Il demone è un principe dell’aria e può assumere diverse forme, ingannare i nostri sensi per un certo periodo di tempo;

ma il suo potere è limitato, può terrorizzarci ma non farci del male.

Robert Burton, Anatomia della malinconia

Se non fossero stati in ospedale, Eidolon avrebbe ucciso il tizio che implorava per la propria vita.

Ma visto che le cose stavano così, avrebbe dovuto salvare il bastardo.

«Avolte essere un medico è uno schifo» borbottò, e trafisse il demone in abiti umani con una siringa piena di enoxacina.

Il paziente urlò quando l’ago penetrò nel tessuto lacerato della coscia, iniettando nella ferita il medicinale per prevenire eventuali infezioni.

«Non lo hai sedato prima?»

Eidolon ridacchiò per le parole del fratello minore. «L’incantesimo di Protezione mi impedisce di ucciderlo. Non mi trattiene dal dispensare un po’di giustizia durante la terapia.»

«Non riesci a lasciarti il vecchio lavoro alle spalle, eh?» Shade aprì completamente la tendina che separava due dei tre cubicoli del pronto soccorso e si avvicinò. «Questo figlio di puttana mangia i neonati. Lascia che lo accompagni fuori io in sedia a rotelle, poi gli spaccherò quel culo sciancato.»

«Si è già offerto di farlo Wraith.»

«Se fosse per lui, Wraith liquiderebbe tutti i pazienti.»

Eidolon borbottò. «Probabilmente è un bene che il nostro fratellino non abbia intrapreso la strada della medicina.»

«Non l’ho fatto nemmeno io.»

«Tu avevi altri motivi.»

Shade non aveva voluto passare troppo tempo sui libri, soprattutto perché il suo potere di guarigione si addiceva di più al mestiere che aveva scelto, il paramedico. Tutto quello che faceva era togliere i pazienti dalla strada e tenerli in vita finché lo staff dell’Underworld General non li avesse sistemati.

Il sangue gocciolò sul pavimento di ossidiana mentre Eidolon esplorava con lo specillo la ferita più grave del paziente.

Una femmina di demone Umber – la stessa specie della madre di Shade – aveva sorpreso il paziente dopo che si era intrufolato nella camera dei bambini e in qualche modo era riuscita a trafiggerlo diverse volte con lo scopettino del water.

D’altra parte, i demoni Umber erano straordinariamente forti nonostante la corporatura minuta. Soprattutto le femmine.

In diverse occasioni Eidolon aveva tratto piacere dall’impiego di quella forza sotto le lenzuola. In effetti, quando non sarebbe più riuscito a resistere al ciclo di maturazione finale in cui era entrato il suo corpo, pensava di scegliere una femmina Umber come sua prima infadre. Le Umber erano ottime madri e raramente uccidevano la progenie indesiderata di un demon Seminus.

Mettendo da parte i pensieri che lo affliggevano sempre più spesso con l’avvicinarsi del Cambiamento, Eidolon diede un’occhiata al viso del paziente. La pelle, che sarebbe dovuta essere di un intenso color ruggine, ora era pallida per il dolore e la perdita di sangue. «Come ti chiami?»

Il paziente rispose con un gemito. «Derc.»

«Ascoltami bene, Derc. Curerò questa brutta ferita, ma farà male. Parecchio. Cerca di non muoverti. E non gridare come un diavoletto spaventato.»

«Dammi qualcosa per il dolore, pezzo di merda di un parassita.»

«Dottor parassita.» Eidolon fece un cenno al vassoio degli strumenti e Paige, una delle poche infermiere umane, gli passò le pinze vascolari.

«Derc, amico, hai mangiato uno dei figli di quell’Umber prima che ti scoprisse?»

L’odio defluì dal corpo di Shade quando Derc scosse il capo, mostrando i denti affilati, mentre gli occhi brillavano arancioni.

«Allora oggi non è proprio la tua giornata fortunata. Non hai fatto uno spuntino e non avrai nemmeno qualcosa per il dolore.»

Concedendosi un ghigno sinistro, Eidolon clampò l’arteria danneggiata in due punti mentre Derc gridava ignobili imprecazioni e lottava contro le cinghie di contenzione che lo tenevano fermo sul tavolo metallico.

«Bisturi.»

Paige gli passò lo strumento e Eidolon incise sapientemente tra le due clamp. Shade si chinò per osservarlo mentre tagliava il tessuto arterioso a brandelli per poi ricongiungere i due capi nuovamente intatti. Un brivido caldo gli percorse il braccio destro lungo i segni che aveva sulla pelle fino alle punte delle dita guantate, e l’arteria si fuse. Il mangiatore di bambini non avrebbe più dovuto preoccuparsi dell’emorragia.

Dall’espressione di Shade, però, avrebbe dovuto preoccuparsi di sopravvivere non appena avesse messo piede fuori dall’ospedale.

Non sarebbe stata la prima volta che Eidolon salvava la vita a un paziente per poi vederlo morire subito dopo la dimissione.

«La pressione sta scendendo.» Lo sguardo di Shade era concentrato sul monitor accanto al letto. «Potrebbe collassare.»

«C’è un’altra perdita di sangue da qualche parte. Stabilizza la pressione.»