A causa delle leggi dell'impero non gli era permesso dormire presso la corte, ma Enniagenda era una città grande in cui tutte le razze si incontravano per cui non ebbe problemi a trovare una taverna dove vedessero di buon occhio i nani. I funzionari dell'impero lo avevano pagato così come Ikaress aveva ordinato, ma lui era troppo stanco per spendere l'oro guadagnato così si ritirò subito nella stanza che il locandiere gli aveva dato per dormire. Lì e solo lì, dopo essersi assicurato che nessun occhio vedesse, si tolse lentamente la sua armatura, pezzo per pezzo, rimanendo con addosso solo una corta veste di lana grezza. 

- Hreon l'assassino. - sussurrò allora una voce, alle sue spalle.

Si girò, si trovò davanti una figura alta, diafana, femminile, sottile come tela di ragno, lo sguardo saldo e deciso. Il terzo stregone elfo, la femmina.

Hreon indietreggiò, raggiunse l'angolo dove la sua armatura era sistemata, estrasse il pugnale che spuntava da sotto il copri spalla e lo brandì. - Tu non puoi essere qui! Le difese della città dovrebbero impedire di entrare!

- Il sangue, Hreon. - sussurrò l'essere, un sibilo udibile a lui soltanto. - Il sangue dei miei fratelli che hai ancora sulle mani. Ogni goccia del sangue di un elfo è un incantesimo. Il tuo animo da macellaio recita incantesimi per noi.

Hreon provò un affondo, qualcosa fermò il suo braccio a mezz'aria. Non se ne stupì, una creatura magica affrontata frontalmente, senza nessuna runa a protezione, non poteva essere sconfitta. Lottava, ma sapeva già di essere spacciato.

L'elfa si avvicinò, facendo sì che la magia continuasse a paralizzarlo, afferrò la sua gola con un braccio. - Sangue elfico per un incantesimo per portare altro sangue e compiere l'incantesimo più grande.

Hreon si convinse di essere morto, raggiunto dalla vendetta della strega, ma lei, invece di stringere la mano intorno alla sua gola, si gettò avanti, sul suo pugnale, facendo sì che la trafiggesse. Subito un fiotto di sangue bruno scaturì dal suo petto, caldo e viscoso. Hreon sentì il sangue bagnargli il corpo e, dove bagnava, lo sentì bruciargli la pelle e avvelenargli la carne. Poi, quando l'ennesimo schizzo lo prese sul volto e gli chiuse gli occhi, svenne.

Quando si svegliò avvertì subito la presenza di qualcuno davanti a lui e alzò gli occhi, incontrando le vesti grige di due Cappi. - Anche il terzo elfo è morto. - disse uno di loro.

- Tu l'hai ucciso. - disse l'altro.

Non riusciva ad alzare abbastanza la testa per vederli in volto, rimase giù, stremato, a boccheggiare. - Lei... lei... ha fatto qualcosa.

- Evidentemente era sulle tracce del nano. - continuò il Cappio, come se lui non avesse parlato.

- E tu l'hai seguita qui. Dov'è il nano?

- Evidentemente l'ha portato via prima che lui intervenisse.

- Di cosa... di cosa state parlando? - ansimò Hreon, confuso. - Quale altro nano?

- Altro nano? - disse il Cappio.

- Un solo nano. - aggiunse l'altro.

Hreon rotolò su sé stesso, ubriaco di dolore, fino a ritrovarsi seduto con la schiena contro il letto. Allora vide per l'ennesima volta la sua immagine riflessa nello specchio, l'ennesima volta e la prima in vita sua.

Un uomo lo guardava dallo specchio, un giovane uomo nudo con lo sguardo pieno di paura.

Gli procurarono una veste e lo portarono fuori. Fu fatto salire su una carrozza, i Cappi salirono con lui mentre altre tuniche grige tornavano dentro nella locanda, probabilmente per occuparsi del corpo dell'elfo.

Così Hreon, il nano rinnegato, tornò al palazzo di Enniagenda la notte stessa del giorno in cui lo aveva lasciato, ma in forma di uomo. Nessuno gli chiese niente durante il tragitto, nessuno, in realtà, gli rivolse nemmeno la parola. Se anche i Cappi erano curiosi di ricostruire l'accaduto o erano stati incaricati di scoprire cosa era successo non lo diedero a vedere.

Non sapeva perché stava tornando al castello e arrivarci non gli chiarì le idee. Le tuniche grige lo affidarono subito a un gruppo di giovanissime ancelle che lo portarono con loro in una stanza in una torre laterale. Gli prepararono il bagno, lo lavarono, scelsero per lui dei vestiti nuovi. Hreon vide lentamente, nei numerosi specchi intorno a lui, emergere la figura dell'uomo che era diventato, curato e ripulito dalle mani delle serve dell'imperatore. Non riuscì a stabilire cosa dovesse pensare del volto che vedeva in ogni riflesso, credeva di essere divenuto un bell'uomo, biondo, niente barba, occhi azzurri, un fisico muscoloso non molto dissimile da quello che aveva precedentemente, sebbene molto più grosso. Il suo aspetto era avvenente, ma lo disgustava lo stesso, perché non era un nano.

Una volta che le ancelle ebbero finito con lui e fu pulito, profumato e rivestito di nuovo, dei soldati si ripresentarono alla porta e lo presero in consegna. Stavolta fu portato in una sala non molto grande, con arazzi a ogni parete e un lungo tavolo di legno scuro al centro. Lungo uno dei lati corti della sala erano allineati quattro Cappi, immobili.