"Ammesso che abbiano il tempo per diventare cicatrici..". Eirian poteva sentire il sangue scorrerle lungo la schiena, se nelle vicinanze ve ne fossero stati altri non avrebbero tardato molto a fiutarla. La guerriera in lei valutò rapidamente la situazione: la fuga non era praticabile, oltre che ferita, era troppo stanca per sperare di fuggire quella bestia nel suo territorio e solo gli Dei sapevano sin dove potevano spingersi quei dannati goul! Tutto ciò che poteva fare era porre fine al combattimento il più presto possibile e sperare che non ne arrivassero altri.

La bestia caricò come avrebbe fatto un toro infuriato, con il suo impeto facendo quasi cadere a terra la ragazza che a malapena riuscì a schivare: i tagli sul dorso dovevano essere più profondi di quanto avesse creduto in un primo momento, persino respirare stava diventando doloroso.

"Non posso morire, non posso morire proprio ora!"

Una seconda carica del goul la costrinse a gettarsi nella neve, girando più volte su sé stessa per evitarne i continui affondi, sino a che il tronco di un albero non le sbarrò la fuga; con un misto d’ira ed orrore la guerriera osservò la zampa artigliata del goul saettare verso di lei, non avrebbe mancato il bersaglio questa volta…

"Adesso!"

Un grido lacerante percorse la foresta, sulla neve rossa di sangue giaceva il braccio staccato di netto dalla spalla della bestia, mentre Eirian era di nuovo in piedi, ferita, ansante, ma viva! Il nero sangue del goul ora sulla sua lama, come il suo era stato sugli artigli della creatura: all’ultimo istante la ragazza aveva roteato la spada tranciando di netto l’arto che l’avrebbe uccisa. Chiudendo rapidamente la distanza tra sé e la creatura agonizzante, Eirian benedì i propri riflessi di guerriera e la voce che l’aveva salvata ancora una volta.

Un solo altro fendente e quel mostro sarebbe finalmente marcito tra le fiamme eterne!

- Maledetto sia tu con tutta la tua razza!

- No!

Il grido di trionfo si gelò nella gola di Eirian, così come le Lame di Luna già levate per colpire, perché dannazione la voce delle spade ora la fermava?!

- Non maledire chi troppo a lungo ha già patito…

Fu allora che Eirian vide oltre.

In quell’istante per la prima volta furono i suoi occhi, non quelli della guerriera, a vedere il goul: nelle orbite fiammeggianti della creatura ardeva sì il fuoco della follia, ma v’era dell’altro… ciò che Eirian vide oltre il riflesso della follia fu solamente disperazione.

- La disperazione cela sempre una preghiera…

Quando le Lame di Luna si levarono nuovamente, non fu per odio, e nemmeno per rabbia… solo la pietà di esaudire una preghiera.

Mancava davvero poco al tramonto quando finalmente Eirian raggiunse la cima dell’altipiano. Non aveva incontrato altri goul sulla sua strada, e di questo ringraziò gli Dei. Il dolore delle ferite era calato d’intensità, ma la ragazza non era sicura si trattasse di un bene: mentre arrancava nella neve ghiacciata facendosi largo nella foresta sempre più fitta, si era infatti resa conto di aver perso la sensibilità nelle gambe. 

"Ho perso troppo sangue, maledizione!"

La voce delle spade non aveva più parlato, ma Eirian non poteva fare a meno di chiedersi ad ogni passo quanto, delle sue poche certezze, dovesse ancora andare distrutto prima della fine di quell’avventura.

La disperazione più assoluta, ciò che aveva visto negli occhi del goul l’aveva stordita... che dunque fossero false le leggende su di loro? E la voce che risuonava nel suo cuore, come poteva essere delle Lame di Luna? Cos’era quell’idioma con cui le si rivolgeva, e soprattutto come poteva conoscerlo lei stessa?

Eirian continuò ad avanzare faticosamente, tenendosi in piedi esclusivamente grazie alla sua forza di concentrazione; non sarebbe caduta, era davvero troppo vicina per cedere.

Un’ondata di luce la travolse non appena mise piede sulla spianata: non v’erano alberi ch’ella potesse vedere, di colpo l’impenetrabile foresta dell’Irianver le parve lontana come lo era la realtà dai sogni.

Ed Eirian si ritrovò in un sogno che vagamente ricordava di aver già fatto molto tempo prima.

I resti di una strada correvano davanti a lei verso l’imponente figura di una città che doveva essere stata un tempo magnifica, ma della quale non restavano che rovine consumate dal tempo. Il sole inondava l’intero altipiano di tutti i colori del tramonto: ardendo alle spalle della città in rovina, pareva circondarla di un’aura infuocata. Tuttavia, a presentarsi agli occhi di Eirian non fu una città in rovina, ella la vide come era stata un tempo: un’ampia via di lastre brillanti come vetro conduceva alla città più grande e magnifica che fosse mai stata edificata, torri altissime si stagliavano contro il cielo, brillando come se in esse fossero racchiusi gli stessi raggi del sole; grandi palazzi bianchi come perle, altri del colore dell’argento, innumerevoli archi e passerelle lucenti come diamanti, l’intera città pareva protesa verso il cielo…