Il tutto per nascondere la paura.

I Dharca no. Nati per la guerra e la disciplina. Nati per il mercenariato. “Merce di scambio del clan.” pensò Akeo, mordendosi il labbro inferiore. “Carne da macello in cambio di denaro.” Per chi? Oggi moriranno fratelli. Pensieri. Per cosa?

Fu distratto da qualcuno che urlò il suo nome. In qualità di Capitano, aveva a disposizione un foriere, Agghal, che lo stava raggiungendo dopo le ispezioni della truppa. Nessun Magicante sul fronte nemico, una buona notizia. Agghal aveva visto barbari, luridi predoni Skavel, truppe improvvisate e un carro da guerra. Il rapporto di forze era di uno a tre per Scetla. Non sarebbe stata una battaglia facile.

D’improvviso si udì uno squillo, poi un’altro, i trombettieri dei rispettivi fronti annunciavano l’inizio dell’orgia di sangue.

Akeo snudò le armi dalle lame squadrate, una spada e una mezza spada da ufficiale, poi le mulinò sul capo. A quel segnale tutto il clan si mosse come un solo uomo. Avanzò anche lui, ma con il cuore in gola. Aveva partecipato a decine di conflitti ma questo era completamente diverso. Stava mandando i suoi uomini in battaglia. Li stai dando in pasto. Era la carne del suo popolo. Tua carne. E quel giorno li avrebbe traditi tutti.

2

La rinuncia ai piaceri è disciplina, la disciplina rende più forte un Dharca e aumenta il valore di cubi che chiederà come ingaggio.

Al centro della spianata giaceva una grande massa carnosa che emanava fumo bianco. Qualcosa di osceno era stato mescolato in grandi orci di pietra, qualcosa preparato apposta per essere disperso sui nemici che si avvicinavano al carro da guerra di Scetla. I cacciatori di Vatis dovevano averlo intuito e poco dopo lo squillo dei trombettieri bersagliarono con ferocia la macchina di legno e metallo, trainata da due enormi bestie a sei zampe coperte di maglia di ferro.

La pioggia di metallo aveva martellato a tal punto quei crani irti di corna tozze che una delle creature aveva preso a sbandare, insensibile agli ordini e alle frustate dei padroni. Proprio quando i due eserciti si stavano per scontrare nel gioco della morte, il carro da guerra iniziò a sbandare e prendere velocità allontanandosi dalla calca in lotta. Infine le frecce erano riuscite a spaccare gli anelli di ferro e bucare i crani. Una delle bestie crollò lungo una discesa, finendo contro l’altra, gli orci esplosero inondando di un liquido bianco tanto gli animali da tiro che i soldati alla guida. Un rumore di frizione si alzò assieme alle urla degli sfortunati. Il fumo bianco prese a scaturire, voluminoso, ma senza spinta. Sarebbe stato il vento a dirigerlo sul campo di battaglia, spargendo il lezzo di una putrefazione innaturale e una densa nebbia fetida che riduceva sensibilmente la visuale.

Il fumo avrebbe reso tutto più facile a Akeo, che quasi pensò si trattasse di un segno divino. Agghal, il foriere, lo aveva seguito come suo dovere al centro della battaglia, quando le tre ondate di picchieri Dharca aveva impattato il grosso delle forze nemiche. Le muraglie di targoni e armi inastate avanzavano lente e spietate, forando teste e ventri. Le squadre di mercenari alla giornata coprivano i fianchi alla meno peggio, ma la loro già scarsa compattezza scomparve del tutto quando alcuni nemici barbari spuntarono dalla nebbia cavalcando grossi quadrupedi. I Dharca si ritrovarono presto con i fianchi scoperti, e vulnerabili.

Un gruppo di fanteria d’assalto di Scetla volle approfittarne. Molti dei loro si fecero avanti mulinando spadoni a due mani e cercando di spezzare le picche dei Dharca. Altri soldati, presumibilmente, si dovevano essere divisi in due gruppi per assalire i fianchi. Akeo non poteva trovare momento migliore per ordinare la mutatione. La prima fila di picchieri Dharca arretrò di colpo abbandonando le lunghe armi in asta e schiacciandosi dietro i targoni, mentre dalle due schiere arretrate partirono altrettante gittate di strali. Le lance caddero seminando morte e confusione, mentre i Dharca passavano ad armi più idonee alla mischia.

Come il Capitano aveva previsto, le bande di improvvisati che li avevano seguiti in battaglia erano già state spazzate via, o lasciate fuggire a rotta di collo. L’avidità non era servita contro le squadre regolari di Scetla, soldati veri. La mischia fu inevitabile. I Dharca si batterono bravamente all’arma corta, cercando di fare muro con i targoni.

Un drappello di predoni Skavel con gli occhi color sangue, del tutto invasati dalle spore allucinogene, sfondò tra gli scudi con violenza bestiale. Akeo parava i colpi con la corta mezza spada, restituendone il doppio con la lunga lama squadrata nella mano destra, fino a quando uno skavel non gliela bloccò incastandone il filo tra i rebbi della propria arma tridentata. Questione di istanti. Agghal intervenne di slancio, liberando la spada del proprio Capitano con un mezzo colpo e facendo volare in aria tre dita dell’avversario. Akeo arretrò dietro al proprio salvatore con le tempie doloranti per un battito violento. Poi, fulmineo, affondò la mezza spada sotto l’ascella sinistra del foriere.