Prendo la fotografia, l’avvicino allo specchio e osservo le due immagini l’una accanto all’altra. Forse si potrebbe trarre una morale da questa giustapposizione, ma io non so quale sia. Forse questo stesso gesto è soltanto un segno della mia debolezza. Come l’aver conservato lo specchio, quasi fosse un talismano contro l’avversa fortuna, nonostante i suoi poteri si siano da tempo dimostrati inefficaci. Fu David a regalarmelo, poco tempo dopo il nostro primo incontro, sussurrandomi che il mio viso aveva bisogno di una cornice adeguata. David Hammersmith, il corteggiatore ideale, quello che qualsiasi ragazza nubile vorrebbe avere ai suoi piedi. Il genere di marito che mio padre avrebbe auspicato al mio fianco, se non avesse avuto in mente soltanto la cattedra di letteratura dell’Università di Vienna. Non che questo avrebbe cambiato le cose. Lo scontro tra noi era inevitabile, dal momento che per lui il mio matrimonio sarebbe stato un espediente per bloccarmi, per tenermi a bada, per rinchiudermi all’interno dei rassicuranti confini della famiglia e della maternità, quasi che l’idea di una figlia libera di agire nel vasto mondo lo terrorizzasse. Ma David era davvero irresistibile, con i suoi occhi scuri che ti lanciavano sguardi di rispettosa ammirazione, scivolando dai tuoi occhi alla tua bocca... e fermandosi appena un attimo prima di posarsi con aperto desiderio un po’ più in basso; con la sua bocca, sempre pronta ad accostarsi con naturalezza alla tua mano protesa in una perfetta imitazione di rispettabilità, ma che non potevi fare a meno di immaginare impegnata altrove; con la sua voce, mai più di un sussurro, ma sempre perfettamente udibile, adatta a pronunciare complimenti di circostanza, ma che con uguale facilità avrebbe potuto proferire parole molto più audaci, impensabili per la buona società londinese di cinquant’anni fa; con le sue mani morbide e sottili, dalle dita lunghe, delle quali, ogni volta che compivano un gesto innocente, come prenderti il braccio per farti attraversare la strada, intuivi che con la stessa disinvoltura avrebbero potuto infilarsi sotto la tua gonna, o giocherellare con i bottoni della tua camicia. Avrei anche potuto innamorarmi di lui, se non fosse che a quell'epoca ero già morta. Per tutto il tempo in cui durò la nostra frequentazione non alzò mai la voce in mia presenza, neppure quando mi chiese di sposarlo, neppure quando mi misi a ridere e gli risposi di no. Solo quando spalancò la porta della mia camera d’albergo, solo quando mi sorprese accanto alla mia preda addormentata con un sorriso di beatitudine sul volto, soltanto allora si mise a urlare.

Con David commisi due errori. Il primo fu quello di incoraggiare la sua frequentazione, di continuare a dargli lezioni di tedesco, anche quando il suo interesse per me era ormai palese. Il secondo fu quello di non lasciare Londra la sera stessa in cui mi rivolse la sua proposta di matrimonio, nella convinzione che sarei riuscita comunque a far perdere le mie tracce. A questi due errori non era estraneo, naturalmente, il mio interesse per lui, che mi spingeva a cercare la sua compagnia, anche quando la prudenza legata alla mia condizione mi avrebbe suggerito il contrario, e nel contempo mi impediva di servirmi dei suoi sentimenti per i miei scopi, come sono solita fare con coloro che ho scelto. Ma con David sbagliai anche per eccesso di sicurezza, a causa della mia naturale vanità, che mi spinse a sopravvalutare la mia astuzia, sottovalutando la sua. Non immaginavo che sarebbe riuscito a trovarmi. Soprattutto non immaginavo che fosse tanto innamorato da volerlo fare. A mia discolpa posso dire soltanto che un simile errore non si è mai più ripetuto. Ma so che Martin non si accontenterebbe di una giustificazione così banale. Errare è umano, diceva, ma noi non siamo più umani. Se vogliamo che continuino a lasciarsi ingannare, dobbiamo recitare la nostra parte fino in fondo, senza compiere passi falsi. Un solo passo falso, ed ecco il paletto di frassino, ecco la scure che ti taglia la testa, ecco le finestre aperte che lasciano entrare la luce del sole. Anche in pieno ventesimo secolo? Sì, anche in pieno ventesimo secolo. Fu così che David mi trovò, nel sudicio albergo che avevo scelto per quella notte, un luogo in cui un damerino come lui, pensavo, non avrebbe mai osato avventurarsi.

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