- Vai. - sussurrò la voce nella testa di Hreon.

Con una certa soggezione, il nano rinnegato divenuto umano superò la cintura di tuniche grige e entrò nel palazzo. Pensò che la voce lo avrebbe guidato nuovamente verso le stanze di Ikaress, ma una volta tra le mura dell'edificio qualcosa lo indusse a prendere tutt'altra strada. Si ritrovò a scendere fin nei sotterranei, fino a una enorme porta di bronzo che, appena toccò con le mani, si aprì.

Affannato entrò in una grande sala dove tutto era pietra e dove l'illuminazione era garantita da una teoria di globi, probabilmente magici, incastonati nelle pareti. Nella stanza c'erano solo due Cappi, l'imperatore e sua figlia. Alla vista di Ikaress qualcosa lo gettò a terra in ginocchio. - Mia signora. - sussurrò.

- Perché è qui l'ammazzaelfi? - si lamentò stridulo l'imperatore.

- Per sentirmi più sicura. - rispose Ikaress, avvicinandosi lentamente a lui. Indossava una austera tunica scura che, per una volta, copriva le sue forme, ma aveva anche gli spallacci di un'armatura leggera e una cintura di metallo da cui pendevano due coltelli.

- E così ti piace startene rinchiusa coi tuoi giocattoli! - continuò Eshant. - Dovrei esserne informato, comunque.

Ikaress lanciò un intenso sguardo a Hreon. - Sono i MIEI giocattoli.

Hreon era confuso, l'incantesimo di Ikaress faceva sì che la sua mente fosse piena di vespe ronzanti e di immagini di lei. La notte precedente era certo di aver provato semplicemente attrazione sessuale nei suoi confronti, come il suo corpo di umano gli imponeva, ma in quel momento quello che provava era un amore deforme, artificiale, forzato, che lo stringeva con lacci dolorosi. Era ancora in ginocchio e vi rimase, cercando di ritrovare equilibrio e padronanza di sé. Fortunatamente nessuno gli rivolgeva la parola, Eshant e la figlia erano ancora intenti a battibeccare e i due Cappi erano immobili, tra loro e le porte della sala, a difesa.

Poi, d'improvviso, la voce della principessa tornò a risuonargli nella testa, distintamente, imperiosa, impossibile da ignorare, sebbene l'ordine fosse ben diverso.

Uccidi l'imperatore. Uccidi Eshant.

Nella nube grigia della sua schiavitù mentale, Hreon capì cosa stava succedendo. Lui era colui che non era nato uomo, lui avrebbe potuto realizzare la profezia, lui era stato portato in quel luogo e in quel momento esattamente per quel motivo. Era certo che i Cappi non lo avrebbero fermato, sebbene non potesse sapere perché. Impossibilitato a fare altro tornò in piedi e strinse la spada larga che aveva ancora con sé, avanzando lentamente verso l'imperatore che lo ignorava, quasi non esistesse.

Uccidi, uccidi, uccidi...

La sua carne era in trappola, sentiva che ribellarsi a quel comando così invitante gli sarebbe costato una fatica disumana. La prospettiva di uccidere Eshant, vedere il suo sangue, staccargli la testa dal collo gli divenne allettante, come se fosse solo una nuova forma di amplesso con la sua principessa.

Ormai vicino alla sua vittima tese i muscoli, pronto a brandire la spada in un affondo letale, ma proprio in quel momento supremo, in cui tutto lui stesso era ormai teso al massacro, qualcosa, dal suo profondo si oppose. La sua natura di nano, insensibile alla magia di Ikaress, il suo genuino io che era stato affondato in quella carne umana, ma non spento. Lo sentì farsi strada fino al suo cervello e riprenderne il controllo, non senza dolore. Sentì come qualcuno intento a infilargli le dita direttamente nel cranio. - Imperatore Eshant! - gridò.

Contrariato, l'imperatore si girò verso di lui. - Cosa hai da gridare ammazzaelfi? Non sai stare al tuo posto?

Per ogni secondo che lottava contro la magia di Ikaress, Hreon sentiva brandelli del suo essere strapparsi via. - Imperatore Eshant, io non sono nato umano. Un incantesimo mi ha fatto umano, ma in realtà sono Hreon il nano, colui che vi ha portato le teste dei primi due elfi... che è stato maledetto dal terzo.

Stupita, Ikaress scoppiò a ridere. - Perdonami, padre. L'ebrezza della mia magia deve aver completamente devastato l'io di questo povero essere che farnetica. Me ne libererò a breve.

Ma Hreon aveva la determinazione di un nano. - Voi sapete che è vero, maestà. Del nano non vi sono tracce, nemmeno minime. E sono sicuro che i vostri maghi, indagando sulla stanza in cui sono stato trovato, arriveranno presto alla verità. Quello che è importante, però, maestà, è che ciò che mi hanno fatto è parte di un piano di sua figlia per ucciderti.

Ikaress avanzò, gli abiti svolazzanti, il volto teso dall'ira. Schiaffeggiò Hreon due volte come fosse un cane e lo fece indietreggiare. - La tua pazzia è molesta! Morirai per essere venuto a infangare la famiglia reale!

Eshant, però, si era fatto ombroso. - In realtà, figlia, che le parole dell'ammazzaelfi siano vere o false sarà facile stabilirlo.

Ikaress si immobilizzò, le sue labbra tremavano. - Cosa intendi, padre?