carneficina era così incontrollabile che persino durante l’accoppiamento a volte si facevano a pezzi a vicenda. L’ultimo Cruentus che avevano avuto come paziente si era liberato delle cinghie di contenzione e aveva distrutto mezzo ospedale prima che riuscissero a sedarlo.

«Prepara la sala emergenza 2 con le cinghie rinforzate in oro e chiama il dottor Yuri. A lui piacciono i Cruenti.»

«Ha detto anche che porta un paziente a sorpresa.»

Questa volta Eidolon gemette sul serio. L’ultima sorpresa di Skulk si era rivelata un cane investito da un’auto. Un cane che lui poi si era dovuto portare a casa perché lasciarlo uscire dal pronto soccorso avrebbe significato offrire un bel pasto a un certo numero di membri dello staff. Adesso quel piccolo bastardo maledetto si era già mangiato tre paia di scarpe e aveva preso il controllo del suo appartamento. 

Shade sembrava combattuto tra dar sfogo all’irritazione con Skulk, la sua sorella Umber, e flirtare con Nancy, con cui era già stato a letto due volte per quel che ne sapeva Eidolon.

«La uccido.» Chiaramente, alla fine aveva vinto l’irritabilità.

«Non se la becco prima io.»

«Lei è off limits per te.»

«Non hai mai detto che non posso ucciderla» puntualizzò Eidolon. «Hai solo detto che non posso andare a letto con lei.»

«Vero.» Shade si strinse nelle spalle. «Uccidila tu, allora. 

Mia madre non mi perdonerebbe mai.»

Shade aveva ragione su questo. Sebbene Eidolon, Wraith e Shade fossero demoni di pura razza Seminus figli dello stesso padre ormai defunto, le loro madri erano tutte di specie differenti e tra loro quella di Shade era la più materna e protettiva. 

I segnalatori alogeni rossi ruotarono sui montanti attaccati al soffitto, per segnalare l’arrivo dell’ambulanza. La luce cremisi inondò la stanza, portando in evidenza le scritte sulle pareti grigie. Quella tonalità non era stata la prima scelta di Eidolon, ma tratteneva gli incantesimi meglio di qualsiasi altro colore, e in un ospedale in cui tutti erano il nemico mortale di qualcuno, ogni vantaggio era decisivo. Per questo i simboli e gli incantesimi erano stati modificati per aumentare i loro poteri protettivi.

Invece della pittura, erano scritti col sangue.

L’ambulanza penetrò nei recessi della struttura sotterranea e l’adrenalina iniziò a scorrere con violenza nelle vene di Eidolon. Amava questo lavoro. Amava gestire quell’angolino d’inferno personale, per lui era quanto di più vicino al paradiso avesse mai trovato.

L’ospedale, situato sotto le strade affollate di New York e nascosto con la magia proprio sotto al naso degli umani, era la sua creatura. Ma era anche la sua promessa al genere demoniaco, che vivesse nei meandri della terra o in superficie insieme agli umani: sarebbe stato curato senza discriminazioni, la sua razza non era abbandonata da tutti.

Le porte scorrevoli del pronto soccorso si aprirono con un sibilo e il paramedico che faceva coppia con Skulk, un lupo mannaro che odiava tutto e tutti, spinse dentro una barella cui era stato legato per sicurezza un Cruentus sanguinante. Eidolon e Shade si misero al passo con Luc: sebbene fossero entrambi sul metro e novanta, i dieci centimetri in più e la corporatura imponente del licantropo li faceva sentire dei nani.

«Cruentus» ringhiò Luc, perché non produceva mai altro suono quando era in forma umana, come in quel momento.

«Trovato privo di coscienza. Frattura esposta di tibia e perone alla gamba destra. Ferita lacerocontusa alla base della nuca inferta da un colpo. Entrambe le lesioni si sono rimarginate. Profonde lacerazioni non rimarginate all’addome e alla gola.»

Eidolon sollevò un sopracciglio. Solo l’oro o armi perfezionate con la magia avrebbero potuto causare ferite del genere.

Tutte le altre lesioni si richiudevano da sole mentre il Cruentus si rigenerava.

«Chi ha chiamato aiuto?»

«Li ha trovati un vampiro. Il Cruentus e...» indicò con l’unghia lunga del pollice l’ambulanza alle proprie spalle, dove Skulk aveva tirato fuori la seconda barella «quella

Eidolon si fermò di colpo, e Shade con lui. Per un istante, entrambi fissarono la femmina umanoide priva di coscienza.

Uno dei medici le aveva tagliato i vestiti di pelle rossa che giacevano sotto di lei come se fosse stata scuoiata. Adesso aveva addosso solo le cinghie, reggiseno e mutandine neri e un vasto assortimento di fodere per armi legate alle caviglie e agli avambracci.

Un brivido gli percorse la spina dorsale a doppia articolazione: cazzo, no, questo non doveva succedere. «Hai portato una cacciatrice dell’Aegis nel mio ospedale? Che diavolo ti è saltato in mente?»

Skulk sbottò esasperata, lo fulminò con i penetranti occhi grigi che si accordavano con la pelle e i capelli cinerei. «Che altro avrei dovuto farne? La sua partner è finita in pasto ai topi.»

