Kemal è un giovane affascinato dalle leggende di Noè, di Gilgamesh e soprattutto di Atlantide. Cosa può aver provocato la scomparsa di quella fiorente civiltà? È questa la domanda che ossessiona il giovane. Deciso più che mai a svelare il mistero che circonda il mitico continente perduto, Kemal si reca all’Osservatorio del Passato e grazie al Veriter 2, una potente macchina in grado di vedere nel tempo e nello spazio, s’imbatte nel giovane Glogmeriss e nel suo popolo. Kemal segue il viaggio iniziatico che Glogmeriss intraprende per diventare un uomo, così come prevedono le tradizioni della sua gente. Ma il viaggio si rileverà l’inizio di una nuova vita per il giovane e così, grazie al suo coraggio e alla spiccata intelligenza, Glogmeriss riuscirà a ritagliarsi un posto d’eccezione nella Storia dell’umanità, diventando Noè, il perpetuatore della stirpe umana.

Card riesce a dosare sapientemente leggenda, storia e fantasia pura, anche se le premesse di Atlantis sono strozzate dalla sensazione di aver letto un romanzo appena abbozzato.

Le centoventiquattro pagine che compongono l’opera non rendono giustizia all’idea di partenza, così come i personaggi sembrano appena tratteggiati. Kemal compare all’inizio e alla fine del romanzo, scomparendo del tutto nella parte centrale della storia. Lo stesso Glogmeriss/Noè – il vero protagonista della vicenda – sembra non sufficientemente sviluppato dal punto di vista psicologico. Glogmeriss non è un leader del suo popolo e non ha negli occhi la vivida luce della follia dei pazzi: è semplicemente un uomo, convinto fin da ragazzo di dover compiere una grande impresa ed entrare così - dalla porta d’ingresso - nella storia dell’umanità.

La storia è in ogni caso plausibile e scorre fluida: la prosa dello scrittore americano è cristallina e naturale.

È un libro che si legge con facilità e con piacere, ma senza provare le emozioni a cui Orson Scott Card ci ha abituato con il ciclo di Ender o con quello di Alvin.