o la sua cavalcatura, vola a gran velocità verso la Città delle Anime.  

Prologo

Michele e Lucetta

 

 

La notte era ormai calata sulla Città delle Anime. Il cielo appariva sgombro di nubi, e mostrava una quantità di stelle che mai si era vista. Anime di ogni genere continuavano a passare per le strade e le piazze, intonando canti di gioia. Nessuno ricordava un giorno così bello, fortunato e incredibile, neppure le anime più antiche del Consiglio. Mancava un solo evento a sigillare per sempre quell'equilibrio, quella perfezione: la presenza del Portatore di Luce.

E poco dopo mezzanotte, finalmente, il Portatore di Luce arrivò alla Città. Le anime avvistarono dapprima un puntino luminoso in alto nel cielo, sopra quella che era stata la piazza dei Funerali. Sembrava una stella, ma non lo era, perché brillava di tutti i colori, e s'ingrandiva a vista d'occhio. Quando non ci furono più dubbi, la folla delle anime iniziò a gridare, alzando le braccia a indicarlo. La gente usciva dalle case, dai palazzi, per vederlo, per seguirlo. A frotte correvano appresso al suo volo, salutandolo, recitando inni dal Libro delle Anime. La Città era di nuovo un caleidoscopio di colori.

Non era giunto solo. Lo cavalcava quel bambino, Michele. Tutti si avvidero del velo di luce bianca che lo circondava. Le voci sopraggiunte dal Sognatorio#9, che si erano sparse velocemente per la Città, corrispondevano al vero. Michele si era fuso con la sua anima, e adesso era un essere completo.

Il Re delle Poiane prese terra nella zona del parco della Rimembranza, lanciando il suo grido tutt'intorno:

Piih-eeh!

I palazzi sfavillavano di strisce colorate, come se giganteschi arcobaleni si fossero spalmati sulle loro mura. Si avvertiva l'arrivo della folla di anime dalle strade, ansiosa di vedere e toccare il simbolo del nuovo equilibrio. Michele in fretta e furia smontò dalla cavalcatura, e senza fare un cenno si dileguò per i vicoli.

*

A casa di Duttilia tutte le stanze erano buie, tranne una. Intorno al letto della padrona di casa, dove Lucetta giaceva distesa, si accalcavano sette anime. Era opinione del Cardinale che le loro luci, se fuse insieme e proiettate sulla piccola Mnis, avrebbero potuto almeno tardarne il decesso. E in effetti Lucetta respirava ancora. Alle anime lì intorno faceva impressione avvertire quel soffio attraverso le narici della bambina; ricordi dolorosi dei rispettivi Sogni venivano a visitarle, non sempre benvenuti. Insieme provavano un sentimento strano: una specie di invidia. Ma a prevalere, soprattutto nelle donne e nell'anima di Lucetta, il cui viola palpitava, erano l'angoscia e lo sconforto.

Il Cardinale e il Generale, un po’ appartati, discutevano.

- Forse Michele non si è reso conto del destino della veggente. Forse ha bisogno di qualcuno che vada ad avvertirlo. Potrei partire io, anche subito, – disse l'Uomo Scintillante.

- A cosa servirebbe? Ormai è questione di minuti. O sta arrivando, o quando arriverà lei sarà già morta.

- Possiamo cercare di convincerla a parlare con noi. O con uno di noi. Promettendole di riferire il tutto solo a Michele.

- Lo sai anche tu che non è possibile. Vuole parlare solo con lui. A noi non dirà nulla.

Scintillante scosse il capo, sconsolato. – Non si fida di noi…

- Come darle torto? Noi siamo le Brillanti. Noi abbiamo rubato la luce delle Reiette per secoli e secoli.

- Ora siamo cambiate.

- Tu e io siamo cambiati, ma le altre?

Rimasero in silenzio. Nella stanza si sentivano soltanto i singhiozzi di Rosanna e dell'anima di Lucetta.

- Secondo te cosa riguarda il messaggio per Michele?  – chiese l'Uomo Scintillante.

- Penso che riguardi il Grande Sogno.

- Dicono che il Ministro sia fuggito là dentro.

- Nessuno può affermarlo con certezza. Ah, anima mia, perché abbiamo dimenticato così in fretta? Perché ciò che successe in quei giorni lontani non ci è rimasto dentro?

- Fu una catastrofe che ci traumatizzò.

- Sì. Ma non conservarne memoria è stato un peccato mortale, e lo è ancora.

- Ci siamo in parte riscattati, Biancospino. E forse…

- Forse cosa?

- Certe risposte si possono trovare rileggendo il Libro delle Anime. O esplorando il Tunnel. O parlando con le anime Oscure su alla Coda dello Scorpione.

- Forse il Libro delle Anime non ha in serbo altre rivelazioni.

