Ciao Elena, benvenuta su Fantasy Magazine e grazie per esserti prestata a questa chiacchierata. I nostri lettori ancora non ti conoscono, ti va di raccontarci qualcosa di te? Quali sono i tuoi interessi?

Ciao a tutti e grazie a voi per il vostro interesse. Allora, vediamo, cosa posso dire… Beh, inizio col dirvi che ho trent’anni e sbuco da un piccolo paese della provincia di Cremona con una bellissima biblioteca. Fin dalle medie è diventata la mia seconda casa e questo ha sempre soddisfatto la mia sete di lettura. Ho sempre amato le materie umanistiche, ho frequentato il liceo classico e poi mi sono iscritta a Scienze dell’Educazione. Una scelta dell’ultimo momento ma non a caso. Diciamo che, per alcune esperienze di vita personale che mi hanno profondamente segnato, ho deciso che avrei lavorato aiutando le persone. Negli ultimi nove anni mi sono occupata di disagio minorile, di autismo infantile, di disabilità grave e grave insufficienza mentale. Per quanto riguarda i miei interessi personali, al di là della lettura e, ovviamente, della scrittura, ho una grande passione per la mitologia, per i giochi di ruolo, per il cinema, i viaggi non programmati (zaino in spalla e via) e lo sport. Per oltre dieci anni ho praticato il nuoto, mentre ora mi sto dedicando all’Arte Marziale Medievale Italiana. 

Parliamo ora de Il mondo di Orfeo. Come è nato questo progetto e a chi si rivolge?

Il mondo di Orfeo è nato grazie al progetto ITALIA CREATIVA, a cura del Dipartimento della Gioventù – Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con ANCI e GAI, durante il Workshow – Tessitori di Sogni curato da Lucca Comics&Games e Atlantyca Entertainment. Mi ero presentata al Workshow con un classico progetto fantasy ma i vari corsi dei docenti mi hanno aperto gli occhi su diverse prospettive. Il consiglio più prezioso fu quello di provare a scrivere qualcosa che mi appartenesse veramente, che facesse parte delle mie esperienze di vita. Poi ci fu la domanda: “Ma tu che fai armeggio, perché non scrivi la storia di una ragazzina che combatte con la spada?” e  uno strano sogno e  in un lampo è nata l’idea e ho iniziato a lavorare al progetto. Il libro si rivolge a un target di preadolescenti ed è stato scritto per far conoscere una realtà che pochi conoscono e che la maggior parte delle persone non vuole vedere. Spesso e volentieri si tende a chiudere gli occhi di fronte alla disabilità, perché tanto sono faccende che non ci riguardano, perché fa paura, perché non la si capisce o peggio ancora ci si scherza sopra, arrivando purtroppo anche ad atti di violenza. Volevo che i ragazzi potessero vedere la questione sotto un altro aspetto e capire cosa si nasconde in una famiglia che ha questo tipo di problematica. Il libro però parla anche di molte altre cose: parla di famiglia, di crescita, delle paure che si nascondono dentro di noi… Implicitamente parla anche dell’uomo e della società odierna, di valori a cui non si dà più importanza.

Nel libro affronti un tema difficile: l’autismo. Secondo la tua biografia, lavori come educatore professionale. La tua professione ti è stata utile per comprendere e descrivere questa forma di disagio? 

Beh, sì, senz’altro. Ho iniziato ad approcciarmi all’autismo con il tirocinio universitario. Cercavo un’esperienza forte, che mi facesse subito capire se ero tagliata o meno per questo lavoro. Dopo aver letto e studiato Bettelheim, ho pensato che l’autismo potesse essere quello che cercavo  e per un anno ho avuto modo di lavorare nel “Centro per  lo studio e la cura dell’autismo e dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo”, diretto dalla Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale San Paolo di Milano. Si è aperto un mondo che non mi aspettavo e che mi ha affascinato molto e ho cercato subito lavoro per proseguire l’esperienza. In seguito ho lavorato e lavoro tuttora con ragazzi autistici. L’argomento è indubbiamente difficile: si parla di patologia, di disturbo, di spettro… Il fatto è che ogni persona autistica è un mondo a sé e ci sono questioni, tra cui la natura stessa della patologia e le cause, che rimangono oscure. Lavorando tutti i giorni con ragazzi autistici, non ho avuto problemi a delineare una tipologia di famiglia o il profilo stesso di Orfeo. Ho semplicemente descritto  quello che mi capita di vedere o che in primis devo affrontare tutti i giorni. Il difficile, più che altro, è stato trovare il modo di spiegare questa patologia ai ragazzi in modo che la comprensione fosse immediata e non noiosa. Farlo attraverso gli occhi di Ofelia e intersecare la realtà con il sogno penso sia stata una buona soluzione.

Trovi difficile conciliare la scrittura con il lavoro e la vita privata? Quanto tempo dedichi alle tue storie?

