Dimenticate i morti viventi che barcollano a rallentatore nel centro commerciale. Dimenticate il gore di serie B.
Whitehead non fa cinema, fa magia nera.
Questo libro non è una semplice raccolta di racconti; è il diario di viaggio di un pastore episcopale che si è "convertito" all'ombra. Henry S. Whitehead passò anni nelle Isole Vergini (ex Indie Occidentali Danesi), non per redimere anime, ma per dissezionare le paure più autentiche di un popolo: quelle che non temono l'Inferno, ma un'entità chiamata Jumbee.
Il termine Jumbee (una variante anglofona di Zombi) nella tradizione caraibica non indicava solo un cadavere rianimato, ma un vasto spettro di credenze: spiriti maligni, possessioni, e l'atto di rubare l'anima o la volontà a una persona.
Per tutte le pagine l'aria respirata è densa di salsedine e mistero. Siamo lontani dalle nebbie gotiche e dalle biblioteche polverose di H.P. Lovecraft (suo grande ammiratore). Qui il terrore cresce sotto il sole cocente, tra palme e mercati vocianti. La meticolosità con cui Whitehead descrive usi, superstizioni e i dettagli della vita caraibica è la sua arma più potente. Lo stile è potentemente realistico e, anche se può stridere, è anche particolarmente sobrio. In poche parole: funziona! L’horror di Whitehead non urla, ma si insinua.
A differenza dell’orrore cosmico di Lovecraft, quest’ultimo doveva creare i suoi miti (Cthulhu, Yig, gli Antichi), Whithead al contrario, aveva conoscenza diretta di rituali, e maledizioni della gente che raccontava.
Mentre Lovecraft temeva l'insignificanza umana di fronte a entità cosmiche, Whitehead esplorava la vulnerabilità dell'anima e della mente umana di fronte alla stregoneria regionale. Il Jumbee è l'equivalente caraibico dell'orrore ancestrale.
In sostanza, l'autore in questo libro evita il melodramma gotico. L'orrore si manifesta spesso attraverso l'esperienza del suo narratore ricorrente, Gerald Canevin (un alter ego colto e pragmatico).
Canevin non è un fanatico; è uno scettico che, lentamente ma inesorabilmente, è costretto a registrare fatti che distruggono la sua visione del mondo. Questa progressione dal razionale all'assurdo, guidata da un narratore affidabile, è un marchio di fabbrica che Lovecraft stesso utilizzava per rendere più credibile l'indicibile.
Con questo libro non si vuole far credere che Whitehead ha inventato gli zombi, (no! la credenza era già lì), ma è stato il primo a portarli nella letteratura horror moderna, e lo ha fatto nel modo più inquietante: non come mostri, ma come schiavi spogliati della loro volontà, un orrore che riflette le cicatrici profonde della storia coloniale; portando il terrore regionale per arrivare a sfiorare l’orrore cosmico.
















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