma non puoi darlo a me. È l'equilibrante della tua casa.

– Non è più così. Casa mia è la casa di tutti, adesso, e il nostro equilibrante si trova lassù in alto.

Scintillante, che aveva assistito alla scena, sorrise. Si avvicinò al parassita, grumo quasi invisibile acciambellato dietro le spalle di Turo, e lo scosse.

– Sveglia… sveglia!

Il parassita aprì un occhio e lo guardò, simile a un gatto che non voglia essere disturbato.

– Non avete nulla da temere, voi anime Reiette,– gli disse Scintillante.

L'altro mugugnò e richiuse gli occhi, mentre il bambino, sotto di lui, appariva incuriosito. – Perché dici così?

– Perché loro non torneranno a dormire come tutte le altre. Voi sarete l'avanguardia di una nuova era.

– Una nuova era? Cosa significa?

– Lo sai bene cosa significa.

Michele avrebbe voluto approfondire, ma Scintillante si richiuse nel suo mutismo.

Salutarono i Mnis Perduti, raccomandandosi che seppellissero prima di notte il “custode della muta”, e ripartirono.

Dietro la capanna, esattamente come illustrato nell'equilibrante, una scala scavata nella roccia s'inerpicava salendo per una gola. Era impossibile scorgere fin dove conducesse, perché la nebbia dopo poche decine di metri tornava ad avvolgere tutto. Michele e Scintillante cominciarono a salire.

*

Il paesaggio era fatto di rocce e di nebbia, di nebbia e di rocce. Tratti a scalini si alternavano a sentieri scoscesi, perché brevissimi erano i momenti in cui la strada spianava. Sembrava che la salita non avrebbe mai avuto fine, eppure erano solo due ore che procedevano. Il vento si era andato placando, un po' veniva da dietro, forse dal varco, un po' dal mistero che si stendeva là davanti, dal confine che portava alla Coda dello Scorpione. Il rumore del torrente li accompagnava sempre, avvicinandosi e allontanandosi a seconda del momento. Michele aveva l'impressione che Scintillante ne fosse attratto, perché spesso si girava in quella direzione, e se il rumore per qualche secondo scompariva, soffocato dal vento o nascosto dietro una parete, il suo viso mostrava un barlume d'angoscia. Era stato silenzioso per tutto il tempo. Anche Michele non aveva voglia di parlare. Pensava al Giassà che avevano visto morire; alle sue parole su Lucetta. Pensava anche alle voci che erano rimaste indietro, che gli avevano destato i ricordi di Vallascosa. A quelle che sentiva ancora riecheggiare dentro, responsabili delle parole rivolte ai Mnis Perduti.

Non sentiva la stanchezza. Spesso doveva fermarsi ad attendere il suo compagno, che faticava a procedere. A un certo punto, quando venne raggiunto per l’ennesima volta, gli rivolse la parola.

– Ci fermiamo per una sosta?

– No,– rispose l'altro, senza guardarlo. – Dobbiamo raggiungere il confine con l'ottavo anello prima che si faccia notte.

– È davvero necessario?

– Sì. Là la strada spiana, e il fiume si calma.

– Come fai a sapere queste cose? Mi pareva di aver capito che non ti eri mai spinto oltre il settimo anello.

– Dopo aver affrontato questo viaggio, certi brani del Libro delle Anime mi sono più chiari. – Gli passò davanti, senza aggiungere altro, e proseguì diritto. Ma presto fu costretto a rallentare, arrancava e rischiava di cadere a terra. Michele lo sostenne e l’aiutò.

– Una grande forza è scesa in te, soldato,– disse Scintillante. – Il Tunnel ti ha davvero cambiato.

Passò un tempo indefinibile, durante il quale le nebbie si scurirono e le ombre si confusero con le rocce stesse. Ora camminavano risalendo un sentiero in lieve pendenza, che si andava allargando. L'oscurità ormai nascondeva la nebbia, e il vento si era quasi placato. Il rumore del torrente era insieme più vicino e meno violento. Da un punto indistinguibile alla sua destra, dove avrebbe dovuto trovarsi il suo compagno, Michele udì una voce:

– È ora di fermarci, soldato. Presto, raggiungiamo la riva del fiume.

