Il suono di un violino e i nomi di personaggi e cast tecnico in stile minimal compaiono sul bianco e nero dello schermo e ci introducono in questa storia quasi senza tempo, che potrebbe essere collocata in un periodo abbastanza imprecisato dagli anni Novanta in poi: non c'è in effetti un riferimento temporale preciso, salvo per gli esperti di auto e impianti audio, o chiaramente per chi vive o in quei luoghi o li conosce bene.

In effetti ciò è piuttosto irrilevante rispetto al senso di questo film che ha portato ad Alexander Payne una forse inaspettata soddisfazione. Presentato fuori concorso lo scorso maggio a Cannes, Nebraska è particolare nel raccontare una storia quasi ordinaria, in bianco e nero, fatta di lunghi silenzi, numerose pause, anche molto on the road e soprattutto lenta, come spesso è l'incedere degli anziani, quelli che hanno avuto una vita strana e non hanno trascorso molto tempo a raccontarla. In effetti, questa è la descrizione di Woody Grant, che ha il volto di un sorprendente Bruce Dern, a cui per questa interpretazione sono già andati diversi premi come miglior attore.

Woody è anziano, un incallito bevitore di birra (praticamente un alcolizzato, a detta di parecchi), e vive con la moglie Kate (una più che sconosciuta ma fantastica e irriverente June Squibb) nel Montana. Si è messo in testa che un volantino pubblicitario prestampato in cui è dato vincitore di un milione di dollari sia autentico e non sente ragioni: anche a piedi, deve arrivare a tutti i costi entro lunedì a Lincoln, in Nebraska, altrimenti perderà questa occasione, l'unica che gli permetterà di comprarsi un furgone, un compressore e anche lasciare “qualcosa” ai figli Ross (Bob Odenkirk) e David (Will Forte), ormai adulti e indipendenti.

Mentre il primo, insieme alla madre, è risoluto a non assecondarlo in questa fissazione data dall'età avanzata, David si lascia convincere dalla determinazione del padre e anche se sa che lo sta portando a delusione certa, decide di accompagnarlo.

Durante questo lungo viaggio in auto, padre e figlio avranno occasione di confrontarsi dopo tanti anni, e David osserverà l'uomo Woody, ormai così anziano ma con ancora momenti di sorprendente lucidità, molta di più di quanta non ne dimostri in situazioni ordinarie.

Inoltre, tornando nella città natale dell'anziano padre, entreranno in contatto con il passato dei Grant, con molte storie che l'uomo non ha mai raccontato alla propria famiglia, e raggiunti da Ross e Kate per via di un incidente di Woody, i quattro si riscopriranno ben più uniti e solidali di quanto non avessero considerato fino a quel punto.

Payne riesce con poche battute, una mimica poco pretenziosa anzi, spesso fatta di personaggi “tipo”, uno humour quasi british e semplici ma intense inquadrature a delineare il profilo dei personaggi, il rispettivo modo di pensare e vedere la vita, a raccontare la storia di un uomo e del proprio mondo che, in realtà, potrebbe essere quella di tanti altri della stessa generazione, ma non per questo risultare banale. Non è mai banale, infatti, la storia di un uomo che ha sofferto per le situazioni che la vita gli ha presentato, e questo David lo capisce parlando con le persone del passato del padre, sia quelle discrete che ne conservano un buon ricordo e che restano in disparte, sia altre che, ben più scaltre del vecchio Woody anche nel passato, adesso rivendicano qualcosa perché sembra stia diventando ricco e allora qualcuno “importante”, e quindi “deve ricordarsi degli amici”.

E in fondo, questo è un viaggio di crescita per David, che nello specchio del vissuto di Woody si ritrova alla ricerca di se stesso. Non è tanto un capire del tipo “per sapere dove vai ricordati da dove vieni”, piuttosto sembra che il giovane uomo sia alla ricerca delle proprie priorità, e di capire se continuare a procedere su quella strada sia buono nonostante alcuni fallimenti oppure se sia necessario cambiare rotta, cercare qualcosa di più, il proprio biglietto da un milione di dollari, ma autentico, che lo porti a essere felice perché nella vita forse la serenità interiore è ciò che conta di più e lui prima di quest'avventura non lo era del tutto. 

Il film non ci dice di più, non sapremo mai se David riuscirà a cambiare vita o se tornato a casa "al proprio mestier farà ritorno".  E questo finale quasi vagamente sospeso è forse un voler parlare a ciascuno spettatore, magari a quelli che come David sono in viaggio, con in cuore il rispettivo punto della situazione a cui dare una scossa o a cui restare sottomessi.

Un film che sa far riflettere, sorridere. Un film che merita di essere visto per fermarsi un attimo e da spettatori, valutare quanto si possa essere protagonisti nella propria stessa vita.