Alla fine, il potere distrugge sempre se stesso. (1)

Questa semplice e penetrante frase sarebbe sufficiente a mostrare l'essenza della seconda parte di Venti di Morte, dove diverse delle trame iniziate nei capitoli precedenti vengono dipanate. Alla conclusione della lettura il quadro del mondo Malazan appare più chiaro, i tasselli del mosaico progettato da Steven Erikson rivelano il disegno a lui chiaro fin da subito, ma non certo al lettore che si è trovato catapultato da I Giardini della Luna in vicende e terre di cui era straniero, trascinato dal vortice impetuoso della guerra, dei piani delle varie parti protagoniste della storia narrata. Il passato ritorna ad affacciarsi nel presente, cercando di forgiarlo secondo il suo volere, ma trovandosi costretto a fare i conti con volontà che hanno altre mire, che non vogliono essere condizionate e vogliono percorrere la strada che deciderà di intraprendere.

Piani su piani che si sovrappongono e si scontrano in un continuo ribaltamento, in un costante usare ed essere usati, manipolare e venire manipolati. L'intreccio tessuto da Erikson è una rete fitta e complessa, dove occorre avere la pazienza di saper aspettare, come l'archeologo che toglie con calma uno strato alla volta per giungere al reperto che gli permetterà di svelare i segreti di una civiltà scomparsa; attraverso questo modo di fare viene alla luce la formazione avuta dallo scrittore canadese dal percorso di studi scelto anni addietro, dimostrando come archeologia e antropologia abbiano avuto influenza nel modo scrivere e creare la trama. Non è un caso che di frequente gli occhi con cui il mondo viene mostrato siano quelli di uno studioso, che metodico e minuzioso analizza quando gli sta attorno, sezionandolo, studiandolo, valutandone cause ed effetti con approccio scientifico.

Erikson cala in un contesto fantastico la Storia che l'uomo ha forgiato sulla Terra dalla sua nascita, dopo averla spogliata di nomi, date, contesti specifici, lasciando solo ciò che è veramente importante: l'insegnamento che essa ha da dare alle generazioni future perché possano evolvere, imparare dall'esperienza altrui e non commettere più gli stessi errori. Perché la Storia non è altro che la conoscenza dell'animo umano, con le sue luci e le sue ombre, impegnata a mostrare i suoi lati più sordidi o quelli più eroici, dove si muore, ci si sacrifica per proteggere gli altri, dove anche in mezzo al sangue e al fango e alla violenza si è capaci di gesti gentili. La Storia è piena di Eroi, Carnefici e Vittime alle volte così legati tra loro che non si riescono più a distinguere gli uni dagli altri tanto i ruoli si ribaltino e s'alternino in un oscuro e contorto connubio, perché la verità non è semplice, è fatta di molteplici tonalità ed è difficile da discernere: il legame che la lega alla realtà è tale che è simile a due forze, un tempo ferocemente opposte, che alla fine si trovano praticamente compagne di letto, senza che nessuna riesca a decidere quale delle due fosse finita per prima con le gambe aperte.(2)

In un groviglio simile come si può capire il punto che ha dato via a tutto, qual è stata l'azione che ha dato il via alla reazione e alle sue conseguenze? La risposta, se mai può essercene una e soltanto una, è riposta nel cattivo rapporto che l'uomo ha con se stesso, del suo tentare di curare ferite avute all'origine della sua esistenza; in base a come si decide di agire, essa potrà essere di un tipo oppure di un altro, portare su una strada oppure su un'altra. Occorre tuttavia fare attenzione a come ci si muove, all'attenzione che si può risvegliare, perché l'uomo non è l'unica potenza sulla scacchiera della vita: ci sono energie che rimangono a osservare, pronte a fare le proposte e promesse per giungere ai loro scopi, pronte a illudere, sfruttare, manipolare, usare le debolezze umane per trovare i mezzi adatti per compiere la propria volontà. Ognuna di queste forze cerca di ricavarsi il proprio posto nel mondo, di avere la fetta più grossa di quel tesoro che è l'universo.

Lo specchio qual è la saga Malazan, è ancora più attuale in Venti di Morte (ma lo era già in Maree di Mezzanotte, di cui può dirsi diretto seguito, anche se in questo romanzo si allacciano pure le vicende occorse in I Cacciatori di Ossa), dato che nell'Impero Letherii viene rappresentata la civiltà odierna imperniata com'è sull'Economia e le sue leggi, dove il vero dio riconosciuto è il Denaro e quelle che erano un tempo le divinità adorate, come Mael, come l'Errante, ora sono figure conosciute da pochi, il loro culto seguito da un numero esiguo di seguaci. Ironico come la sua nuova guida, il capo degli invasori, Rhulad Sengar, l'Imperatore dalle Mille Morti, sia completamente ricoperto di monete d'oro: una perfetta incarnazione del sistema folle e distruttivo che ha governato a lungo su una terra dove la ricchezza è in mano a pochi, dove la maggior parte della popolazione è costituita da Indebitati, una massa di schiavi che non riesce più a liberarsi dai vincoli creati dal denaro, condannando anche i propri figli e i loro discendenti a vivere una vita da individui costretti alla schiavitù e alla sottomissione.

