Ore 22.30, mese di novembre 2003, la spia rossa del telefono in linea si accende nello studio B di Radiodue, nella stanza seduti a un tavolo verde che potrebbe sembrare da gioco ci sono il conduttore radiofonico Luca Crovi, il traduttore e rocker Sebastiano Pezzani e il direttore di Urania Giuseppe Lippi. Dall’altra parte dell’oceano risponde alla chiamata lo scrittore Richard Matheson, 77 anni, una leggenda vivente della letteratura e del cinema fantastico.

"Hello!"

"Hello guys!"

Cosa si ricorda del periodo magico in cui lei e Roger Corman ricreaste per il cinema l’immaginario di Edgar Allan Poe?

I vivi e i morti è stata la prima pellicola che mi abbiano mai chiesto di realizzare e fare quel film mi stava davvero a cuore. Avevo letto la storia originale di Poe e l’avevo amata e continuava a spaventarmi ogni volta che la rileggevo. La modificai leggermente, aggiunsi dei personaggi e preparai così una scaletta completa che potesse andare bene per una sceneggiatura cinematografica. All’inizio ebbi contatto solo con l’American International Pictures e solo diverso tempo dopo che avevo iniziato il mio lavoro venni a sapere del coinvolgimento di Roger Corman. Sembra che molti critici considerino quei quattro film che realizzammo insieme nel giro di tre anni quanto di più vicino all’originale di Poe ci possa essere e forse hanno ragione, se si fa eccezione per uno dei racconti brevi compresi ne I racconti del terrore che nonostante l’atmosfera devo ammettere che sono tutta farina del mio sacco.

Come nacque la collaborazione con Rod Sterling per la serie Twilight Zone e quali dei racconti che ha scritto per quella serie televisiva le paiono ancor oggi esemplari?

Sono sempre stato molto amico di Charles Beaumont. Venimmo entrambi invitati alla proiezione della puntata-pilota della serie Twilight Zone, dopodiché ci recammo direttamente nell’ufficio di produzione del serial e incontrammo il produttore Rod Sterling e cominciammo a lavorare a varie storie. Giusto l’altra sera la CBS ha trasmesso un programma per celebrare il 75° anniversario della rete e ovviamente hanno celebrato una delle più fortunate serie da loro messe in onda, ovvero Twilight Zone. Con l’occasione hanno proprio trasmesso una delle mie storie, quella che vede William Shatner alle prese con un aereo sulla cui ala si è posato un oggetto non meglio identificato. Pare che quando la gente parli di Twilight Zone, quello sia l’episodio preferito. Mi è piaciuto molto realizzare quella storia e ho sempre pensato che fosse superiore alla versione cinematografica che ne fu realizzata poi da George Miller per il film ad episodi prodotto nel 1983 da Steven Spielberg.

Le sono piaciute le serie successive di Twilight Zone a colori?

No! A dire il vero, non me n’è piaciuta neanche una. Quante ne hanno fatte? Se non sbaglio tre. Non credo che abbiano catturato l’essenza dell’originale. La serie originale di Twilight Zone era in bianco e nero, ovvero un modo decisamente più drammatico di presentare quel tipo di storia.

Stephen King ha sempre dichiarato di essere stato un suo allievo. Che cosa ha imparato da lei?

Credo che la mia maggiore influenza su King stia nel fatto che lui, al pari di molti altri scrittori, prima di iniziare a leggere i miei libri scrivesse storie fantasy e horror su castelli, cimiteri, vampiri, mentre le mie storie raccontavano di fatti terribili che accadono nel tuo quartiere e al supermercato. Credo che questo gli abbia offerto una prospettiva narrativa completamente diversa. La cosa che King sa fare meglio, ovviamente, è raccontare delle storie. È un bravo narratore ed io stesso mi considero un narratore.

Cosa le fa paura?