- Ma il nostro mondo ha ancora tanto da rivelare, – esclamò Scintillante; ora nella stanza sembrava che ardesse un grande fuoco, tanto la sua luce dominava. – Dobbiamo svegliarci. Dobbiamo uscire dall'ignavia, e viaggiare, esplorare, conoscere. Solo così…

- Zitto un attimo! Sento dei rumori da fuori… – Grida lontane di anime filtravano attraverso la finestra. Inoltre sembrava che la notte si fosse rischiarata.

Uscirono a guardare. Il vociare delle anime veniva dai vicoli intorno. Il cielo era percorso da strisce multicolori, che sembravano sciogliersi nell'aria cadendo verso terra.

- Il Portatore di Luce!  – esclamò Scintillante.

- E non solo… Guarda là!

Una piccola figura ammantata di bianco stava risalendo la strada di corsa, venendo verso di loro.

- Lucetta è qui da voi?  – domandò Michele, appena li ebbe raggiunti.

L'Uomo Scintillante fece un passo indietro. Non riusciva a guardarlo negli occhi. Sentiva il bisogno di parlargli, di spiegarsi, ma capiva che non era quello il momento opportuno.

- Sì, è dentro, – rispose il Cardinale. – Come stai, Michele? Quella luce bianca…

- Le spiegazioni a dopo. Ora devo entrare.

Michele irruppe nella stanza come una folata di vento, e si fece largo attraverso il capannello di anime. La Mnis, adagiata sul letto, dovette sentire qualcosa, perché dopo ore riaprì gli occhi. Il suo viso rimaneva quello di una bambina, eppure pareva invecchiato di cent'anni. La pelle era secca e grinzosa; le orecchie si erano incartapecorite; gli occhi arrossati erano velati da una spessa cataratta. La pelle sembrava trasparente, tanto era diafana. E i riccioli ribelli avevano preso lo stesso colore della luce di Michele.

- Michele…

L'ombra di un sorriso le distese le labbra, divenute sottili come un filo. Poi i suoi occhi si girarono all'intorno, sulle altre anime. Michele capì.

- Uscite tutti, – disse.

- Cosa?

- Uscite da qui!

- Facciamo come dice, – fece il Cardinale.

- Io posso restare? – La luce violetta dell'anima della Mnis tremava, agitata dall'ansia. Michele guardò Lucetta, che scosse faticosamente il capo.

- No. Anche tu devi uscire.

- Ma…

- Per favore. È solo per qualche minuto.

E così uscirono tutti, anche l'anima di Lucetta, che si richiuse silenziosamente la porta alle spalle.

*

- Ti ricordi quando siamo arrivati alla Città?  – disse Lucetta. La sua voce era un sussurro in procinto di spezzarsi.

- Certo che mi ricordo.

- Sono passati solo pochi giorni, eppure sembrano anni.

- È vero.

- Ricordo anche quella mattina, quando mi dicesti che volevi andare via dalla Città, che volevi tornare a Vallascosa.

Michele distolse lo sguardo.

- Sei cambiato molto.

- Non è vero: sono sempre lo stesso. Non farti ingannare dalla luce bianca.

- Sei l'unico quaggiù la cui anima si è fusa con il suo Sogno.

- Anche questo non è vero. I Mnis Perduti, su al settimo anello… – Ma s'interruppe: era meglio che Lucetta non sapesse certe cose, almeno non ancora.

- I Mnis Perduti? Ne ho sentito parlare. Chi sono?

- Strane creature che vivono nel Tunnel.

- Ho sentito parlare anche del Tunnel. Io… – Chiuse gli occhi, e dalla bocca le uscì un lungo sospiro, simile a un rantolo.

- Non affaticarti…

Lei tornò a sorridere. – So benissimo che devo morire, Michele. Per questo non c'è tempo di parlare dei Mnis Perduti. Devo dirti una cosa, prima che sia troppo tardi.

- Non stai per morire… È solo… Sei stanca e devi riprenderti.

- Ascoltami. Prima di riacquistare la vista ho fatto un sogno. L’ho fatto insieme alla mia anima, lei se lo ricorda certamente. È stato bellissimo, anche se molto doloroso.

- Mi dispiace…

- Devo raccontarti cosa ho visto in quel sogno. Anzi, chi ho visto.

- Non sforzarti di parlare. Posso chiederlo alla tua anima.

Lucetta gli lanciò un debole sguardo di rimprovero, e alzò un po' il capo, come se volesse farsi udire meglio. – No, devo dirtelo io. Innanzitutto: quello non era un sogno normale. Io e la mia anima eravamo dentro il Grande Sogno.

- Davvero?

- Sì. È un potere che abbiamo noi Mnis se veniamo alla Città delle Anime. Per questo l'Uomo Scintillante mi chiamava la “veggente”: lui lo sapeva.

- Cos’è il Grande Sogno?

