– Allora… uh… a che piano deve andare?

Sorpresa, Charlie lanciò un’occhiata all’uomo accanto ai pulsanti, ricordando vagamente che si era già trovato nell’ascensore quando lei vi era entrata.

– Decimo – rispose.

Lui reagì con un sorriso che pareva dire: “Eccoci qui, bloccati insieme in uno spazio ristretto”, poi accennò  alla mano di lei, ancora incurvata con fare protettivo sulle corde dello strumento.

– Suona?

– No – ribatté Charlie, mentre quella sensazione di familiarità si dissolveva. – Mi piace solo portarmi dietro una chitarra.

– Giusto. Domanda stupida – ammise l’uomo, cominciando a perdere il proprio sorriso; con un cenno, attirò quindi l’attenzione di Charlie sulla propria immagine, riflessa dalle pareti di acciaio inossidabile. – Sa, lei sembra più tipo da chitarra elettrica, che non da chitarra acustica – osservò.

- Ha idea di quanto pesi una batteria per amplificatori? – ringhiò Charlie, allontanandosi dal volto una ciocca di capelli blu elettrico, che portava lunghi fino al mento.

- Uh… no.

– Ebbene, ecco la sua risposta.

L’uomo indietreggiò di un passo e sollevò  lo sguardo verso i numeri che si accendevano in rapida successione, come se sette, otto e nove fossero diventati d’un tratto la cosa più  interessante del mondo. Al nono piano, scese dall’ascensore, aprì  la bocca come per dire qualcosa, poi la richiuse in silenzio quando la porta dell’ascensore si venne a parare fra loro.

Nella cabina, le luci fluorescenti avevano bandito tutte le ombre.

Per precauzione, Charlie continuò comunque a tenere d’occhio gli angoli.

Roland era alla stanza 1015, una delle piccole suite d’angolo. Charlie sapeva benissimo che Alan Kirby non poteva aver prenotato una suite perché, per usare le parole di Zia Grace, lui faceva della parsimonia una regola di vita. Roland però era un Gale, e se era possibile avere qualcosa di meglio, non aveva difficoltà a ottenerlo.

La sua porta era leggermente socchiusa, segno evidente che la stava aspettando.

– Ciao, Charlie! – Nel vederla attraversare il piccolo atrio, Roland chiuse il computer portatile e cominciò a riporre nello zaino alcune carte. – Grazie per l’aiuto. Sarei potuto rientrare a casa in volo, ma poi tornare qui di domenica sarebbe stato un incubo.

– Sì, non c’è di che.

– So che detesti dare passaggi, ma… – cominciò Roland, accigliandosi.

- Detesto che la gente si aspetti che io le dia un passaggio, il che non è la stessa cosa – ribatté Charlie. In linea di massima, non le seccava facilitare la vita ai suoi familiari, ma questo non includeva essere a disposizione di chi era troppo stupido per leggere un calendario e si trovava ad avere bisogno di un passaggio per rientrare rapidamente a casa.

– In tal caso, se non ti secca che te lo chieda, cosa ti sta rodendo?

– Cosa? Oh, scusami, non ha niente a che fare con te – rispose Charlie, dirigendosi alla scrivania, gli stivali che praticamente non facevano rumore sulla morbida moquette. – È solo che un tizio ha cercato di essere troppo amichevole, sull’ascensore.

– Fino a che punto lo hai danneggiato? – chiese Roland, con un sussulto.

– Non è stato amichevole fino a quel punto.

– Che orrore! – commentò lui, schivando un pugno diretto alla spalla.

– Non si tratta di lui – ammise Charlie. Un pezzo dell’impiallacciatura si era sollevato, lungo il bordo della scrivania, e lei lo fece aderire di nuovo con un distratto incantesimo. – Nel Bosco sta succedendo qualcosa di sballato.

– Definisci sballato.

– Non posso farlo. Se potessi, non sarei così…

– Capricciosa?

– Un accidente. Un bambino di tre anni è capriccioso – ribatté Charlie, senza però riuscire a trattenersi dal sorridere. Dannati ragazzi Gale. – Sei pronto?

– Ecco, dal momento che il tuo arrivo costituisce un precedente secondo cui qualcosa di sballato… qualunque cosa questo significhi… non è pericoloso, diciamo che sono quasi pronto. – Riposto il portatile, Roland si stiracchiò, facendo scricchiolare la schiena. – Sai, sarei potuto tornare qui in volo lunedì, considerato che la deposizione non sarà pronta prima di martedì mattina… ma Alan è stato inflessibile sul fatto che sarei dovuto essere presente nelle date definitive fissate dal tribunale.

– Le zie sono molto seccate.

– Credo fosse questa la sua intenzione.

– Far irritare le zie? – chiese Charlie, mentre passava nel bagno per mettersi in tasca le bottigliette di balsamo per i capelli. – Desidera morire?

– È da qualche tempo che non fanno più niente di palese – ribatté Roland, scrollando le spalle, quando lei rientrò nella stanza.

– E per questo le sta stuzzicando, usando te al posto di un bastone appuntito? Un vero idiota. E quello cosa diavolo è?