Bella domanda… Sicuramente non è facile. Il lavoro assorbe gran parte della mia giornata e nel ruolo in cui mi trovo devo aspettarmi anche chiamate nel cuore della notte. È un lavoro sottovalutato, non molti sanno che si è esposti quotidianamente a un alto livello di stress psico-fisico. Per questo conciliare la scrittura con il lavoro e la mia vita privata a volte diventa impossibile: a fine giornata non posso semplicemente chiudere il cassetto o spegnere il computer, dovrei staccare proprio la testa. Per avere la tranquillità di scrivere Il mondo di Orfeo infatti ho dovuto chiedere un’aspettativa. Comunque cerco sempre di sfruttare i miei giorni di riposo, le ferie e anche i giorni di malattia ma devo dire che, se c’è una storia che mi gira per la testa, non c’è levataccia che tenga: finisco sempre a fare le ore piccole.

C’è un personaggio del tuo romanzo in cui ti riconosci in modo particolare? Che tipo di rapporto hai instaurato con Orfeo e Ofelia? 

La figura di Ofelia rispecchia in parte la mia giovinezza e ci sono certi suoi aspetti schivi e solitari che mi appartengono. Inoltre il significato del nome Ofelia è “colei che aiuta” quindi, in qualche modo, mi si addice. Orfeo invece è l’espressione del continuo confronto con me stessa: è uno stimolo e una sussurrata paura.

Qual è il tuo punto di partenza nella costruzione di una storia? Un luogo, un personaggio, un particolare… Prendi appunti, tieni tutto a mente, scrivi di getto, stendi prima la trama…

Possono essere tutte queste cose, anche un oggetto o una frase sentita di sfuggita. Di solito non me ne rendo conto finché nella mia testa non si fa persistente un’idea, un’immagine, una battuta. Diventa talmente un chiodo fisso che devo per forza iniziare a ragionarci sopra. Nel momento in cui il concept è ben chiaro, i personaggi e i luoghi si creano da soli ed è come se vedessi un film. Allora prendo appunti sulle immagini che si formano nella mia testa e mi documento. Di una storia so sempre l’inizio e la fine e più o meno quello che deve succedere, tutto il resto viene scritto di getto e nasce in itinere.

Come è avvenuto l’incontro con Piemme Edizioni e il Battello a Vapore? 

Come ho detto in precedenza, il progetto ITALIA CREATIVA e il Workshow Tessitori di Sogni, curato da Lucca Comics&Games e Atlantyca ent., sono stati il punto di partenza. Poi Atlantyca ha comprato il progetto e lo ha presentato a PIEMME che ha deciso di inserire il libro all’interno del Battello a Vapore. Per questo motivo devo ringraziare Emanuele Vietina del Lucca Comics&Games, Atlantyca ent., Sarah Rossi, che mi ha seguito in tutto questo percorso come una mamma chioccia e, naturalmente, PIEMME per avermi dato questa opportunità.

Ofelia e Orfeo sono entrambi nomi che contengono precisi rimandi alla tradizione letteraria o classica. C’è un autore (italiano o straniero) o un filone narrativo a cui ti ispiri o che apprezzi in modo particolare? Quali sono le tue influenze? 

I rimandi alla tradizione letteraria o classica nascono dalle mie scelte di studio. Per quanto riguarda le mie letture, prediligo i fantasy e gli storici ma in realtà leggo un po’ di tutto. A volte mi innamoro della filosofia di vita di un autore, altre del suo modo schietto di scrivere, in alcuni apprezzo la ricerca delle parole, in altri la costruzione della trama. Ho dei canoni in testa che sfuggono al genere e, a volte, alla mia comprensione. Posso leggere tutto quello che ha scritto un autore o leggerne un’unica opera e, nonostante mi sia piaciuta, non voler leggere altro. Posso aprire un libro, leggere le prime righe e richiuderlo subito dopo, magari perché  una parola ha cozzato con qualche strano pensiero nella mia testa. Per questo mi è difficile dire con esattezza quali siano le mie influenze. Posso dire però quali sono gli autori che stimo di più e tra questi ci sono Jostein Gaarder, Dan Simmons, T.S. Eliot, il grande maestro Tolkien e molti altri…

Orfeo e Ofelia vivranno ulteriori avventure? O stai lavorando a progetti diversi? 

No, questa sarà l’unica avventura di Orfeo e Ofelia. Non avrebbe senso fare un seguito. In questo momento sto lavorando su un progetto, cercando di non ascoltare tutte le altre idee che sgomitano nella mia testa. Quelle me le sono appuntate e ci lavorerò.

Domanda di rito: cosa consiglieresti a un aspirante scrittore? 

Consiglierei quello che hanno consigliato a me, ovvero di iniziare scrivendo qualcosa che si conosce bene, che faccia parte di sé. E gli direi quello che i docenti ci dissero al Workshow: sognare in grande è gratis, quindi perché smettere?