Il termine paura è relativo a una serie piuttosto ampia di eventi. Si può avere paura di prendersi un raffreddore oppure, per estremizzare, si può avere paura di avere come vicino di casa un vampiro. Non esiste un limite alle paure degli esseri umani, dalla paura più mondana a quella più stravagante.

In questo momento io personalmente non ho paura di nulla in particolare. Grazie a Dio, i miei figli sono cresciuti e sono in ottima salute e anche mia moglie sta bene: è ancora con me e ha una sua attività lavorativa. E io stesso vengo intervistato da un sacco di gente diversa. Prendiamo questa intervista, per esempio. C’è un sacco di gente che scrive articoli su di me e che non l’ha mai fatto prima. Ho come la sensazione che se vivi sufficientemente a lungo, prima o poi qualcuno si accorgerà di te.

Recentemente il suo Io sono leggenda è stato ristampato in Italia con successo da Fanucci ed è stato classificato come un thriller…

È buffo ma credo che Io sono leggenda sia il mio unico vero romanzo di fantascienza. È probabile che non tutti siano d’accordo con me. Per scriverlo chiacchierai a lungo con una dottoressa e ho letto molte ricerche scientifiche sulle mutazioni. Tutti gli elementi biologici che presento nel libro per fornire una spiegazione all’esistenza dei vampiri sono assolutamente logici. Li ho analizzati nel dettaglio, decrivendo il loro aspetto, come distruggerli, perché debbano restare all’interno di una casa, e via discorrendo.

Come ha avuto l’idea di scrivere Io sono leggenda?

Da ragazzino andai a vedere Dracula con Bela Lugosi e, a dispetto della mia giovane età, mi venne l’ispirazione. Passarono diversi anni prima che io mi mettessi a scrivere ma l’idea di base era questa: se un vampiro fa così paura, cosa succederebbe se tutta l’umanità fosse fatta di vampiri, a eccezione di un uomo?

E quella di Tre millimetri al giorno?

L’ho presa da un film con Ray Milland ed Aldo Ray. A un certo punto della storia, Ray Milland se ne andava stizzito, prendeva il suo cappello e se lo metteva in testa ma il cappello era talmente grande da scendergli fin sotto gli orecchi. Al che mi sono domandato: e se un uomo si infilasse un cappello che è certo sia il suo e gli succedesse comunque una cosa del genere, rendendosi conto di essere diventato più piccolo?

È d’accordo sul fatto che La notte dei morti viventi di George Romero si avvicina maggiormente alle atmosfere di Io sono leggenda di quanto facciano L’ultimo uomo sulla terra di Umberto Ragona (sceneggiato da lei stesso) e 2020- occhi bianchi sul Pianeta Terra con Charlton Heston?

Assolutamente sì. Per un certo periodo di tempo, lavorai come consulente creativo per la Disney e mi capitò di incontrare Romero. In passato mi era venuta un’idea che mi era parsa gli potesse interessare. Quando mi vide, alzò le mani come se io fossi sul punto di menarlo e disse: “Spiacente, la sua idea non ha fatto soldi!”. Certo che ho visto quel film in televisione e mi sono detto: “Non sapevo avessero girato Io sono leggenda… Romero l’ha definito un omaggio, che in pratica significa che non ha dovuto darmi un soldo per realizzarlo!

Cosa successe sul set del film gli Uccelli, fra lei e Mr. Hitchcock?

Credo di essermi pregiudicato la possibilità di ottenere l’incarico di sceneggiare quel film il giorno stesso in cui incontrai Alfred Hitchcock. Ci sarebbero dovuti essere anche il mio agente e i collaboratori di Hitchcock ma alla fine non si presentò nessuno ed io mi ritrovai solo con lui. La prima cosa che gli dissi fu: “Signor Hitchcock, credo che non sia una buona idea far comparire quegli uccelli troppo spesso”, al che Hitchcock assunse un’espressione schifata e, con l’inconfondibile accento britannico, disse semplicemente, “No, no, no!”. Ecco tutto. Fu l’inizio e la fine del mio coinvolgimento nel film. In seguito scrissi dei soggetti per la serie Alfred Hitchcock presenta ma non ho mai più avuto occasione di reincontrarlo.

