Tremando sin nelle ossa, Akeo cercava disperatamente di pensare a come penetrare quello schieramento. Il suo piano originale era di entrare nel cuore Maruj con la scusa del guiderdone. Un’alternativa che gli era venuta in mente durante la diserzione era di sostituirsi a uno dei feriti della propria compagnia, ma i carri si erano uniti alla carovana prima che lui potesse raggiungerli.

Pensava e ripensava a un modo per arrivare ai carri. Non aveva idea di cosa avrebbe incontrato irrompendo nel cuore Maruj, voleva solo fare strage dei padroni. Se la carovana non avesse più chiesto guiderdone allora i Dharca non sarebbero più andati in guerra. Per la prima volta dopo infinite generazioni sarebbero tornati ad essere un popolo. Doveva farcela. A tutti i costi.

Restò a fissare a lungo il secondo accampamento, quello dei mercanti. Aveva ancora indosso la corazzetta a bande dei Capitani Dharca, non gli sarebbe stato difficile infiltrarsi tra le tende. Aveva i cubi presi agli Skavel. Per lui non rappresentavano niente ma poteva comprare abiti e riempire tasche per chiudere bocche.

Il giorno dopo avrebbe tentato la sortita.

La ferita (4)

Trentadue giorni dopo la sconfitta di Recoris, Akeo fece ritorno tra la fila della sua gente ma ormai non era più un Dharca. Una voce sottile gli sussurrava dubbi e questi avevano ucciso la sua fedeltà.

Un pensiero ricorrente lo faceva impazzire. Un’ossessione costante. La vecchia aveva sangue di Magicante ed era certa che la ferita alla testa avesse influenzato un forte incantamento. Akeo, dopo la convalescenza, sentiva la propria mente libera, i pensieri cristallini come mai prima d’ora. I Dharca erano bestie tenute alla catena dalla magia? La loro tanto vantata fedeltà incrollabile era solo la menzogna di un popolo di beoti?

Poi venne la comanda della battaglia tra Vatis e Scetla.

6

Assiduo nell’allenamento, ricorderai sempre gli insegnamenti degli antichi maestri, le loro parole sulla tua lingua la loro arte nelle tue mani.

L’infiammarsi del Muro di Luce segnò l’inizio del quotidiano via vai tra la carovana Dharca e quella mercantile. Gli ufficiali comunicavano gli spostamenti di quel giorno a cacciatori e guide, i servi portavano cibo, riempivano di terra le latrine, guaritori somministravano spezie e decotti ai feriti, i bestiatori controllavano la salute dei cavalli e degli animali da tiro.

In mezzo al gruppo dei vivandieri, Akeo camminava con il viso rivolto verso il basso, il capo nascosto da un cappuccio, curvo per sembrare gobbo. Portava un grande recipiente di metallo pieno di una zuppa saporosa. Hoggo, il padrone dei cucinieri, aveva voluto quasi tutti i suoi cubi per potergli permettere quella pantomima. “Ordini dei Capitani”, gli aveva detto Akeo la notte prima. “Una prova per vedere se è possibile infiltrarsi o meno.” Hoggo non aveva battuto ciglio. I Dharca non mentono mai, era risaputo. Condizionati per essere stupidamente onesti, aveva stilettato la nuova coscienza di Akeo.

I Dharca consumavano assieme il pasto mattutino prendendo i bocconi da grandi piatti comuni, non avrebbero avuto altro fino al calare della notte. Akeo, in mezzo alle tende, riuscì a passare due assembramenti dei propri consimili, poi vide un gruppo di sergenti Dharca a cui i vivandieri consegnavano i contenitori di cibo ricevendo il compenso in cubi. Era la linea di confine. Da quel punto in poi per raggiungere i carri avrebbe dovuto trovare un altro espediente.

Farsi strada con le armi? Impossibile. Era un buon combattente, ma ora si trovata nel cuore di un esercito.

Rivelarsi come ufficiale? I Dharca erano rispettosi delle regole, lineari, non improvvisavano, non amavano le sorprese. Sarebbe stato considerato subito sospetto. I sergenti lo avrebbero circondato e allontanato dai carri per interrogarlo. E non aveva alcun alibi decente.

Davanti a lui c’erano un servo obeso che trascinava un carretto di pagnotte e un paio di vivandieri con degli orci di vino. Ancora pochi secondi e si sarebbe trovato davanti ai sergenti.

Stava cercando di formulare un piano quando, in un punto remoto del cervello, parte della sua coscienza si spense. Akeo agì in stato di abulia. Consegnò la zuppa, prese i cubi e si voltò per tornare sui propri passi, lentamente, quasi trascinando i piedi. L’incantamento del Velo lo ricoprì riverberando nelle menti delle persone attorno a lui. Nessuno gli rivolse più lo sguardo, né si accorse di come il falso vivandiere spariva pian piano dalla sfera sensoriale. Nessuno poteva vederlo. Il rumore dei suoi passi era un impulso che i cervelli non registravano. Si girò piano e, un passo alla volta, Akeo prese a penetrare verso l’interno della carovana.