L'Uomo Scintillante aveva perso tutta la luce. Neppure un barlume della sua sagoma era visibile attraverso le tenebre. Lontani erano i tempi in cui aveva indicato il cammino con la sua sola presenza a tutta la carovana di Mnis Perduti. Eppure erano trascorsi soltanto pochi giorni. Chi è che aveva detto che il tempo, in quelle lande, scorreva in modo diverso dal consueto?

Michele seguì la voce, finché una mano non gli afferrò il polso; era fredda, eppure vibrava di un'energia a stento repressa. Attraverso la penombra camminarono, il rumore dello scorrere del fiume divenne più forte. Scesero una breve scarpata, chinandosi per non scivolare, e furono di fronte al corso d'acqua. L'aria era piena di umida frescura, proveniente da quel grigio serpente in nervoso movimento, che scavava una traccia sinuosa portando all'infinito lo sguardo verso sud. Laggiù si erano lasciati alle spalle il varco, i sette anelli, e ancora più lontana la brillante e colorata Città delle Anime. Da quella parte la notte si schiariva, ma forse era solo un'illusione.

L'Uomo Scintillante si sedette su una roccia, i piedi che quasi lambivano l'acqua, e invitò Michele a fare altrettanto.

Osservarono insieme il fluire dell'acqua. La riva opposta non doveva distare più di dieci metri, eppure era invisibile. Solo il rumore dava conto dello scorrere di quel placido torrente.

– Dimmi, Michele: hai visto animali durante la tua permanenza alla Città delle Anime, e poi nel corso del viaggio che ci ha portati fino a qui?

Michele alzò gli occhi verso il suo compagno, sorpreso da quella domanda. Nella notte la sua sagoma in qualche modo risaltava. Le scintille, la luce arancione, l'energia dell'anima: tutto era scomparso. Rimaneva solo una struttura, un'impalcatura. Pochi tratti più neri della notte, gli occhi verdi e infossati.

– A parte Poiana e la sua gemella fantasma, intendi dire?

L'altro annuì.

– Non ho visto altri animali.

– Esiste una ragione. Questo mondo riguarda solo l'uomo. Perché dall'uomo è stato creato.

– Non capisco…

L'altro sorrise. – Non importa capire. Importa solo agire. Essere sé stessi, arrivare fino in fondo.

– In fondo a che cosa?

– Alla propria natura, forse. A ciò che si è veramente. Specchiati nell'acqua, Michele.

L'aveva già fatto una volta, e si era spaventato. Ora, si rese conto, non aveva più paura. La meta era vicina, si sentiva più sereno.

Sporse il viso sul fiume. Scorgeva minuscole onde che riflettevano chissà quale luce. La sua faccia non c'era; solo un vago accenno, una forma oscura e ovale che danzava nell'acqua.

L'Uomo Scintillante si era chinato con lui. Come Michele aveva imparato a considerare normale, il suo riflesso non era visibile. Così succedeva per tutte le anime.

–  Non si vede nulla, con questo buio,– disse.

– Anche con la luce vedresti ben poco. Mi dispiace non esserti d'aiuto in questo senso.

– Perché mi hai chiesto di specchiarmi?

– Il vento ha compiuto la sua trasformazione, Michele. Ora ho capito perché il Re delle Poiane ci ha costretti a percorrere il Tunnel.

– Io non sono come voi. Io non sono un'anima.

– Sei ancora in carne e ossa, certo. Ma insieme sei anche un'anima. Ti muovi come un'anima, parli come un'anima.

– Una Reietta o una di voi?

– Nessuna delle due. Qualcosa di diverso. Non ti sei sentito mentre parlavi ai Mnis Perduti?

Erano state le voci a parlare. Lui aveva solo prestato la sua bocca. Michele glielo disse.