«Il Cruentus ha neutralizzato una cacciatrice?» chiese Shade, e quando la sorella annuì percorse con lo sguardo l’umana ferita. I comuni esseri umani costituivano una minaccia insignificante per i demoni, ma quelli che appartenevano all’Aegis, un’associazione guerriera volta a sterminarli, non avevano nulla di comune. 

«Non avrei mai pensato di ringraziare un Cruentus. Avresti dovuto lasciare pure questa ai topi.» 

«Le sue lesioni potrebbero risparmiarci un po’ di lavoro.»

Skulk snocciolò la lista delle ferite, tutte serie, ma la peggiore – il polmone perforato – poteva anche accelerare il decesso.

Skulk le aveva praticato una decompressione con un ago e per il momento la cacciatrice era stabile, il colorito era buono. «E poi» aggiunse «la sua aura è debole, sottile. Non sta bene da molto tempo.»

Paige si avvicinò a loro, nei suoi occhi nocciola brillava qualcosa di simile alla soggezione. «Mai vista una Buffy prima d’ora. Non una viva, comunque.»

«Io sì. Diverse.» La voce roca di Wraith arrivò da qualche parte alle spalle di Eidolon. «Ma non sono rimaste vive a lungo.» 

Wraith, praticamente identico ai fratelli tranne che per gli occhi azzurri e i capelli biondi – quasi bianchi – lunghi fino alle spalle, prese il controllo della barella. «La porto fuori e la faccio sparire.»

Farla sparire. Era la cosa giusta da fare. Dopotutto, era quello che l’Aegis aveva fatto a loro fratello, Roag. Una perdita che Eidolon ancora sentiva come una crepa nell’anima. «No»

disse, digrignando i denti per quella decisione. «Aspetta.»

Per quanto lo allettasse l’idea di lasciare che Wraith facesse a modo suo, solo tre tipi di creature potevano essere respinte dall’UG, in base allo statuto che lui stesso aveva redatto, e i macellai dell’Aegis non erano tra queste. Una svista cui aveva intenzione di rimediare. Certo, in qualità di quello che era l’equivalente del capo dello staff medico in un ospedale umano, lui aveva l’ultima parola: poteva lasciar morire la donna, ma era stata concessa loro una rara opportunità. I suoi sentimenti nei confronti dei cacciatori dovevano essere messi da parte.

«Portala in sala emergenza 1.»

«Ascolta,» disse Shade abbassando il tono per la disapprovazione «averla catturata per poi lasciarla andare non mi sembra una buona idea in questo caso. E se è una trappola? E se ha addosso un dispositivo di localizzazione?»

Wraith si guardò attorno come se si aspettasse di vedere i cacciatori dell’Aegis – loro si facevano chiamare Guardiani – comparire dal nulla.

«C’è l’incantesimo di Protezione.»

«Solo se ci attaccano dall’interno. Se ci trovano, potrebbero cercare di far saltare l’edificio.»

«Occupiamoci di lei e dopo penseremo al resto.» Eidolon spinse la barella nella sala predisposta, i fratelli paranoici e Paige subito dietro di lui. «Abbiamo l’opportunità di imparare qualcosa su di loro. La conoscenza che potremmo acquisire supera di gran lunga gli eventuali pericoli.»

Allentò le cinghie e le sollevò la mano sinistra. L’anello argento e nero che portava al mignolo aveva un’aria piuttosto innocua, ma quando lo sfilò lo stemma dell’Aegis inciso al suo interno confermò l’identità della donna e gli provocò un brivido.

Se le dicerie erano vere, qualsiasi gioiello che recasse inciso quello scudo era imbevuto di poteri che conferivano ai cacciatori la visione notturna, la protezione da certi incantesimi, l’abilità di vedere attraverso i mantelli dell’invisibilità... e solo gli dèi sapevano chissà che altro.

«Sarà meglio che tu sappia quello che fai, Eidolon.» Wraith chiuse la tenda con uno strattone per lasciare fuori il personale sbalordito.

A giudicare dal numero degli astanti, probabilmente la voce aveva cominciato a circolare. Venite a vedere Buffy, l’incubo appostato nei nostri armadi e pronto all’agguato.

«Non fai così tanta paura adesso, vero, piccola assassina?» mormorò Eidolon infilandosi i guanti.

Il labbro superiore della donna si arricciò, come se lo avesse sentito, e lui d’un tratto ebbe la certezza che non avrebbe perso la paziente. La morte disdegnava forza e cocciutaggine, qualità che si sprigionavano da lei a ondate. Incerto se la sua sopravvivenza fosse una cosa positiva o negativa, le tagliò il reggiseno per controllare le lacerazioni al torace. Shade,che era rimasto in giro a ciondolare in attesa che iniziasse il suo turno, stabilizzò le funzioni vitali, attenuando i suoi respiri faticosi e gorgoglianti.

«Paige, determina il gruppo sanguigno e portami una sacca di gruppo 0 umano mentre aspettiamo.»

L’infermiera si mise al lavoro e Eidolon allargò la ferita più grave della cacciatrice con il bisturi. Sangue e aria gorgogliarono attraverso il polmone danneggiato e le pareti del torace mentre inseriva le dita e univa i lembi lacerati per la fusione.

Wraith incrociò le braccia sul petto, i bicipiti si contraevano come se volessero partire alla carica e uccidere la cacciatrice.