Nei primi anni '80 dello scorso secolo Michael J. Fox era "solo" un giovane e promettente attore canadese emigrato a Hollywood pieno di sogni e speranze che, dopo qualche difficoltà iniziale, aveva trovato un'occupazione stabile in una sit-com chiamata Casa Keaton (Family Ties in originale).
Proprio il successo della sit-com, alla quale aveva contribuito anche lui con il suo personaggio Alex Keaton, lo aveva fatto notare al team creativo di una commedia fantascientifica la cui realizzazione a Hollywood è stata più volte sul punto di non iniziare mai. Stiamo parlando di Robert Zemeckis e Bob Gale, che alla fine avevano convinto anche l'ormai affermato Steven Spielberg a produrre Ritorno al Futuro, una bizzarra commedia che mescolava viaggi nel tempo e storia di formazione, rifiutata da altri produttori negli scorsi anni. Gli autori avevano puntato Fox come protagonista, ma il produttore della sit-com, Gary David Goldberg, era stato irremovibile: Michael aveva un contratto blindato in esclusiva, ed era troppo impegnato e centrale nelle vicende della storia, non poteva assentarsi per il periodo in cui erano previste le riprese del film, coincidenti con la lavorazione di Casa Keaton. L'alternativa sarebbe stata spostare le riprese del film, ma la produzione era ormai avviata, e Zemeckis e Gale temevano che una nuova difficoltà l'avrebbe fatta abortire per sempre. Pertanto ripiegarono su un altro giovane attore dell'epoca, Eric Stoltz.
Nonostante l'impegno e la bravura però la prestazione di Stoltz non convinse i due autori e dopo sei settimane tornarono alla carica con Goldberg per convincerlo a cedergli Fox. Goldberg si convinse e dopo aver edotto di quanto successo Fox, ignaro fino a quel momento di essere stato al centro di complesse trattative nientemeno che per un film prodotto da Spielberg, gli diede il suo consenso, a patto che avesse lavorato Ritorno al Futuro dopo l'orario di lavorazione della sit-com, in pratica come secondo lavoro serale e nei week-end.
Pur di avere Fox Gale, Spielberg e Zemeckis cambiarono il diario di lavorazione del film, lavorando di giorno alle (poche) scene in cui non fosse necessario Fox, e di notte con lui.
Con l'energia dei ventenni, e l'entusiasmo di chi, pur non sapendo se il film avrebbe avuto successo o meno, sapeva che poteva essere l'occasione della vita, Fox si sottopose a un tour de force che per lunghi mesi lo vide rinunciare a sonno e vita sociale.
Il ragazzo del futuro. Ritorno al Futuro e il mio viaggio nel continuum spazio-temporale, è quindi il libro di memorie che racconta quei mesi convulsi dalla viva voce di Fox, raccolta e distillata da Nelle Fortenberry, ex dirigente di una rete televisiva che lavora al fianco di Michael J. Fox come partner di produzione da trent’anni, e parte del consiglio direttivo della Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research, premiata nel 2024 con un Emmy Award come produttrice esecutiva di Still. La storia di Michael J. Fox.
Il libro ha la stessa atmosfera evocata dai documentari dei contenuti speciali delle edizioni home video. Immerge l'appassionato cinefilo dapprima nella vita di Michael, poi sul set del film. Particolarmente stimolanti sono i momenti in cui si racconta come sono state girate specifiche scene.
Il libro inizia in medias res, narrando delle riprese della scena del primo incontro tra Marty e sua madre nel 1955. Il passaggio mostra il doppio punto di vista di Fox, imbarazzato ma anche molto motivato nel sostituire Stoltz nella scena che Lea Thompson, interprete della sua futura madre di Marty, Lorraine, aveva già girato con il precedente attore.Dopo la parte biografica, in cui Fox rievoca un percorso che dalla sua infanzia e la passione per cinema e recitazione lo porteranno poi a tentare la fortuna a Hollywood, la narrazione in prima persona rievocherà con lo stesso tono, con la stessa empatia di Fox nei confronti dei suoi compagni di set, narrando altri retroscena. Racconti che non potranno che fare emergere nuovi dettagli rivedendo i film, sapendo, per esempio, come si rapportavano gli attori tra loro durante le riprese, o quali fossero i disagi fisici affrontati nell'indossare abiti scomodi, o lavorare dentro un'angusta Delorean, piena di oggetti di scena belli da vedere sullo schermo, ma appuntiti e spigolosi, tanto da ferire Fox durante il lavoro.