Scintillante scosse il capo. – Anche quelle voci fanno parte di te. In questo consiste la tua trasformazione, Michele: sei riuscito a domarle. Ti sei fatto amico il vento. Sei pronto a risalire la Coda dello Scorpione e a trovare il Portatore di Luce.

– Ora ci riposeremo un po', non è vero? O vuoi ripartire subito?

L'altro rimase qualche istante in silenzio. – Lascia che ti chiarisca un punto, Michele. Prima hai parlato di Reiette e di Brillanti. Ebbene, Reiette e Brillanti sono la stessa cosa.

– Credo che tu abbia ragione, però… perché parli di questo proprio adesso?

– Perché è importante, e devi tenerlo bene a mente. Anch'io durante il viaggio nel Tunnel ho subito una trasformazione. Ho cercato invano una Camera Rigenerante, ho sofferto terribili crisi di astinenza. Mi sono indebolito. La mia luce si è esaurita, come vedi. Sai dov'è finita la mia luce? Non te lo sei chiesto in questi giorni?

– No.

– Se la sono ripresa i Mnis Perduti. Sì, i parassiti, intendo dire. – Aveva uno strano sorriso.

Ma…

– Il tuo sogno era reale. Anche tu sei un po' veggente, come la tua amica. Tu hai visto la realtà che sta dietro l'apparenza.

Michele non riusciva a capire a cosa alludesse.

– Non importa se non capisci, perché le voci che abitano dentro di te l'hanno già fatto. E ora anch'io so cosa fare. Anch'io ho un ruolo preciso in tutto questo. – Si sporse verso l'acqua. Una brezza leggera portava su di loro la frescura del fiume.

– Tutti abbiamo un ruolo in questa storia, no? – fece Michele.

– Sì. Però solo adesso mi è chiaro qual è il mio.

D'improvviso allungò una mano e gli strinse un braccio. La morsa era gelata, eppure infondeva una forza incredibile.

– Grazie, soldato. Sappi che il Cardinale ha ragione. La fusione finale è il nostro destino.

– Vuoi dire che un giorno tutti insieme saremo una sola cosa?

– Un giorno ognuno di noi sarà veramente sé stesso, soldato. E allora potremo vivere insieme senza più farci del male. Forse quel giorno non è così lontano.

– Perché non può essere oggi, quel giorno? O domani?

– Mi dispiace, Michele. Io non sono stato dentro il Grande Sogno, all'interno del quale molte cose si sono decise. Però adesso voglio dire la mia.

– E come…

– Non aver paura. Tutto si trasforma, nulla muore veramente. Questa è la regola comune a tutti i mondi.

E prima che Michele potesse replicare, la sagoma che era stata l'Uomo Scintillante scivolò in acqua.

Tempo dopo Michele, ripensandoci, si rese conto che non poteva che succedere così. Tutto l'aveva favorito, tutto l'aspettava.

Ma in quel frangente rimase paralizzato dalla sorpresa. Finalmente si riscosse, si alzò in piedi. Cominciò a urlare: – Scintillante! Scintillante! – Nulla rispondeva al suo richiamo, e il corso d'acqua, serpente grigio in mezzo al nero, pareva serbare solo misteri.

– Non lasciarmi solo, ti prego! Non lasciarmi solo! – urlò.

Stava per buttarsi in acqua. Per cercare di inseguirlo e riacciuffarlo. Per tornare indietro insieme, oppure proseguire sempre insieme. Purché insieme, perché lui non voleva rimanere solo. Non voleva rimanere solo. Prima che potesse tuffarsi l'aria fu lacerata da un grido lontano.

Piiih–eeh!

Michele alzò gli occhi verso l'alto. Si accorse solo allora che erano gonfi di lacrime. Con la vista annebbiata cercò disperatamente in tutte le direzioni, ma intorno a lui non c’erano altro che spesse muraglie di buio.

Ebook disponibile

Acquistalo subito su uno dei seguenti negozi online: