Trasporre per il cinema un romanzo reca con sé una serie innumerevole di rischi di cui da appassionati di cinema siamo tutti ben consci; non da meno l'idea di tradurre in carne e ossa un romanzo a fumetti che ha un chiaro, netto, nitido immaginario definito su carta e inchiostro. Il carico definitivo è dato se alla sceneggiatura lavora l'autore stesso del romanzo. 

Si potrebbe pensare che sia una garanzia, e in fondo potrebbe esserlo, ma a mio parere è doppiamente un pericolo perché l'autore, soprattutto quando dotato di una profonda sensibilità, rischia di non essere mai pienamente soddisfatto del proprio lavoro, considerandolo perennemente perfettibile. Se poi cominciano a metterci le mani terzi, probabilmente l'ansia sale. 

Se un giorno Zerocalcare dovesse leggere la mia recensione, però, spero che ne possa trarre un minimo di pacificazione. Non disdegno i suoi fumetti, ma non ne sono una fanatica. Trovo che La profezia dell'armadillo, diretto da Emanuele Scaringi sia un lavoro umilmente creativo, comunque intimista, ben confezionato, appassionante, che potrà incuriosire uno spettatore che ancora non abbia letto il romanzo.

Colpiscono la delicatezza, il modo scanzonato ma a tratti poetico con cui viene raccontata questa storia. Convincono i flashback, i momenti salienti del gruppo del Sacro Giuro. Bravi i giovani Zero (Valerio Ardovino), Secco e Greta, un po' meno Camille (Sofia Staderini): troppo artefatta e presa a voler rimarcare i natali francesi, non azzecca il ritmo delle battute, risulta un po' poco spontanea, quando il suo ruolo è praticamente centrale. Peccato.

Si apprezzano l'ironia, la profondità di alcune riflessioni sulla vita, l'universo e tutto quanto (non presente nel film, ma ci sta bene) ben risolte nello scambio di battute efficaci, con un bel ritmo, piace l'approccio di Zerocalcare con il giovanissimo Blanka (Samuele Biscossi), a cui cerca di insegnare non tanto il francese, ma a ragionare. 

Convince molto la coppia Zerocalcare-Secco, interpretata da Simone Liberati e Pietro Castellitto. Ben assortiti, spontanei, a proprio agio. Non sembrano scimmiottare qualcuno. Danno una chiave di lettura, e forse è questo il loro merito principale. La recitazione è fluida, divertente, espressiva, soprattutto nei lunghi silenzi del protagonista.

Il non plus ultra è dato da Valerio Aprea, nei panni – ricavati da evidenti corrugati elettrici – dell'Armadillo. Non avrebbe potuto essere qualcun altro. L'Armadillo è lui. Quasi commuove, nel suo lento incedere, nei suoi saggi quanto scanzonati momenti, commenti, consigli. Un Grillo Parlante 2.0, la Coscienza di Zero, in qualche modo il suo alter ego, ottimamente reso.

Colpisce Roma, una Roma che non si vede mai in tv o al cinema, la Roma sud un po' dimenticata, perché Rebibbia spesso è solo quella del carcere, e non quella dei giovani che cercano il proprio posto nel mondo. 

Trovo che i cameo all'interno della storia, la Morante e la Pandolfi nei panni delle mamme di Zero e Blanka, Vincent Candela a interpretare il padre di Camille, la Smutniak in una brevissima comparsa, Panatta nel ruolo di se stesso, siano degli inserimenti che non danno chissà che al film. Forse è più quella che spesso si definisce una simpatica partecipazione, perché non tolgono nulla, ma neanche danno un plus alla riuscita del film che si regge perfettamente sui tre personaggi principali e i loro tre talentuosi interpreti. Diana Del Bufalo, nel ruolo di Greta, è proprio come il suo personaggio, un po' deludente.

La colonna sonora (a cura di Giorgio Giampà e Nic Cester) è interessante, coinvolge, ben si sposa con lo svolgersi della storia e lo scorrere delle immagini, nelle lunghe sequenze dei silenzi di Zero. L'atmosfera che viene ricreata richiama con convinzione i film commedia anni '90. Potrebbe rievocare scenari di altre pellicole tratte da libri per giovani che hanno avuto molta meno fortuna (Jack Frusciante è uscito dal gruppo, per esempio. Un film da brividi di imbarazzo, per un libro che si lasciava leggere).

In conclusione, La profezia dell'armadillo non sarà il film dell'anno, non avrà soddisfatto appieno quel che c'era nella mente del vero Zerocalcare, ma ha il merito di portare sullo schermo la storia di molti giovani che, consapevoli del proprio essere imperfetti, innamorati del proprio mondo, affamati di vita, fedeli agli amici e ai propri principi, cercano di farcela ogni giorno, tra genitori che li capiscono fino a un certo punto, un mondo che confonde loro le idee, una città grande e piena di opportunità quanto di ostacoli.