Molta attenzione, e non poteva essere diversamente, si dà nel libro al lavoro dell'attore, a come, quando se hanno le capacità, si modulano voce e posture per caratterizzare personaggi di carattere diverso. Molte volte sembra che un attore/attrice sia sempre se stesso, e che sia il ruolo ricorrente ad essergli appiccicato addosso, ritagliato alla fine sulle sue caratteristiche. Al contrario Fox spiega come sia stato complicato per lui, pur non essendo attore di metodo, cambiare nella stessa giornata da Alex P. Keaton a Marty McFly, specialmente in momenti in cui la stanchezza per la privazione di sonno poteva giocargli brutti scherzi.
Un altro passaggio emblematico è quello in si spiega come la produzione volesse gestire la sostituzione di Stoltz nelle scene già girate.
Nel cinema la tecnica del campo/controcampo consiste nell'alternare due inquadrature speculari, mostrando i personaggi di una scena da punti di vista opposti. Viene usata in particolare quando conversano tra loro, sia a due che in gruppo, per rendere naturale e fluida la conversazione agli occhi dello spettatore. Gli attori di solito girano insieme i dialoghi, guardandosi, sia quando la camera si rivolge verso uno, sia quando la camera si rivolge verso l'altro. Questo per garantire anche la verità delle reazioni.
Come spiega il libro, la produzione, per risparmiare tempo e denaro, avrebbe voluto girare solo i controcampi di Fox, lasciando nel montaggio le scene in cui gli altri attori avevano reagito a Stoltz. Questo è stato giudicato inaccettabile dai componenti del cast, perché le reazioni dei loro personaggi erano commisurate alla versione che il primo attore aveva dato di Marty McFly, molto diversa da quella di Micheal J. Fox. Pertanto le scene vennero rigirate in toto, con aggravio di costi e di tempi, ma gli attori diedero ai loro personaggi quelle che consideravano le giuste reazioni alla diversa versione del personaggio con il quale si rapportavano.
Quanto fossero differenti le due versioni è appena accennato nel libro, quanto basta per comprendere che, almeno nel caso di Ritorno al Futuro, il contributo degli attori sia stato parte della riuscita del film, con professionisti che non si sono limitati ad aderire passivamente alla visione del regista, ma che hanno collaborato con lui nella messa a punto dei loro personaggi.
Fa riflettere su quanto sia cambiato il cinema se, per produzioni di block-buster, ci arrivando notizie di produzioni che fanno girare i dialoghi separatamente, facendo parlare gli attori al vuoto, a volte senza il contraddittorio, ovvero senza le frasi di risposta al dialogo, con attori che quindi non sanno bene a chi si sono rivolti e perché.
Il libro comunque non parla agiograficamente di un set idilliaco, senza problemi o contrasti, ma riporta la visione di un gruppo di lavoro che, pur con opinioni divergenti, ha lavorato con l'obiettivo della miglior riuscita possibile del film.
Fox non manca di affrontare poi, ma a questo punto vi lascio scoprire i dettagli da soli, la scomoda "questione Stoltz". Ovvero di come poi si sia cucito il rapporto tra i due attori, che non si erano mai visti e conosciuti fino a quando Fox non scrisse a Stoltz una mail per conoscerlo e conoscere la sua versione della storia.
Il risultato finale è un libro piacevole, indirizzato sia agli appassionati della saga di Ritorno al Futuro, sia a chi ama il cinema in toto, perché consente di entrare sul set, di respirarne l'atmosfera, anche a 40 anni di distanza dall'arrivo del film nelle sale cinematografiche, grazie anche al bel corredo di 60 fotografie in appendice al libro. Ciliegina su una torta molto piacevole e gustosa.

















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