C'è un morto. Quindi c'è un giallo.

Il banale sillogismo può essere fuorviante se ci si approccia a un romanzo a più strati come Il Canto Oscuro di Alessio Brugnoli.

L'indagine sul sospetto suicidio del matematico inglese Alan Stuart è l'occasione per il nobile Andrea di immergersi in una Roma immaginaria misteriosa e densa di pericoli, ma anche di venire a patti con se stesso e le proprie convinzioni sul mondo che lo circonda.

Un romanzo è la somma di storia, ambientazione e idee. La storia dell'indagine ha una sua linearità, con molti momenti di dialogo, alcuni momenti d'azione e tensione mozzafiato e una risoluzione non banale. L'ambientazione è una Roma fuori dal tempo, in un mondo a cavallo tra l'800 e il '900, nel quale i computatori a vapore sono una realtà. Potenti macchine da calcolo che hanno reso il mondo grigio di fuliggine. A rendere veritiero e peculiare il luogo della narrazione non c'è solo la ricerca toponomastica, fatta di vie e vicoli, nobili magioni e strade misere fangose e polverose ma anche l'uso di un linguaggio autentico, mai stereotipato, che non è lì per “fare colore”. Tutti elementi che rendono immersiva e coinvolgente, nonostante i momenti raccontati forse siano un po' sopra la norma d'abitudine in questi tempi di dogmatico “show don't tell”.

Il coraggio di non scegliere la via di una narrazione “alla moda” può essere il fascino di questo romanzo, ma talvolta la narrazione perde in scorrevolezza. Se non si è affascinati o colpiti dai riferimenti si potrebbe essere tentati di superare alcuni momenti statici.  Anche la gestione complessiva delle parti della trama e del ritmo non appaiono ben bilanciate e il finale cala come una lama in modo quasi inaspettato, ma le suggestioni del quadro generale tengono e motivano a finire il romanzo. Sono convinto che con l'esperienza l'autore riuscirà a bilanciare le varie componenti in futuro. 

Questa prova fa ben sperare. Anche perché un altro grosso merito è il non lesinare idee, sull'ambientazione, sul suo funzionamento, sui mille particolari non scritti ma percepibili di un mondo che è al di fuori della cornice narrativa. Sarà pure nella testa dell'autore o nelle sue note preparatorie, ma è avvertibile.

Se i più saranno divertiti dalle varie figure storiche inserite nel romanzo, una per tutte Guglielmo Marconi, a chi conosce la vita di Alan Turing non potrà che saltare all'occhio la figura della vittima, il matematico inglese omosessuale Alan Stuart, finito nel mezzo di una storia più grande di lui.

Molti sono i paralleli tra la figura reale e il suo alter-ego nel libro, che diventa un protagonista, mediante il racconto di chi lo ha conosciuto, anche se è morto dalla prima pagina.

Lode al coraggio di rendere protagonista di un romanzo una figura così controversa, pur se di acclarato valore nella storia della scienza.

Tante sono le ipotesi di intrigo sulla morte di Turing che però non hanno mai trovato conferma. Nel 1951 denunciò un furto subìto in casa, probabilmente da un conoscente di un suo amante. All'epoca in Gran Bretagna l'omosessualità era un reato. Pertanto Turing fu condannato a cure ormonali che ne minarono la psiche, oltre che provocargli danni fisici. Il 7 giugno del 1954 fu trovato morto accanto a una mela morsicata intrisa nel cianuro. In realtà l'autopsia non fu mai eseguita ed esistono ora delle tesi che ipotizzano risposte diverse a quello che fu decretato all'epoca, ossia che lo scienziato si sia suicidato.

Quello di Brugnoli è anche un omaggio a queste ipotesi.

Un romanzo da leggere con avidità e curiosità.