In nome di un amore ho calpestato il mio onore. Ho rinnegato la Luce. In nome di quell'amore ho ucciso. L'amore stesso.

Il mio amore ha una tonalità che assomiglia alla pelle di Kahalan. Uno schifo di tonalità. Adesso me ne rendo conto. Ho avuto molto tempo anche per riflettere.

Durante l'avvicendarsi delle stagioni, le mie giornate trascorrono invariate: sono fisso nel mezzo della variopinta confusione di un mercato, oppure chiuso nell'oscurità di un baule. Che la mia anima è rimasta imprigionata in qualcosa d'inanimato, l'ho compreso presto, ciò che ignoro è in quale oggetto di preciso; io non mi vedo. So che faccio parte della merce di un banco ambulante che gira per le fiere di paese in paese. Mi chiamano: Biancaneve, parlando di me al femminile. Cosa che mi fa supporre, con un certo sgomento, di essere... una specie di bambola.

E dai commenti che sento... nemmeno un granché di bambola.

Sorte bastarda! Se non ci fosse in gioco il destino del regno, scommetterei che quella stronza di strega l'abbia fatto apposta.

Stronza è una delle prime parole che ho imparato in questo mondo e non è una parola cortese, lo so, però pensando a quest’assurda situazione ogni tanto mi scappa. Come mi scapperebbe di maledire la Luce, se non avessi il ricordo del mio degno operato graffiato sull'anima. L'unico maledetto sono io. E a ragione.

Non mi resta invece che pregarla, la Luce, mentre nello scorrere del tempo vivo un'esistenza da spettatore in una realtà estranea. Intanto che Erasian soccombe all'Ombra.

Resisti Erasian, resisti. Chiave di Luce dove sei?

Non so come potrò trovarla ma mi affido alla misericordia della Luce, come disse Magdael all'inizio del mio viaggio. Devo essere paziente.

Ciò che ho imparato negli ultimi anni è proprio la pazienza.

E la pazienza un giorno mi porta due iridi terse simili al cielo in estate, quasi il cielo di Erasian.

- Mamma, c'è Biancaneve! Voglio questa! - strilla la padrona degli occhi celesti.

E' una bimba minuta dai lunghi capelli neri come la pece. Avrà sì e no cinque anni.

Capisco dalla perplessità della madre che devo essere proprio una bambola scalcinata.

- Tesoro, ma questa non è fatta per giocarci; è un ornamento da giardino. Vedi? E' terracotta dipinta. La vendono con i nani.

Ma la bimbetta è più dura della mia terracotta. Non piagnucola né fa capricci, le basta fulminare la donna con uno sguardo determinato.

- Hai detto che posso scegliere quello che voglio per il mio compleanno, mami, e io voglio lei.

Irremovibile. Alla fine finisco dentro uno strano mezzo di trasporto, impacchettato per bene con i miei compagni nani. Anche perché il venditore, conquistato dal sorriso della bambina, ci ha quasi regalati. E anche perché in trent'anni non ci ha mai pigliati nessun altro.

Un po' mi dispiace lasciare il padrone del banco, ammetto. Quando sono “precipitato” qui era un ragazzo dalla folta chioma scura, mentre ora ha i capelli brizzolati e piuttosto radi, ed è sempre stato un uomo buono.

Però la compagnia non mi manca di certo. Nonostante le rimostranze della madre, la mia nuova padroncina Clara ha insistito per avermi nella sua stanza invece che in giardino con i nani. Mi tratta con gentilezza e mi riempie di attenzioni; sono la sua bambola preferita. Ogni tanto, soprattutto nelle notti di tempesta, mi porta sotto le coperte e mi stringe forte a sé.

Mi fa tenerezza, Clara. Mi dispiace non avere un abbraccio caldo per farla sentire più protetta, rassicurandola che tutto andrà bene.

E così passano altre stagioni in cui osservo la mia padroncina crescere. Come ho visto invecchiare il venditore del mercato, vedo la bambina minuta diventare una giovane donna. Non è bella, almeno non appariscente quanto le dive dei manifesti che si susseguono sopra al suo letto. Forse perché non vuole esserlo: indossa indumenti sformati e raccoglie i capelli di seta in un'anonima coda di cavallo. Non ci tiene tanto all'aspetto. Sembra volersi nascondere, Clara.

Ma io ho imparato a conoscerla bene. E' strabiliante come si notino tante minuscole sfumature, soltanto restando ad osservare. La conosco dai piccoli gesti, da ciò che mi raccontava quand'era più piccola, da come si comporta con gli amici. Be', non è che ne abbia tanti. E' timida, schiva, benché mantenga il carattere determinato che mi ha colpito subito.

Che io sappia, a parte Neve - così mi chiama - si confida solo con Giorgio, un coetaneo che con la sua goffaggine ha rischiato di mandarmi in frantumi non so quante volte.

E' fragile e forte al tempo stesso. Clara. Mi ricorda un po' Melina: ostinata, generosa e leale. Pura. A me, la sua luce non sfugge. Mi correggo: è bella Clara. Bella da far tremare.

Starle accanto mi ha insegnato a oltrepassare l'apparenza.

A volte vorrei avere un corpo caldo, per assaporare il suo abbraccio e sentire che andrà tutto bene. Mi sono affezionato, provo un naturale istinto di protezione verso questa ragazza. Per ciò vorrei tornare uomo anche per prendere a calci quell'idiota di Dante. Un ragazzotto pieno di sé che le dà il tormento.