La serie di The Night Stalker, con protagonista il giornalista Kolchack che diventa cacciatore di alieni e vampiri pare abbia ispirato la famossisima serie di X-Files, come ha dichiarato in più di un’occasione Chris Carter. Le è piaciuta la serie creata da Carter?

Non mi è piaciuta particolarmente. Avrebbe dovuto realizzarla il mio amico Dan Curtis ma immagino che non abbia raggiunto un accordo economico soddisfacente e se si fosse occupato lui di quella serie probabilmente io avrei scritto alcune delle relative storie. Siccome, però, lui non ebbe niente a che fare con quella serie, nemmeno io ci lavorai. Per quanto riguarda nello specifico X-Files, Chris Carter in più di un’occasione ha dichiarato apertamente di essersi ispirato al personaggio di Kolchak per creare il personaggio di Izzley. Inoltre, non ricordo quante apparizioni abbia fatto ma so che nella serie X-Files c’era un personaggio che era l’unico di tutto il senato a credere in ciò che Mulder e Scully stavano facendo. Questo personaggio si chiamava Senatore Matheson.

È vero che la storia di Duel è ispirata a un vero episodio che le è accaduto?

Sì, è vero. Avevo un amico scrittore, ora scomparso, che si chiamava Jerry Soul. Era uno scrittore di fantascienza. Una volta andammo a giocare a golf in un posto chiamato Elkon’s Ranch, oltre Moore Park. Interrompemmo la partita per pranzare sul posto e fu allora che venimmo a sapere che il presidente Kennedy era stato assassinato. La notizia ci sconvolse e non riuscimmo a mangiare niente e certo non concludemmo la partita. Salimmo in macchina e iniziammo a percorre questa strada tortuosa che passava per un canyon quand’ecco che un enorme camion iniziò a tallonarci, facendosi sempre più minaccioso. Per cui Jerry dovette accelerare e andare sempre più veloce. Insomma, per farla breve finimmo fuori strada e così facemmo testa coda, in una nuvola di polvere, e il camion ci sfrecciò accanto come se niente fosse. Naturalmente noi eravamo sotto shock. La cosa buffa, ancor oggi, è ammettere che, una volta passato lo spavento iniziale, lo scrittore che è in me prese il sopravvento. Fu come se una parte del mio cervello non tenesse conto dello spavento e dicesse: “Questa sì che sarebbe una bella storia!” Così mi sono annotato alcune delle sensazioni provate, sensazioni che avrebbero rappresentato l’idea di base della storia.

Sta lavorando a qualche progetto in questo momento?

Niente di particolare, se si fa eccezione per uno spettacolo teatrale che ho scritto e che si intitola Now you see it. Si tratta di una commedia noir che ha per protagonista un illusionista di professione. Ho già un produttore, un regista, il miglior tecnico luci di New York, il miglior consulente di magia che si possa trovare negli USA (che lavora, tra gli altri, per conto di David Copperfield). Siamo quasi pronti ma ci manca ancora l’attore principale. Abbiamo degli ottimi contatti a Londra e pare che alcuni teatri siano interessati ad ospitare lo spettacolo. Disponiamo già del budget di produzione. Insomma, ci manca solo l’attore protagonista. Se troviamo quello giusto, lo spettacolo potrebbe prendere il via all’inizio del nuovo anno.

La linea si è interrotta, sentiamo solo frammenti di frasi smozzicate, come se gli alieni dall’altra parte stessero decriptando i nostri messaggi. Se volete saperne di più, se volete ascoltare per intero quest’intervista sintonizzatevi sabato 13 dicembre e sabato 20 dalle 13 alle 13.30 su Radiodue. Preparatevi per un viaggio ai confini della realtà con Mister Matheson, ascoltando Tutti i colori del giallo!