Azoleen ha sedici anni e una brutta, bruttissima infanzia alle spalle. È orfana e ha vissuto in orfanotrofio fino alla fatidica età in cui è stata mandata via. Ma non per essere libera, per essere nuovamente imprigionata, a causa di una maledizione che addirittura sarebbe insita nel suo nome.

Ma quando la conosciamo, nell'incipit del romanzo, tipicamente "in media res", la troviamo quasi morente e schiavizzata, in uno stato di semi-incoscienza durante il quale sono i ricordi a tenerla in vita. 

In un rimando continuo tra il presente narrativo, raccontato però al tempo passato, e gli eventi del passato, raccontati in tempo presente, conosceremo tutti gli antefatti che hanno portato la giovane a quella situazione.

Ma come in un canonico viaggio dell'eroe, seguiremo poi Azoleen nella fase dell'addestramento e forse capiremo meglio perché i ricordi sono così importanti per lei.  Se nella prima parte l'alternanza ha ritmi blandi, nella seconda parte possiamo trovare diversi passaggi, anche in una sola pagina. La scelta dei tempi verbali non serve solo a differenziare i due piani, ma anche dare dinamismo agli eventi passati, a dargli quella forza che ha una sua ragione d'essere anche nell'evoluzione del personaggio e della storia.

L'effetto risulta travolgente e spinge il lettore pagina dopo pagina a leggere come se non ci fosse un domani.

Nella terza parte, con la inevitabile risoluzione e chiarificazione dei misteri e del destino della protagonista, continua il gioco dell'alternanza dei piani temporali. Ma il senso del ritmo si perde e alcuni passaggi vengono raccontati velocemente. Anche il finale vola fin troppo in fretta anche se non lascia buchi narrativi. La sensazione che servisse un maggiore equilibrio tra le parti però resta.

Ma resta anche una storia che ha la sua solidità, con una gestione dell'universo narrativo che non diventa mai invasivo, ma funzionale alla storia della protagonista.

Se poi è vero che il parco dei personaggi comprimari è numeroso, forse con alcuni di essi il lettore avrebbe avuto il piacere di intrattenersi un po' di più. Ma questo probabilmente non era lo scopo di Silvia Robutti, che voleva narrare la vicenda di Azoleen, una ragazza con un passato tragico, un grande potere da imparare a gestire con responsabilità, che dovrà compiere quelle scelte che differenziano la giovane dall'adulta.

Un esordio solido e alla fine convincente. Come capita molto spesso, non sono gli ingredienti di base a risultare originali, ma il come questi sono assemblati e gestiti. Con ancora maggiore pratica di scrittura l'autrice potrà fare propri quegli strumenti e competenze che la renderanno in grado di bilanciare la somma delle parti, di dare ancora più forza alle idee, e potrà darci sicuramente altre convincenti prove in futuro.