Kimba di Osamu Tezuka
Kimba di Osamu Tezuka

Se Kitazawa è uno dei nonni dei manga, il padre non può che essere Osamu Tezuka (1928-1989), autore di opere come Kimba, il Leone Bianco e AstroBoy che hanno avuto vasta eco anche al di fuori del Giappone e son diventate conosciutissime pure da noi.

La loro fama e importanza è tale che, in patria, Tezuka è comunemente conosciuto anche come "il dio dei manga". È infatti proprio a lui che si deve una vera e propria rivoluzione estetica: nei suoi fumetti, egli inserisce quelle caratteristiche grafiche che oggi un po’ tutti associano a questo tipo di fumetto, come gli occhi grandi, le linee cinetiche, un dinamismo molto cinematografico, un nuovo modo di intendere la pagina e la suddivisione delle vignette (non più vincolate a rigidi quadrati) o gli zoom sui primi piani dei protagonisti.

Curiosamente bisogna sottolineare come Tezuka abbia più volte ammesso di esser stato fortemente influenzato dalla cultura americana, importata dalle forze armate che occupavano il Paese, e, in particolare, dalle opere Disney. I suoi occhi grandi, infatti, sono un prestito da Bambi.

Molto tempo dopo, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ‘90 i manga ebbero una vera e propria esplosione in occidente, cominciando ad essere letti e apprezzati anche al di fuori del Giappone. A quel punto fu proprio la Disney a fare il percorso inverso e a imporre ai propri disegnatori un cambio di stile per adattarsi alla "moda dei manga" (con disastrosi risultati a livello grafico e d’animazione, basti ricordare opere come Il Gobbo di Notre-Dame), giungendo perfino a dover ammettere di aver a sua volta preso a prestito qualcosa da Kimba per realizzare Il Re Leone.

Sazae-san di Machiko Hasegawa
Sazae-san di Machiko Hasegawa

Se Tezuka può essere considerato il 'papà' dei manga, il ruolo di madre non può che essere assegnato a Machiko Hasegawa (1920-1992). Oltre ad essere una delle prime donne a scrivere e a disegnare manga, è anche l’autrice di Sazae-san, una serie di strisce a fumetti realizzata tra il 1946 e il 1973. A rendere importante questo titolo non è solo la longevità o il fatto di aver ispirato la serie a cartoni animati più lunga di tutti i tempi (nel 2008 si sono festeggiati i 40 anni di messa in onda con l’episodio numero 3000 e il programma prosegue tutt'oggi) ma, soprattutto, l’essere un fumetto scritto da una donna e rivolto, principalmente, alle donne. Per molto tempo, infatti, nonostante l’esempio della Hasegawa, il mondo dei manga è rimasto prevalentemente maschile; anche gli shojo, a lungo considerati fumetti di seconda categoria, erano scritti e disegnati da uomini. Tutto ciò quantomeno fino alla fine degli anni ’60, quando una nuova generazione di autrici come Moto Hagio e Riyoko Ikeda hanno cominciato a imporsi in questo settore e a realizzare i manga diretti al pubblico femminile, portando con sé una nuova sensibilità. Ne è seguita anche una evoluzione grafica piuttosto marcata, all’insegna di una estetica quasi barocca, con sfondi e particolari molto elaborati, spesso accompagnati da fiori, cuori e altre composizioni simili, allo scopo di rendere visivamente i sentimenti delle protagoniste.

Oggi l’emancipazione dei manga si può dire completa: non solo gli shojo sono quasi esclusivamente realizzati da autrici donne, ma alcune, come Hiromu Arakawa o Rumiko Takahashi, realizzano anche shonen.

Terminato il nostro lungo, ma necessario, excursus storico-introduttivo, è inevitabile porsi una domanda: come e quando compare il fantasy nei manga?

Questo è il quesito a cui cominceremo a rispondere dalla prossima puntata, in cui parleremo di come il fantasy è arrivato in Giappone, di come abbia influenzato i manga e di quali siano stati i primi e i più importanti titoli di questo genere.

Inevitabile dunque che, come tutti i cartoni animati giapponesi con cui siamo cresciuti da piccoli, anche questo articolo termini con: “continua…”.