- Non lo so di preciso, ma è in quella dimensione che si stabiliscono le regole dei mondi. E quando ho sognato, io ho visto… ho visto… – Un accesso di tosse la squassò tutta. Erano colpi brevi ma cavernosi, che le svuotavano il petto. Al termine ricadde sul cuscino, gli occhi chiusi.

- Lucetta! – Michele le scosse la spalla. Gli tornò in mente quando insieme a Scintillante avevano assistito alla morte del custode della muta. Lui aveva parlato di Lucetta; aveva detto che era sua nipote.

- Ti stai stancando troppo! Lascia parlare un po’ me, adesso. Anch'io devo raccontarti una cosa.

Lucetta riaprì gli occhi.

- Ho incontrato tuo zio, – le disse Michele.

- Mio … zio?

- Sì: tuo zio Venanzio.

Gli occhi le si richiusero. La faccia le si contrasse, come se un grande dolore faticasse a venire accettato. Quel momento passò; Lucetta tornò a guardare Michele.

- Dove l'hai incontrato?

- Al settimo anello. Era il custode della muta. Ma adesso… adesso non c'è più.

- È morto?

- Sì. Mi dispiace… – Michele si pentì immediatamente di averglielo detto. Non poteva aspettare un momento più opportuno, accidenti a lui?

Lucetta di nuovo chiuse gli occhi; li riaprì. – Povero zio Venanzio, anche lui deve aver sofferto tanto. Ma non siamo qui per parlare di mio zio. Ti devo dire cosa ho visto dentro il Grande Sogno.

- Possiamo fare dopo, ora riposati.

- No, devi ascoltare. Ho visto il Demone Rosso, Michele. Discuteva insieme ad altra gente il progetto di tetto Marasco.

- Quell'anima maledetta! Nel Palazzo delle Ombre si è trasformato in uno scorpione ed è scomparso in mezzo alle rovine.

- Forse è tornato là, Michele, e se fosse così… – Le pupille le si rovesciarono indietro. Il petto parve risucchiato da una forza. Scoppiò di nuovo a tossire.

- Lucetta, basta, ti stai affaticando troppo!

- No… – Altro accesso di tosse. – No, aspetta. La cosa più importante che dovevo dirti è un'altra. C’era…

Deglutì a vuoto, e poi, in un fiotto:

- C'era tuo papà.

- Mio papà? – Ma Michele non era così sorpreso.

- Sì, era proprio lui, ne sono sicura.

- Ma allora quel sogno… – Le raccontò cosa aveva sognato quella notte, quando aveva rivisto suo padre nella scuola di Vallascosa.

- Non era un sogno qualunque, Michele. Era il Grande Sogno. Tuo padre ci è arrivato, non so in che modo ma ci è arrivato.

- Quindi…

- Sì. Devi parlare con lui. Il Demone Rosso è ancora vivo e si trova là, e bisogna fermarlo prima che sia troppo tardi. Oh…

Lucetta chiuse gli occhi. Michele, sgomento, le posò l'indice sotto le narici. Si sentiva ancora l’aria, ma il respiro era debole, irregolare.

Passarono così due o tre minuti. Michele, per sconfiggere lo sgomento e il panico, ripercorse con la mente tutta la loro storia. Da quando l'aveva conosciuta a Valframés, fino a quell’ultimo incontro alla Coda dello Scorpione, dove gli aveva consegnato quel prezioso messaggio. Aveva sempre provato un senso di familiarità quando stava insieme a lei: come se si fosse trattata di una sorella, o comunque una parente.

Lucetta riaprì gli occhi di una fessura. Allungò una mano e strinse quella di Michele. – Ora devo andare, – disse.

- Dove vuoi andare? Le anime qui ti cureranno. Ti riprenderai.

Ebbe ancora un sorriso. – Non sei mai capace a dire le bugie, Michele.

Michele in un lampo riandò con la memoria alla recente separazione dai suoi genitori, e si sentì morire.

- Ascoltami ancora, – disse Lucetta in un soffio. – L'ultima cosa che voglio dirti è che io ho visto la costruzione di tetto Marasco. Ci abitavo insieme a zio Venanzio.

- Abitavi a tetto Marasco? Davvero?

- Sì. Io sono la prima… la prima… ooh… – Il respiro si bloccò. Ogni parola doveva costarle una fatica immane. Chiuse gli occhi, la fronte imperlata di sudore.

Michele lottava con le lacrime che premevano per uscire.

- …la prima… Mnis.

- Lucetta!

- Addio… addio…

- Aspetta… no!

- Addio.

Com'era successo per suo zio Venanzio, il petto di Lucetta si svuotò all'improvviso. La Mnis s'inarcò sul letto ed emise un ultimo, terribile rantolo. Michele si scostò, terrorizzato suo malgrado.

Poi cadde sul cuscino, priva di vita.

E allora finalmente Michele scoppiò a piangere.

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