«Sono un meganerd socialmente imbarazzante.» 

«Nicholas Ambrosius Gautier! Bada a come ti esprimi!» 

Nick sospirò per il brusco rimprovero di sua madre mentre se ne stava nel minuscolo cucinino di casa a guardarsi la camicia hawaiana di un arancione acceso. Già il colore e lo stile facevano veramente pena. Il fatto che fosse decorata con enormi trote (o erano salmoni?) rosa, grigie e bianche non faceva che peggiorare il tutto. «Mamma, non posso mettermela per scuola. È veramente...» Si interruppe per pensare con impegno a una parola che non gli costasse di esser messo in punizione a vita. «Orrenda. Se qualcuno mi vede con questa addosso, diventerò uno di quegli emarginati relegati nell’angolo degli sfigati in sala mensa.» 

Come al solito lei se ne infischiò delle sue proteste. 

«Oh, sta’zitto. Non c’è niente che non va in quella camicia. Al negozio di beneficenza, Wanda mi ha detto che veniva da una di quelle grandi ville giù nel Garden District. Quella camicia apparteneva al figlio di un uomo onesto e rispettabile ed è quello che sto cercando di farti diventare...» 

Nick digrignò i denti. «Preferirei essere un delinquente piuttosto che uno con cui gli altri se la prendono sempre.» 

Lei trasse un profondo sospiro di esasperazione e smise di rigirare il bacon. «Nessuno se la prenderà con te, Nicky. La scuola ha un severo regolamento contro il bullismo.» 

Sì, come no. E valeva quanto la carta su cui era scritto. 

Soprattutto perché i bulli erano degli idioti analfabeti in grado a malapena di leggere. 

Gesù! Perché lei non lo ascoltava nemmeno? Era come se non fosse lui quello che tutti i santi giorni doveva andare nella tana del lupo e affrontare la brutalità di quel territorio minato che era la scuola superiore. In tutta franchezza, era davvero stufo di tutta quella situazione e non c’era nulla che potesse farci. 

Era un perdente sfigato di proporzioni epiche e a scuola tutti non facevano che ricordarglielo. Gli insegnanti, il preside, e soprattutto gli altri ragazzi. 

Perché non posso semplicemente accelerare il tempo e superare di botto tutto questo incubo delle superiori? 

Perché sua madre non glielo avrebbe mai permesso. 

Solo i teppisti abbandonavano la scuola, e lei non lavorava così duramente per crescere un altro inutile pezzo di feccia buono a nulla; era una continua, incessante litania saldamente scolpita nel suo cervello. 

La sua tiritera cominciava con: Sii un bravo ragazzo, Nicky. Diplomati. Vai al college. Trovati un buon lavoro. 

Sposati una brava ragazza. Fammi un mucchio di nipotini e vai sempre in chiesa nei giorni delle feste comandate. 

Sua madre aveva già pianificato tutto il suo futuro e il suo programma non prevedeva deviazioni o pause per i rifornimenti. 

In fin dei conti però le voleva bene e apprezzava tutto quello che lei faceva per lui. A eccezione di quei continui: Fa’ quello che ti dico, Nicky. Se ti sembra che non ti ascolti è perché queste cose io le so già meglio di te, che sua madre ripeteva tutto il tempo. 

Non era uno stupido e non era neppure un attaccabrighe. 

Lei non aveva idea di quello che subiva a scuola, e ogni volta che cercava di spiegarglielo, si rifiutava di ascoltarlo. 

Era così frustrante. 

Uffa, non mi può venire l’influenza suina o un’altra malattia a caso? Solo per i prossimi quattro anni, fino a quando non fosse riuscito a diplomarsi e a cominciare una vita nuova che non includesse costanti umiliazioni. 

Dopotutto, l’influenza aveva ucciso milioni di persone nel 1918 e un numero ancora maggiore durante le epidemie negli anni Settanta e Ottanta. Era troppo chiedere che un’altra mutazione del virus lo colpisse impedendogli di frequentare la scuola per qualche anno? 

Magari un bell’attacco di parvovirosi canina... 

Non sei un cane, Nick. 

Già, nessun cane si sarebbe fatto beccare morto con quella camicia addosso. Piuttosto ci avrebbe fatto sopra una bella pisciatina... 

Sospirando inutilmente in preda all’angoscia, abbassò lo sguardo su quella merdosa camicia cui desiderava disperatamente dar fuoco. Okay, va bene. Avrebbe fatto ciò che faceva sempre ogni volta che sua madre lo faceva sembrare un deficiente ritardato. 

Se la sarebbe tenuta. 

Non voglio tenermi addosso questa cosa. Sembro un cretino colossale

Comportati da uomo, Nick. Ce la puoi fare. Ne hai passate di peggiori. 

Già, d’accordo. Bene. Lascia che ridano. Non poteva farci niente in ogni caso. Se non era per la camicia, l’avrebbero umiliato per un’altra cosa a caso. Le sue scarpe. 

Il taglio di capelli. E se proprio non trovavano altre ragioni lo avrebbero canzonato usando il suo nome. 

Nick il cazzone o Nicholas senza palle. Non importava ciò che diceva o faceva, quelli che lo prendevano in giro lo avrebbero preso in giro comunque. Alcuni tipi erano semplicemente costruiti male e non sarebbero riusciti a vivere senza torturare il prossimo.