Sua zia Menyara diceva sempre che nessuno aveva il potere di farlo sentire inferiore a meno che non fosse lui a permetterlo. 

Il problema era che forse lui lo permetteva molto più di quanto volesse. 

Sua madre poggiò un piatto blu scheggiato su un lato della cucina arrugginita. «Siediti, ragazzino, e mangia qualcosa. Ho letto su una rivista che qualcuno ha lasciato al club che i ragazzi hanno voti più alti agli esami e hanno risultati molto più brillanti a scuola quando fanno colazione.» Sorrise e gli porse la confezione di bacon perché leggesse. «E guarda. Questa volta non è neppure scaduta.» 

Nick rise, anche se la cosa non era per niente divertente. 

Uno dei tizi che frequentavano il club di sua madre era il titolare di un negozio di generi alimentari, e qualche volta gli regalava la carne scaduta visto che comunque avrebbe dovuto gettarla via. 

«Se ce la mangiamo in fretta non ci farà male.» 

Un’altra cantilena che detestava. 

Spiluccando il bacon croccante, diede un’occhiata al minuscolo appartamento in condominio che chiamavano casa. Era uno dei quattro modesti alloggi ricavati in un vecchio edificio malandato. Era composto da tre piccole stanze – la cucina-soggiorno, la stanza da letto di sua madre e il bagno –, non era granché, ma almeno era la loro casa e sua madre ne andava fiera, così cercava di esserne fiero anche lui. 

La maggior parte dei giorni. 

Fece una smorfia quando posò lo sguardo sull’angolo dove sua madre aveva appeso delle lenzuola blu a una corda per ricavarne una stanza per lui il giorno del suo ultimo compleanno. I suoi vestiti erano riposti in una vecchia cesta da biancheria sul pavimento, tenuta accanto al materasso coperto dalle lenzuola di Star Wars che aveva sin dai suoi nove anni; un altro regalo che sua madre aveva rimediato in un mercatino di roba usata. 

«Un giorno, mamma, comprerò una bellissima casa per noi.» Con dei mobili bellissimi. 

Lei sorrise, ma i suoi occhi rivelavano che non credeva a una sola parola di quello che lui le stava dicendo. 

«Lo so che lo farai, tesoro. Adesso finisci di mangiare e fila a scuola. Non voglio che ti buttino fuori com’è successo a me.» Esitò mentre un’espressione di dolore le attraversava il volto. «Sai esattamente a cosa ti può portare.» 

Il senso di colpa lo trafisse come una lama. Era lui la ragione per cui sua madre aveva abbandonato la scuola. 

Quando i suoi genitori avevano scoperto che era incinta, non le avevano concesso che una sola possibilità di scelta. 

Rinunciare al bambino o abbandonare la sua bella casa a Kenner, gli studi e la famiglia. 

Per una ragione che lui non riusciva ancora a comprendere lei aveva scelto lui. 

Era una cosa che Nick cercava di non dimenticare mai. 

Ma un giorno lui le avrebbe restituito tutto. Se lo meritava, e per lei avrebbe anche accettato di indossare quella camicia atroce. 

A costo della vita... 

E avrebbe sorriso nonostante il dolore mentre Stone e la sua cricca gli spaccavano i denti. 

Cercando di non pensare alla pestata che lo attendeva, Nick finì il suo bacon in silenzio. Magari Stone non sarebbe stato a scuola quel giorno. Poteva essersi preso la malaria o la peste bubbonica, la rabbia o qualche altra malattia simile. 

Sì, che gli venga la sifilide a quel mostro viscido. 

Quel pensiero lo fece sorridere mentre si cacciava in bocca una cucchiaiata granulosa di uova in polvere e la mandava giù. Si sforzò di non rabbrividire a quel sapore. 

Ma era tutto ciò che potevano permettersi. 

Guardò l’orologio sulla parete e balzò in piedi di colpo. 

«Devo andare. Arriverò in ritardo.» 

Lei lo afferrò al volo e lo strinse nella morsa del suo abbraccio. 

Nick fece una smorfia. «Piantala di molestarmi sessualmente, ma’. Devo andare prima di arrivare un’altra volta in ritardo e beccarmi una ramanzina.» 

Gli diede una pacca sul sedere prima di liberarlo dalla stretta. «Molestarti sessualmente. Ragazzino, non sai proprio di cosa parli.» Gli scompigliò i capelli mentre si chinava per prendere il suo zaino. 

Nick infilò entrambe le braccia negli spallacci e attraversò la porta di corsa. Sfrecciò oltre la veranda fatiscente e si catapultò giù in strada, oltre le macchine scassate e i bidoni della spazzatura fino alla fermata del bus. 

«Per favore, fa’ che non sia già passato...» 

Altrimenti sarebbe stato condannato a un’altra strigliata della serie: Nick? Che cosa dobbiamo fare con te, brutto pezzo di spazzatura bianca?, da parte di Mr Peters. 

Il vecchio lo odiava a morte, e il fatto che Nick fosse uno studente con borsa di studio nella sua altezzosa scuola per superprivilegiati lo faceva davvero incavolare. 

Niente gli sarebbe piaciuto di più quanto sbatterlo fuori a calci in modo che non potesse corrompere i ragazzini di buona famiglia.