Restyling? Tutta una scusa! Sembra che i progetti studiati dall’English Heritage (un’istituzione governativa il cui scopo è la conservazione dei beni archeologici) per migliorare l’accesso all’Anello monolitico più famoso del mondo - dotandolo di vie di comunicazione più agevoli,  mostre, caffè e facilitazioni per portatori di handicap - sia in realtà un paravento per un unico fine: la realizzazione di un vecchio sogno dell’ Amministrazione britannica di costruire un’autostrada in grado di collegare Londra e il Sud Est dell’Inghilterra con la Cornovaglia. Un’obbrobrio che si insinuerà nel panorama della Piana di Stonehenge (tecnicamente denominata WHS, World Heritage Site, e ricca, oltre che dei celebri dolmen, di numerosi altri reperti preistorici) come una gigantesca ferita, danneggiandone non solo l’estetica ma anche le risorse ambientali.

Attualmente, l’accesso all’area di Stonehenge è consentito da una strada, la A303, che passa già in maniera rovinosamente vicina ai monoliti (i quali restano separati solo da una porzione di prato, seppur vasta, e da una recinzione). L’idea iniziale del Governo, denominata pomposamente ‘Stonehenge Master Plan’ e risalente al 1999, prevedeva, tra le innovazioni, l’allargamento a quattro corsie dell’attuale A303, che sarebbe stata nascosta da un tunnel nel tratto che  costeggia direttamente l’Anello. Non si trattava però di un vero e proprio tunnel sotterraneo e quindi celato alla vista. Quello che gli ingegneri avevano in mente era, piuttosto, una soluzione denominata tecnicamente ‘taglia e copri’. Praticamente, un solco scavato coi bulldozer e ricoperto da una tettoia. In principio, il progetto riuscì ad ottenere persino, non si sa come, l’appoggio  del National Trust, uno degli enti pro ambiente e pro patrimonio artistico più influenti della Gran Bretagna (nonché possessore della maggior parte del terreno che circonda  Stonehenge). Ma, di fronte alle innumerevoli critiche sollevate da archeologi, ambientalisti e abitanti locali, il Trust riesaminò le carte e cambiò presto idea. In particolare, il tunnel divenne un elemento cruciale del  dibattito: non solo doveva essere costruito in maniera meno ‘garibaldina’, ma doveva anche essere più lungo di quanto il progetto non contemplasse inizialmente.

Senza l’appoggio del National Trust, il Master Plan dovette essere dunque definitivamente abbandonato. Ma il Governo non si diede per vinto, concependo, nel 2001, un progetto alternativo, denominato ‘The Stonehenge Project’. Esso prevede, tramite lo stanziamento di  trenta milioni di sterline aggiuntive, l’allungamento del tunnel e l’interramento completo dello stesso. Tuttavia  i detrattori del Master Plan sostengono che il nuovo Project sia dannoso quanto il suo predecessore e ne articolano molto chiaramente le ragioni. Anzitutto esso violerebbe  il punto 4 della World Heritage Convention, secondo il quale il Governo britannico si è impegnato ad assicurare “la protezione, la conservazione, la presentazione e la trasmissione alle future generazioni” del World Heritage Site, “facendo tutto quanto in proprio potere per raggiungere tale scopo,  al massimo delle proprie risorse, e, quando ne ricorrano gli estremi,  avvalendosi dell’assistenza e della cooperazione internazionale, in particolare finanziaria, artistica, scientifica e tecnica che sia in grado di ottenere”. Secondo i critici, invadere con i bulldozer la Piana significa dunque fare scempio sia del territorio che della Convenzione posta a sua salvaguardia.  Gli strali non sono basati su mera teoria: gli ambientalisti portano ad esempio la devastazione operata ai danni di un villaggio dell’Età del Bronzo che si trovava nell’area di Twyford Down (vicino a Winchester), villaggio che la costruzione dell’autostrada M3 ha praticamente fatto scomparire. Il terrore che una cosa simile accada anche a Stonehenge è accresciuto, fra l’altro, dal fatto che il team ingegneristico artefice della M3, la compagnia Mott Macdonald, è anche l’ideatrice e  l’appaltatrice dello Stonehenge Project. Con un simile curriculum alle spalle, è comprensibile che questa società, agli occhi degli attivisti britannici, appaia come l’equivalente della macchietta del nostro Ingegner Cane portata al successo da Fabio De Luigi.

Un’altra critica degli ambientalisti riguarda poi il fatto che un’autostrada genererebbe maggior traffico, anziché decongestionarlo. Inoltre, rovinerebbe esteticamente il paesaggio e lo sottoporrebbe ad un’emissione extra di gas di scarico e rumore (elementi, fra l’altro, che alla lunga potrebbero deteriorare le Pietre e inquinare i vicini fiumi Till e Avon, altresì tutelati da leggi europee). Non da ultimo, contrasterebbe con gli impegni governativi presi a livello internazionale in merito alla riduzione delle emissioni di biossido di carbonio  generato dal traffico automobilistico.

Ma allora, qual è la soluzione? Il Governo ritiene che non ci siano altre idee percorribili, avendo ritenuto infattibile qualsiasi progetto alternativo, incluso quello di mantenere lo status quo. Gli ambientalisti, dal canto loro, ritengono che questa sia un’altra menzogna e invitano, come si suol dire “tutti gli uomini e le donne di buona volontà” ad unirsi alla loro battaglia per la difesa di 4000 anni di storia, mediante sottoscrizioni da effettuare tramite il loro sito www.savestonehenge.org.uk (dove è possibile documentarsi dettagliatamente su tutta la vicenda e sulle sue possibili soluzioni). Inoltre, essi invitano a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni (nazionali e internazionali)  in merito al problema e, infine, a iscriversi alla loro newsletter gratuita, che conta 1500 membri da tutto il mondo.

Il braccio di ferro col Governo dovrà portare un vincitore necessariamente prima della primavera del 2005, data in cui è previsto l’arrivo dei bulldozer per sconvolgere l’assetto di una Piana il cui mistico fascino ha fatto sognare, più di ogni altro, intere generazioni.