Alcuni mesi dopo l’uscita del secondo libro di Chiara Strazzulla, non può mancare qualche considerazione sull’opera dell'autrice che ha inaugurato “l’apertura dell’Einaudi al Fantasy”.

La strada che scende nell’ombra: se il titolo è lungo, lo è anche il romanzo: ottocento e passa pagine per una storia che forse ne richiedeva meno.

Tuttavia, la lunghezza non è mai stata un problema per il genere fantasy: tomi divisi in più puntate, trilogie, eptalogie e decalogie non mancano di certo, ma in questo caso l’autrice sembra sia stata spinta a scrivere la sua “opera omnia” senza tenere conto che un simile impegno necessita di un lungo percorso di vita e di formazione.

Da qui, gli aspetti eccessivamente acerbi di trama e stile. La storia non è nuovissima: un mondo frazionato in etnie legate da accordi precari, le Otto Terre, deve fronteggiare un pericolo antico. L’Ombra si è risvegliata, e per combatterla occorre una compagnia di antieroi: i peggiori esponenti di ogni popolo - umani e non - sono i protagonisti di questa lotta eterna tra bene e male, assieme a Dei costretti a fare i conti con i loro errori. Se i “buoni” otterranno una vittoria, sarà a caro prezzo.

Niente di nuovo dunque, ma in un romanzo fantasy la novità non è sempre necessaria: spesso il lettore affezionato a certi cliché desidera ritrovarli all’infinito: ben venga quindi la Minaccia Oscura contro i Prodi Cavalieri, il Viaggio Pericoloso degli eroi e così via. Tuttavia, l’ingrediente che non deve mancare in questo piatto rassicurante è la spezia che rende saporito il tutto: la frase “non importa cosa si scrive ma come” è trita ma sempre valida.  

Se i libri di Licia Troisi  (e  di altri) sono McFantasy – il genere di lettura da McDonald – questo romanzo di Chiara Strazzulla ha le caratteristiche di un pranzo formale dai parenti: lungo, pesante, allietato da qualche sorriso e molte occhiate all’orologio, perché non si vede l’ora che finisca.

 Un prologo che richiama la complessità del Silmarillion senza averne il fascino, una cosmogonia di Dei vivaci ma visti già tante volte. Etnie e rispettivi nomi sono chiaramente scaturiti da una mente giovane e appassionata di letture fantasy che non ha ancora avuto modo di leggerle tante e tante volte.

Lo stile in molti punti richiama i programmi scolastici dell’ultimo anno di liceo: la frase “formazione naturale calcarea", per descrivere il trono dei nani, è veramente terribile.

I personaggi sono delineati in modo discontinuo. Su alcuni l’autrice indaga a fondo, su altri – quelli che forse le sono meno simpatici – si limita ad accenni con poca personalità: a cosa serve, tutto sommato, la presenza di Lady Ametista? Forse era doveroso inserire una figura femminile fra tanti maschi, naturalmente cattiva e seduttrice.

L’onnipresente Grande Mago è una via di mezzo fra Gandalf e il Thor scandinavo. C’è una pietra temibile, un drago saggio, una fortezza incantata, una magia pericolosa, qualche storia d’amore e d’amicizia… Non manca nulla, tranne un brivido d’emozione.

 

Tuttavia, la Strada di Chiara Strazzulla ha un certo ché di entusiasmante e, dietro un romanzo complessivamente deludente, si intravede una scrittrice con buone potenzialità: stile acerbo ma fluido, tantissima fantasia e lo sforzo di staccarsi dagli stereotipi. Il finale del romanzo è un guizzo ammirevole e coraggioso.

La sensazione è che le algide leggi del marketing buttino in pasto al mercato scrittori validi ancora in embrione.

Tra qualche anno, magari, leggeremo un’altra opera capace di rendere maggiore giustizia a questa giovane autrice. Non c’è fretta, possiamo aspettare.