Un sistema destinato a portare solo dolore, rovina e sofferenza, oltre che ad alimentare un'insoddisfazione e una rabbia crescente che può concludersi solo con un bagno di sangue. Una società che si definisce civile, ma che in realtà è barbara, che più che con spade e armature governa con contratti e avvocati, ma che attua sempre la legge del più forte, schiacciando i deboli, incurante di tutto tranne ciò che dà il potere. Una società che è un cancro che contamina ogni cosa con cui entra in contatto, alla quale si può sfuggire solo abbandonandola per sempre, recandosi lontano, oppure distruggendola una volta per tutte. Un male che va estirpato, eliminato con le sue stesse armi, usando le sue stesse sacre scritture perché si uccida da solo perché il limite è stato raggiunto.

“Quante generazioni di Indebitati devono soffrire, proprio mentre i simboli esteriori di ricchezza si moltiplicano e abbondano ovunque, con una proporzione sempre crescente di quelle stravaganze materiali al di fuori della loro portata economica? Quante, prima che tutti quanti ci fermiamo e diciamo: "Alt! Adesso basta! Basta sofferenza, per favore! Basta con la fame, la guerra, le ingiustizie!"” (3)

La forza delle parole di Tehol Beddict, ideatore e genio del piano per colpire mortalmente l'impero di cui è cittadino, fanno rendere partecipi del senso di rivalsa, di riscatto, verso un'oppressione che non è solo appartenente al mondo fantastico dei Malazan, ma che è purtroppo tristemente attuale. In qualsiasi epoca, in qualsiasi mondo.

E mentre il piano per colpire i Letherii dall'interno avanza tassello dopo tassello, il cerchio attorno all'Impero si fa serrato da ogni lato. Da una parte l'ormai imminente scontro finale con Maschera Rossa e i suoi Awl; dall'altra l'avanzata inarrestabile dei Cacciatori di Ossa guidata dall'Aggiunto Tavore Paran, un esercito senza più una casa, alla ricerca di una ragione d'essere. Se a tutto ciò si aggiungono le trame sotterranee della Strega Piumata e di Hannan Mosag e l'ira di un ascendente Tiste Andii verso il Dio Storpio, vero manovratore dietro gli Edur e i Letherii, ci si può rendere conto del vortice distruttivo in cui si rischia di trovarsi impelagati.

Anche se con questo volume si trovano risposte a quesiti lasciati in sospeso nei capitoli precedenti, trame della storia debbono ancora essere rivelate e risolte. In più di un'occasione si è sfiorata la verità di quanto è accaduto tra i Tiste Andii e i Tiste Edur, di ciò che ha portato all'esilio la razza cui appartiene Anomander Rake, ma per trovare a essi una risposta bisognerà aspettare i romanzi successivi. E considerando che ne rimangono ancora tre, le trame di Dei e Ascendenti, le vicende dei protagonisti umani e non, hanno ancora molto da dire.

Il futuro del Toblakai senza regole Karsa Horlong è ancora tutto un divenire. Il mistero che rappresenta Icarium, anche se ora lo Jaghut è più integro rispetto al passato, è ancora da svelare. L'avanzata dei Cacciatori di Ossa non ha ancora trovato il punto d'arrivo.

Tanto c'è da chiarire e non è facile seguire e ricordarsi tutte le trame e le vicende dei personaggi coinvolti. Se si vuole trovare una pecca in quanto narrato da Erikson è proprio la complessità, la vastità del mondo che ha creato: i protagonisti sono numerosi, una vera legione perché venga rammentato tutto quanto gli concerne. E tuttavia è normale che sia così, sia per mantenere viva l'attenzione del lettore e far sì che non si annoi con le vicende di un unico personaggio che si protraggono per centinaia di pagine e volumi, sia perché per mostrare la storia di un intero mondo, con culture e civiltà differenti, sono necessari svariati punti di vista. La lettura delle opere di Erikson richiede concentrazione, attenzione, ma sa ripagare con una densità e una ricchezza che spazia su ogni fronte. Dalla violenza degli scontri tra due eserciti, all'epicità del combattimento di due campioni all'interno di un'area. Dalla comicità dei quadretti tra Theol, Bugg e Ublala Pung, alla profondità toccante del Dio della Morte che per un attimo ha un guizzo di compassione. Dal ritrovare speranza quando sembra qualcosa di negato per sempre, alla perdita che arriva improvvisa quando la pace ormai appare come la giusta conclusione di una tribolata vicenda. Ancora una volta Steven Erikson ha dimostrato la bontà del suo lavoro, con una costanza nella qualità di scrittura che appartiene veramente a pochi.

1) Venti di Morte - Seconda Parte, pag. 277.

2) Venti di Morte - Prima Parte, pag. 32.

3) Venti di Morte - Seconda Parte, pag. 277.